Io e Clarissa Dalloway di Francesco Pacifico – recensione

io e clarissa dalloway

“Io e Clarissa Dalloway” di Francesco Pacifico, edito per la collana Passaparola dell’editore Marsilio, nasce dall’idea di ripercorrere le vicende personali degli autori italiani attraverso un grande classico della letteratura che ne ha segnato irrimediabilmente l’esistenza.
Francesco Pacifico, autore romano, giornalista e traduttore, ha pubblicato i romanzi Il caso Vittorio, Storia della mia purezza, Class e Le donne amate.
L’autore ripercorre la sua adolescenza attraverso i romanzi che ne hanno segnato progressivamente l’esistenza, fungendo da vero e proprio modello per la propria educazione sentimentale. Quello che però ha segnato una svolta nel suo percorso di vita è stato l’incontro con Virginia Woolf e la sua Signora Dalloway, grazie alla sua seconda moglie, femminista irremovibile. La lettura della Woolf non può però essere affrontata di petto, né tantomeno, spiega l’autore, il suo segreto, ciò che ha illuminato il suo percorso, può essere svelato immediatamente. Attraverso una lucida analisi, l’autore propone infatti una lettura lenta e riflessiva che si contrapponga alla tendenza incalzante del “divorare romanzi” che fa perdere il senso profondo nonché il lavoro architettonico delle frasi che soprattutto in Virginia Woolf è di fondamentale importanza; i romanzi della Woolf non possono essere divorati.

Io e Clarissa Dalloway, l’educazione sentimentale secondo Francesco Pacifico

Il ricordo dei primi approcci col sesso femminile, le cosiddette “poste scientifiche”, vengono rivalutate dall’occhio adulto dello scrittore; un’educazione sentimentale che segue la scia del modello di Stendhal, Julien Soreil; nelle poste scientifiche c’era la volontà di conquistare una preda, magari ancora inconsapevoli del proprio ruolo nella società. Così, il “ragazzo sensibile” punta la donna che diviene esclusivamente l’oggetto della sua premeditata conquista; lo scopo è dimostrarle che si sbaglia, metterla all’angolo. E se proprio non può vincere, allora l’uomo deve enfatizzare i propri lati oscuri, identificandosi negli antieroi novecenteschi, tra Proust e Svevo, o i più attuali “cattivi ragazzi” delle serie tv. Una critica ironicamente impietosa che forse ogni donna vorrebbe ascoltare, talvolta per la prima volta. La necessità di superare questi schematismi nasce, nella vita privata dell’autore, dalla volontà di avvicinarsi all’universo femminista della donna che ama; quale filtro migliore dunque di Virginia Woolf. Questi prototipi di uomo li ritroviamo infatti nei suoi romanzi, camuffati ma non troppo in Peter e Richard. La signora Dalloway svelerà all’autore inoltre un significato più profondo che diventa l’oggetto della sua analisi: dimostrare come sia proprio nell’autrice “femminista” per eccellenza che si cela e si nasconde “il cuore dell’uomo”, dietro la patina di frivolezza, le feste e i fiori di Clarissa.

Il linguaggio dell’autrice è ricostruito meticolosamente, per mettere in risalto la trama nascosta; l’intreccio delle frasi è fondamentale, in un’autrice capace di nascondere il senso della vita nel particolare più minuto.

Anche nelle scene più insignificanti la Woolf ricostruisce l’intera civiltà.

E proprio in quella più matura esigenza di leggere senza divorare che si cela lo scatto dell’autore-Julien verso l’uomo (assente) nei romanzi della Woolf, nonché il passaggio dall’amore-conquista all’amore-sentimento vissuto come un’emozione, come solo Clarissa è stata in grado di insegnare all’autore.
Non più un amore “napoleonico”, fatto di tappe da conquistare, ma un’esigenza di lentezza che è riscoperta del proprio desiderio. Un vero e proprio processo di formazione del sentimento attraverso i grandi autori della letteratura che hanno segnato la vita dello scrittore.

Interessante l’attualizzazione dell’azione del Peter amato un tempo da Clarissa con il cosiddetto Softboi attuale, che conquista educando, mortificando gentilmente la sua preda, attraverso una nuova arma di seduzione e sottomissione: la (pseudo)intelligenza. E così Clarissa sceglie il rampollo senza senso dello humour, Richard, perché almeno con lui può mantenere la propria indipendenza. La continua rivendicazione di “una stanza tutta per sé” per sfuggire dalla messa all’angolo maschile è, nel testo di Pacifico, messa in rilievo in maniera critica; un’analisi del comportamento maschile che passa anche attraverso la propria esperienza personale, fondata sulla letteratura come modello di vita.
La lotta atavica tra i sessi è rimessa in luce nel romanzo della Woolf al fine di comprenderne l’origine; Pacifico intenta dunque una ribellione contro un prototipo che è quello dell’uomo senza emozioni, decriptando i messaggi in codice de La signora Dalloway.

Nessuno capirà quanto abbiamo amato tutto ciò.

 

Fonte immagine: ufficio stampa.

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Studio Filologia Moderna all'università degli studi di Napoli "Federico II". Scrivo per immergermi totalmente nella realtà, e leggo per vederci chiaro.

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