La mia parola è libera di Randa Ghazy | Recensione

Storie di donne che non hanno mai smesso di combattere è il sottotitolo de La mia parola è libera e riassume perfettamente il contenuto di un testo che dovrebbero leggere tutti almeno una volta nella vita.
Randa Ghazy nasce nel 1986 a Saronno, figlia di genitori egiziani, inizia a scrivere da giovanissima e all’età di 15 anni pubblica il primo libro Sognando Palestina che riscontra un grosso successo e viene tradotto in 16 paesi. Successivamente, pubblica altri due libri e nel 2023 pubblica il suo ultimo libro La mia parola è libera. Storie di donne che non hanno mai smesso di combattere.

La mia parola è libera di Randa Ghazy: la trama 

 Il libro racconta la storia di sette donne. Sette donne quasi sempre nascoste all’interno della storia, considerate di poca rilevanza per i fatti; invece, queste sono state fondamentali per la storia del mondo arabo ed oggi ancora non si conosce abbastanza la loro storia. Randa Ghazy cerca di fare proprio questo all’interno del suo libro, di evidenziare e mettere in luce la storia di queste sette donne per farle conoscere più approfonditamente da tutti i lettori.

Il libro si apre con la storia di Zhina Amini, meglio conosciuta in occidente come Mahsa Amini, nome iraniano che i suoi genitori sono stati costretti a darle perché il nome curdo Zhina era considerato illegale. Zhina Amini, la ragazza curda di 22 anni uccisa a Teheran per il suo atto di Resistenza di fronte ad un sistema patriarcale in cui la lunghezza del chador è determinante per esercitare potere sulle donne, è diventata il simbolo della Resistenza in Iran. La sua morte nel 2022 ha risvegliato una serie di proteste lungo tutto il territorio e oltre. Con l’introduzione del caso Zhina Amini che è il più recente della storia contemporanea, Randa Ghazy con lo slogan «Donna, vita, libertà» inizia a raccontare di altre sei donne, ognuna di queste con un importante peso nella storia.

Doria Shafiq, Shireen Abu Akleh, Georgina Rizk nella storia

 La prima di queste è Doria Shafiq, un’egiziana che ha sempre fatto del femminismo il suo pane quotidiano; ci troviamo nel 1951 quando Doria Shafiq si trova insieme a 1500 donne a marciare verso il Parlamento egiziano per ottenere il diritto di voto e altri diritti socioeconomici. Sarà Doria, nonostante i diversi ostacoli, a cercare di interfacciarsi con un Parlamento costituito da soli uomini. Purtroppo, la storia di Doria non ha un lieto fine. La sua carriera nelle organizzazioni femministe è sempre stata ricca di ostacoli a causa delle sue radici benestanti che non le permettevano di essere ben vista dalle altre donne, provenienti da famiglie meno agiate.

Randa Ghazy, dopo la storia di Shafiq, non poteva non scrivere della giornalista che ha mostrato al mondo le condizioni dei territori occupati palestinesi: Shireen Abu Akleh. Shireen è stata una giornalista per Al Jazeera ed è morta durante un raid israeliano a Jenin, in Cisgiordania. La sua storia è una storia di Resistenza per il popolo palestinese; il suo scopo è stato quello di mostrare al mondo cosa stesse accadendo realmente e ciò ha fatto paura agli occupanti. Alla sua morte e ai suoi funerali, il popolo palestinese abbracciava e difendeva la sua bara anche a costo della loro vita. Shireen è stato un faro per i palestinesi ed ancora oggi migliaia e migliaia di giornalisti si ispirano a lei: basti pensare a Lama Jamous, una bambina di nove anni, che ha deciso di raccontare il genocidio a Gaza seguendo le orme di Shireen Abu Akleh.

Georgina Rizk è la nuova protagonista nel libro di Randa Ghazy: l’unica Miss Universo araba. Vincitrice del premio nel 1971, è riuscita a far luce su Beirut, capitale del Libano di cui mai prima d’allora si è sentito parlare nel mondo. Nonostante Georgina non fosse mai stata interessata alla politica, si innamora del braccio destro di Yasser Arafat, Ali Hassan Salameh. La politica le toglierà tutto nella vita e lei recriminerà proprio questo: l’impossibilità di viversi un amore ed una vita senza essere controllata in tutto e per tutto da operazioni politiche.

Djamila Bouherid, Haifa Zangana, Tawakkol Karman

Randa Ghazy racconta nella seconda metà del libro la storia di queste tre donne, tre guerrigliere che hanno lottato per la libertà delle donne e del proprio Paese. La prima è Djamila Bouherid, guerrigliera algerina, che sfruttando il suo aspetto «occidentale» è riuscita a tendere imboscate ai francesi e ad allargare il conflitto fino ad Algeri per la liberazione dell’Algeria. La forza di Djamila ha fatto da cassa di risonanza per l’Algeria: nonostante la violenza utilizzata dai francesi negli interrogatori, è riuscita a resistere e a scansare la pena di morte, grazie al ritiro della pena della Corte francese in seguito alle pressioni internazionali.

Haifa Zangana è stata, invece, l’unica donna prigioniera politica del regime di Saddam Hussein in Iraq. Haifa nasce nel 1950 a Baghdad e nei suoi primi anni di vita vive un Iraq nel pieno della sua fioritura culturale, anche le donne avevano accesso all’istruzione e si pensava che questa fosse indispensabile per permettere loro di partecipare alla costruzione della nazione. Con l’arrivo di Saddam Hussein e dei suoi ideali basati sul panarabismo, l’idea di democrazia sviluppata negli anni precedenti inizia a svanire. Per questi motivi, Haifa Zangana decide di dedicare la sua vita all’attivismo politico e a cercare di ristabilire la democrazia.

Infine, Randa Ghazy racconta la storia della «signora di ferro» dello Yemen, Tawakkol Karman: la prima donna araba a vincere il premio Nobel per la pace. Karman ha partecipato attivamente ai gruppi rivoluzionari yemeniti del 2011, nella Primavera araba e, nonostante le diverse minacce fisiche e verbali e i diversi arresti, non si è mai ritirata e ha sempre invitato le donne ad unirsi alla sua causa. Ha criticato aspramente il governo yemenita di Saleh, portando all’attenzione delle Nazioni Unite anche le condizioni dello Yemen, uno Stato eccessivamente povero dove ogni cittadino vive con circa $2 al giorno.
Dopo aver raccontato la sua storia, Randa Ghazy chiude il suo libro con una citazione d’impatto di Karman:
«Le donne sono coraggiose e generose: non combattono mai solo per sé, lo fanno per tutta la comunità».

La mia parola è libera di Randa Ghazy: lo stile

Lo stile del libro di Randa Ghazy è uno stile estremamente lineare e semplice da seguire. Anche gli accenni storici, dovuti ovviamente alla contestualizzazione delle storie, sono scritti in modo semplice, senza troppi dettagli che potrebbero far perdere il filo del discorso. I diversi accenni, invece, ad altri concetti di matrice diversa da quella storica come, ad esempio, l’orientalismo di Edward Said vengono trattati in maniera estremamente lineare e funzionale a dare un punto di vista in più a ciò che si sta leggendo.

La mia parola è libera è un libro che assolutamente non può mancare nelle vostre librerie, grazie alla sua semplicità nel raccontare complessità dei fatti e delle storie delle vite di queste donne, possiamo conoscere la storia e farci ispirare da «donne che non hanno mai smesso di combattere».

Fonte immagine: Rizzoli

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