Lanciato il 13 ottobre il primo EP del gruppo napoletano 1989, Alberi nudi, una cornice di elettronica per voci italiane
«Limpido è lo sguardo sulla mia realtà», recita uno dei cinque brani di Alberi nudi, primo EP nato dallo sperimentalismo del gruppo partenopeo 1989. Le sue anime, Antonio Ardito, Andrea De Prisco e Guido Molea, dopo il sound pop e la lingua inglese caratterizzanti l’iter musicale dei Guido e la legge di Murphy, dal 2015 perseguono la spasmodica ricerca di un linguaggio appagante. Ognuno ha contribuito con le proprie inclinazioni: Antonio è il drummaster; Andrea l’esperto di mastering e mixaggio; Guido lo sperimentatore di synth digitali e analogici.
La scelta dell’elettronica con brani in italiano si presenta come un approdo coraggioso in un ambiente poco abituato agli sperimentalismi dall’afflato internazionale. La tradizione si inscrive nella perizia innovatrice, una svolta di cui solo il 1989 poteva farsi portavoce, come lo stesso frontman Antonio Ardito ha affermato. Un’atmosfera pulviscolare, aerea. «Grida con me», ma è un urlo sommesso. Il tono procede come avanzano le onde, si espande come i rami di un albero nudo.
L’elettronica dei 1989 è il sottofondo esatto di una voce che celebra la sorte di un’anima smarrita. «Abbiamo tutto / non abbiamo niente / la paura di uscire fuori allo scoperto» si recita in Riflesso (/Anime sole). Lentamente fuori dal guscio, l’io si imbatte nel mondo, «vogliono cambiarmi nelle mie ferite». Allo stesso tempo «scoppia nel mio petto il mio desiderio antico di vita», e di sbattere la testa contro il muro del reale. L’anima desidera sradicarsi dall’aridità dei cerchi di questi Alberi nudi, nella speranza di tuffarsi in Mari, ritrovando un Noi.
«Ci dividono silenzi carichi di fulmini e punti irrisolti». L’ambiguità risiede nella tortuosità del viaggio, che non si esime dal ripensamento e dalla necessità di evasione, «tutti i modi possibili per cancellarci». Lo stesso build up esplode in modo sommesso, portando con sé i detriti di un tripudio di coralità strumentale. Il crescendo melodico è accompagnato a una remora ideologica, la partenza. «Lasciami certezze e ritorni / sento che anche fuori sei dentro».
Intervista al gruppo 1989
Da Guido e la legge di Murphy ai 1989: quali sono state le difficoltà riscontrate nella ricerca del sound di Alberi nudi?
Le difficoltà sono state senz’altro dovute alla nostra ignoranza nell’ambito della musica elettronica “suonata”. Siamo sempre stati affascinati dalle sonorità dei grandi gruppi che si avvalevano dell’elettronica, Depeche mode e Radiohead su tutti, e sapevamo che quella era la musica che volevamo fare ma non eravamo assolutamente in grado di poterla suonare come loro. Come in ogni percorso vi è un inizio, e 1989 ovvero ex G&LDM era alla sua fase embrionale. Le sonorità di G&LDM erano comunque provenienti dal sound anglosassone (melodie trascinate e testi in inglese) e con richiami ad alcuni riferimenti a quelli che secondo noi sono tipici della musica elettronica, quali la ripetitività e il flow incalzante senza per forza l’utilizzo di troppe parole o del tipico schema strofa-ritornello. Difatti le strutture dei nostri brani erano e sono rimaste “atipiche”. La formazione di G&LDM prevedeva sia l’utilizzo di strumenti acustici (chitarre e basso) , ma anche l’utilizzo di una tastierina con alcuni vst dall’ipad, che servivano a creare un ambiente sonoro.
Poi, finalmente, God bless computers! Osservando i grandi artisti di musica elettronica, abbiamo constatato che potevamo utilizzare il pc non solo per la fase “passiva” di registrazione delle nostre demo ma anche utilizzarlo come vero e proprio strumento live grazie all’utilizzo di Ableton live, ed ecco che inizia la fase di studio per tutti e tre i componenti del gruppo.
