L’occhio della montagna, di Sara Baume | Recensione

L'occhio della montagna

Dopo “fiore frutto foglia fango” esce per NN editore il nuovo libro dell’autrice Sara Baume, “L’occhio della montagna”, per la traduzione di Ada Arduini.

Un libro che racconta il silenzio delle persone e il brulicare delle cose. Il silenzio dei due protagonisti, Bell e Sigh, lascia emergere la vita apparentemente inanimata che li circonda, in una storia raccontata attraverso le cose, eludendo dialoghi e parole.  

Sara Baume è nata nel Lancashire e cresciuta in Irlanda. I suoi racconti e saggi sono usciti sull’IrishTimes, sul Guardian e su Granta, e sono stati premiati con il Davy Byrnes Award, l’Hennessy New Irish Writing Award, e il Rooney Prize. fiore frutto foglia fango, il suo romanzo d’esordio, è stato finalista al Costa Award, al Guardian Award, al Desmond Elliott Prize e al Los Angeles Times Book Prize. 

La storia

Bell e Sigh sono una coppia che decide di trasferirsi in un luogo solitario, ai piedi di una montagna, e la loro vita si svolge nell’attesa di scalarla. Nel frattempo, la loro casa si riempie degli oggetti strettamente necessari; le cose che acquistano, così come quelle di cui preferiscono fare a meno, permettono al lettore di imparare a conoscere i protagonisti.

Dallo spioncino della porta, assistiamo alla loro quotidianità, e la visuale sembra restringersi sempre di più; man mano che i giorni diventano mesi e poi anni, la prospettiva si fa più ravvicinata, permettendoci di scrutare l’invisibile, mettendo così a nudo le piccole manie e i vizi quotidiani, i residui che gli uomini e gli animali lasciano ovunque passino, le tracce sulle cose, le cose sulle cose. Il racconto passa interamente per le cose, eludendo i dialoghi e le parole che i due protagonisti si scambiano.  
La loro vita prosegue, nell’attesa della scalata del monte, che col passare del tempo sembra diventare qualcosa di irrealizzabile. Ogni anno è scandito dalla mancata esplorazione, dal restare inermi, in attesa.

L’occhio della montagna – la sinfonia del quotidiano

Attraverso l’inerpicarsi delle parole sulla pagina, percepiamo la melodia dei giorni che si succedono. Una melodia che è anche grafica; spesso le frasi vanno a capo, come a seguire una sinfonia sconosciuta, nascosta.  

Il romanzo di Sara Baume è la narrazione del trascorrere del tempo sulle cose, e del conseguente disfacimento, dell’erosione, del mutamento. Nello scorrere le pagine della storia è tangibile la traccia del passare del tempo sugli oggetti, l’effetto dell’usura che sembra coinvolgere allo stesso modo i protagonisti che assistono quasi impassibili alla metamorfosi. La natura sembra proseguire il proprio corso senza l’intervento e l’azione degli uomini. Non è rilevante in quale epoca vivano i protagonisti. Tutto procede come deve. 

A farla da padrone ne L’occhio della montagna è il nascosto, l’invisibile, ciò che non assurge quasi mai a protagonista della narrazione: lo sporco, le piccole manie quotidiane e insolite come una collezione di zecche sul frigo, conservata quasi fosse un reliquiario. Residui di tempo si accumulano sulle cose, la materia si sedimenta. La solitudine è l’altra grande protagonista della storia, vissuta anch’essa senza alcuna agitazione. 

Il suono non è dato in questo testo dalle parole, ma dalle azioni, la cui musicalità è riprodotta nella disposizione del testo sulla pagina, che sembra suggerirne il movimento. 

Un libro da scoprire, da ascoltare come se fosse una melodia, priva di parole, ma che procede guidata dall’inesorabile scorrere del tempo.

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Studio Filologia Moderna all'università degli studi di Napoli "Federico II". Scrivo per immergermi totalmente nella realtà, e leggo per vederci chiaro.

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