Il mistero di Ash: recensione del romanzo gotico-horror di Victoria M. Shyller pubblicato dalla casa editrice Segreti in giallo Edizioni
Ci sono storie che ti irretiscono dalla prima frase, ti succhiamo dentro alla narrazione e ti tengono incollato alle parole, che si susseguono pagina dopo pagina sui fogli, fino a quando l’aspettativa del lettore non viene saziata, fino a quando la parola “fine” non spunta per far placare la mente, calmare il battito, frenare la tensione che la lettura ha provocato.
Quando ci si imbatte in una di queste storie, il racconto diventa parte del lettore e quest’ultimo entra nelle sue pagine, soffre delle pene dei personaggi, gioisce delle loro fortune.
Quando ci si imbatte in una di queste storie, si annulla magicamente la barriera tra scritto e reale, tra fantasia e concreto ed il racconto diventa espressione di quel bisogno di condivisione e di comunicazione insito nella scrittura.
Il mistero di Ash, primo capitolo della serie a puntate Le indagini paranormali di Fedor Chestel, dell’autrice Victoria M. Shyller, pubblicato il 23 febbraio di quest’anno da Segreti in giallo Edizioni, riesce a fare tutto questo.
Dall’incipit di questo racconto gotico-horror, le cui vicende, ambientate in uno sperduto villaggio delle terre di Kenter, Ash, in un tempo indefinito, sembrano tingersi di paranormale man mano che si procede nella lettura, ci ritroviamo a seguire le indagini di due investigatori, dalle personalità opposte ma complementari, Fedor Chestel e Delvin Fraser, che dovranno far luce sugli inspiegabili omicidi di tredici bambine in soli sette giorni, arco temporale massimo concesso loro dal Governatore che li ha inviati sul posto.
Il mistero di Ash: uno sguardo più da vicino
Questo primo racconto, che riporta i primi sei capitoli della saga, risponde in maniera eccellente alla necessità di catturare il lettore e lo fa con un chiaroscuro a tinte fosche e segreti sepolti.
La brutalità degli omicidi, resa perfettamente dalle descrizioni essenziali e folgoranti dell’autrice, appare ancora più cupa e macabra perché si abbatte su quello che c’è di più puro e candido, l’innocenza, ed è questo un altro tassello che sembra impossibile da collocare nel mosaico disordinato della vicenda.
Il villaggio sembra sprofondato in un inferno, incapace di risollevarsi o forse connivente con il mostro che sembra divorarlo dall’interno.
La pioggia incessante che cade su Ash, inoltre, fastidiosa e portatrice di disgrazie, sembra mettere continuamente in allerta i due agenti, suggerendo loro di allontanarsi dal borgo ed evitare di svelare reconditi segreti rimasti seppelliti fino a quel momento.
Fedor e Delvin, nel loro modo di essere così come negli atteggiamenti e nelle metodologie di indagine, non potrebbero essere più diversi: tormentato ma in qualche modo logico, empatico il primo, perseguitato da continue emicranie e visioni ambigue, che lo condurranno a mettere in discussione tutte le sue certezze anziché sbrogliare la matassa; impulsivo, irritabile ed impetuoso il secondo, l’amico fraterno Delvin, che completa con la sua concretezza l’ambiguità di Fedor.
I due agenti sembrano brancolare nel buio: la loro frustrazione, dovuta al fatto che ogni sospetto sembra condurre nel nulla, è tangibile, così come palese è l’omertà degli enigmatici abitanti del villaggio, che guardano con occhi quasi infastiditi e con una diffidenza disarmante i due agenti investigativi inviati dal Governatore e che, nel loro velato e spaurito voltarsi dall’altra parte, fanno pensare che ad Ash si celi più di quanto si voglia ammettere.
Le indagini fanno sospettare di chiunque, alimentando una diffidenza reciproca tra agenti ed abitanti.
L’assassino è sempre un passo avanti a Fedor e a Delvin e sembra monitorarli, schernirli, depistarli mentre la clessidra del tempo, invece, scivola veloce senza dar loro tregua.
L’oscurità, alleata dell’assassino che ne fa un’arma, e grida raggelanti che squassano un silenzio assordante lavorano insieme per ghermire il lettore in questa narrazione magistrale.
I pericoli diventano sempre più reali e potenti e si intrecciano ad una tensione, resa attraverso un climax crescente che trova il culmine nelle scene conclusive dell’episodio, che si taglia col rasoio, lasciando il lettore con il fiato sospeso e con la voglia di scoprire cosa accadrà.
L’assenza di spiegazioni, il finale aperto, le varie storie che, prendendo l’avvio da questo episodio, sono destinate a svilupparsi pian piano negli appuntamenti successivi, non fanno altro che far aumentare la curiosità e l’attesa per il secondo atto delle indagini.
La penna di Victoria M. Shyller
Il libro, breve ma intenso, è sicuramente capace di suscitare forti emozioni e si legge tutto d’un fiato…corto.
La scrittura è semplice e fluida ma risulta irresistibile nella sua capacità di agganciare il lettore e trasportarlo “dentro” la storia.
Il ritmo è serrato ma equilibrato nell’alternare azioni, punti di vista dei due agenti e scene di suspence; il racconto è diviso in capitoli che a loro volta sono scanditi quotidianamente, dando un’esatta percezione dell’avvicendarsi delle indagini.
La scelta stilistica di Victoria M. Shyller, inoltre, che sceglie di scaraventare il lettore nel mezzo della tragedia, in modo tale da fargli vivere appieno le reazioni di sbigottimento, paura, dolore del villaggio ma anche di farlo immergere subito nelle indagini, risulta essere costruttiva, così come la riduzione delle descrizioni, in modo tale da non distogliere l’attenzione dal processo psicologico dei due investigatori che provano a chiarire il mistero di Ash, su cui da troppo tempo, ormai, aleggia lo spettro della morte.
Il modo in cui l’autrice, inoltre, affronta il problema delle indagini si allontana un po’ dalle dinamiche della classica risoluzione di un giallo o di un thriller e sembra voler approfondire, invece, un viaggio all’interno dei protagonisti, una sfida alle loro angosce, un tentativo di ribellione. Un percorso verso quello che più recondito c’è nelle loro anime, nelle paure che paralizzano, nelle ansie che non si combattono.
Il mistero di Ash diventa così un’inchiesta nell’inchiesta, un’indagine in sé stessi all’interno di un’indagine per scoprire l’identità del mostro del villaggio.
A livello formale, infine, Il mistero di Ash richiama senza dubbio i Penny Dreadfuls inglesi (Penny Blood, detto anche Penny Dreadful, Penny Horrible, Penny Awful, Penny Number), narrazioni settimanali a puntate pubblicate sui quotidiani a basso costo, caratteristici della cultura vittoriana agli inizi del XIX secolo, rivolte perlopiù al proletariato e alla borghesia. Questi brevi racconti, che condensavano horror, sangue ed erotismo, contribuirono alla diffusione del romanzo gotico ed erano accompagnati da illustrazioni che ne aumentavano i toni.
La scelta di riprendere un modello così di nicchia è senza dubbio una sfida anche per Victoria M. Shyller, che tuttavia si dimostra all’altezza.
Ottima pubblicazione, intensa, che lascia il segno, perturbante.
Restiamo in trepidante attesa del prossimo capitolo de Le indagini paranormali di Fedor Chestel!
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Grazie 🙂