G&LDM era alla fase di svolta, anche se una svolta inizialmente timida: ci accorgevamo che stava avvenendo una metamorfosi, con il sound che si faceva più cupo e più profondo, e i testi che cambiavano e diventavano più introspettivi e in italiano.
Alberi nudi è il frutto di tutto questo. La formazione resta la stessa ma la strumentazione cambia: ognuno di noi tre possiede almeno un synth; inoltre l’utilizzo delle chitarre è stato approfondito e limato, e l’idea che le melodie dovessero avere almeno due voci si rafforza. Ed ecco che da qui inizia il nostro viaggio: un EP di 5 pezzi dal sound atipico che spazia tra rock, pop ed elettronica.
Quali sono i vostri ispiratori sul piano musicale e ideologico?
I nostri ispiratori sul piano musicale sono moltissimi: i già citati Depeche Mode, Radiohead ma anche Alt-J e Massive Attack, Moderat, Apparat, Bon Iver, James Blake, Subsonica, Bonobo e tanti altri. Anche per l’ideologia sottesa al modo in cui componiamo, nel dare la priorità alla musica e alla melodia ci svincoliamo dal panorama musicale nostrano che invece è più concentrato sul testo delle canzoni.
Il panorama musicale partenopeo è pronto ad accogliere Alberi nudi?
Con il tempo e l’esperienza ci siamo accorti che fare musica a Napoli è complicato, e quello che stiamo vivendo oggi è un momento molto delicato. I locali dove suonare sono sempre di meno, assistiamo ad una gentrificazione che costringe alla chiusura di locali troppo “chiassosi” per la quiete del turista o dell’avvocato in pensione, i circuiti musicali che sono nati sembrano essere dei club statici e riservati ai soli soci, generando élite di artisti finti giovani-innovatori ma in verità già vecchi e decrepiti. Inoltre il genere musicale dominante sembra ormai andare verso un’unica direzione, ovvero quella del folk troppo spesso stereotipante e a nostro avviso mortificante per le energie creative della nostra città. La tradizione musicale napoletana da sempre è tutt’altro che la descrizione di una città vista sempre nello stesso modo (i vicoli della città, i ragazzi di strada, la voce del Sud ecc.). Ci stiamo fossilizzando in una comfort zone che a nostro avviso rivela una povertà di contenuti allucinante, figlia di una povertà spirituale che ci spinge a uscire il sabato sera per riempire il ventre e svuotare la mente. La nostra cultura è sempre stata in continua evoluzione, attraverso le continue contaminazioni culturali dei popoli mediterranei tutti. Basti pensare al Tarumbò di Pino Daniele e alle numerosissime collaborazioni con i più grandi artisti internazionali del jazz e del blues.
La degenerazione moderna è frutto di un momento storico davvero molto triste dove la contaminazione con il diverso, in ogni campo artistico e umano, è vista come un pericolo piuttosto che come un’occasione di crescita e di sviluppo culturale. Innalziamo mura immaginarie verso ciò che non conosciamo e questo è il vero ostacolo. Il nostro lavoro è probabilmente frutto di qualcosa che si discosta dal solito sound ma sappiamo che esistono diversi progetti che fanno musica come la nostra qui nella nostra città ed è con loro che intendiamo creare un’alternativa musicale a Napoli. Noi ovviamente speriamo che nasca un radicato interesse verso questo sound e che Napoli apra gli occhi alle varie alternative che possiede. Già stiamo lavorando alla nascita di realtà e progetti capaci di dare spazio a queste alternative e che proiettino Napoli verso un sound piu internazionale. Crediamo in ciò che è diverso e ne individuiamo una forza costruttrice necessaria. Napoli per ora non è pronta ma un giorno lo sarà, e sarà un’esplosione di colori e vivacità musicale VERA e non una maschera da indossare per l’occasione. L’alternativa musicale esiste e non la si può emarginare.