I viaggi di John Mandeville, noto anche con il titolo originale Voyage d’outre mer, è un celebre resoconto di viaggio del XIV secolo firmato da un certo Jehan de Mandeville, poi anglicizzato in Sir John Mandeville. L’opera, che iniziò a circolare attorno al 1356, si presume sia stata scritta originariamente in anglo-normanno. Nonostante l’autore si presenti nella prefazione come un cavaliere inglese di Saint Albans, oggi si ritiene che il suo nome sia uno pseudonimo. Le ricerche storiografiche non hanno mai accertato la sua reale esistenza, e molti studiosi ipotizzano si tratti di un autore francese o fiammingo. Quest’opera conobbe un successo straordinario a seguito delle grandi esplorazioni geografiche del XV secolo, venendo tradotta in moltissime lingue europee. I grandi navigatori dell’età moderna, incluso Cristoforo Colombo, ne trassero ispirazione, possedendone una copia personale. Sebbene creduto autentico per quasi due secoli, il racconto è in realtà un viaggio immaginario, un collage sapiente di fonti precedenti arricchito da elementi fantastici e mitologici.
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Le fonti tra realtà e invenzione
L’autore dell’opera ha attinto a piene mani da altri resoconti di viaggio medievali. Come investigato da studiosi quali George F. Warner e Albert Bovenschen, buona parte del resoconto sembra basarsi sulla relazione di viaggio in Estremo Oriente del frate francescano Odorico da Pordenone. L’influenza è evidente nella sezione che va da Trebisonda all’arcipelago della Melanesia, anche se alcuni passaggi vengono rielaborati con un tocco fantasioso: i cormorani addestrati per la pesca descritti da Odorico diventano, in Mandeville, lontre ammaestrate. Un’altra fonte autorevole è La flor des estories de la terre d’Orient (1307), un trattato del monaco armeno Hetum di Corico. La descrizione dei Tatari, invece, sembra derivare dalla relazione di Giovanni da Pian del Carpine, probabilmente mediata dallo Speculum Historiale di Vincent de Beauvais. L’Enciclopedia Treccani fornisce un’analisi dettagliata di questo complesso intreccio di fonti.
| Confronto tra fonti reali ed elementi fantastici | |||||||||
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La sorprendente conoscenza geografica dell’autore
Nonostante la presenza di elementi sovrannaturali, I Viaggi di John Mandeville è caratterizzato da un’ottima cultura geografica per l’epoca. In più passaggi l’autore dimostra di conoscere la forma sferica del globo terrestre, deducendo la latitudine dalla posizione della Stella Polare. Sebbene alcune asserzioni siano figlie del pensiero medievale, come quella che pone Gerusalemme al centro del mondo, Mandeville sostiene con convinzione che la Terra sia una sfera e che esistano i suoi antipodi. A conferma di ciò, narra la storia di un uomo che, salpato dalla sua patria e navigando sempre verso est, si ritrovò infine al punto di partenza. Per approfondire l’impatto e la storia dei manoscritti, la British Library offre accesso digitale a materiali di inestimabile valore.
L’eredità: un atlante fantastico che ha ispirato il mondo
I Viaggi di John Mandeville può essere interpretato come un atlante fantastico del mondo conosciuto nel Medioevo, ma anche come una sorta di Odissea rivisitata, ricca di elementi esotici. Oltretutto, l’opera si pone come l’incipit visionario che alimentò il desiderio di conoscenza e di avventura, dando un impulso fondamentale alle grandi esplorazioni. È anche grazie all’immaginario diffuso da questo libro che, un secolo e mezzo dopo, fu scoperto un nuovo continente.
Fonte dell’immagine in evidenza: Wikipedia
Articolo aggiornato il: 19/09/2025

