Odi et amo di Catullo, analisi della poesia più famosa della letteratura latina –
Odi et amo. Catullo dà inizio così alla sua poesia più famosa e noi allo stesso modo per questo argomento che ci accingiamo a trattare. Odi et amo, odio ed amore, sentimenti che razionalmente è impossibile trattare contemporaneamente, ma che con quella che è, mutuando un termine dalla psicoanalisi, la logica emozionale, è impossibile non concepire insieme: nell’inconscio l’amore e l’odio possono convivere ed è da questo concetto, estraneo alla ragione, che nascono dolorosi dissidi interiori.
La poesia inizia con una frase d’immediata pregnanza: odi et amo.
Sia l’elegia pretesto per parlare di sé o per mostrare la propria abilità scrittoria, il poeta lascia fuori dai suoi distici, la poesia civile, l’epos fine a se stesso.
Ma il tema civile dell’odi et amo di Catullo si intreccia dolorosamente al tema personale.
Questo tema, eccoci di nuovo ai versi di odi et amo, è sempre legabile alla storia: è la corruzione di un mondo da cui Catullo vorrebbe allontanarsi a provocare il discidium della donna vittima inconsapevole di quel negotium.
Odi et amo, Catullo tra otium e negotium nel carme 85
Ecco allora il conflitto, il dissidio interiore, nel poeta elegiaco: non si può odiare sic et simpliciter la donna, non si può odiare la donna nel suo essere ontologico, ma si odia il suo essere per generalizzazioni: non si odia la donna, quindi, ma si odia l’impossibilità di amarla e l’impossibilità d’essere amato da lei.
Come si potrebbe desiderare d’amare chi si odia? “Odi et amo”: così si esprime la mente del poeta, “[…] Nescio, sed fieri sentio et excrucior”, la mente non lo capisce, ma ne prende atto e ne soffre.
La mente, intesa come parte razionale della psiche, non si rende conto, non sa catalogare un moto dell’anima vivente sul dualismo amore-odio, un amore ed un odio che, seppur oscillanti nel loro presentarsi al poeta, restano a convivere contemporaneamente, come sostrato del suo agire; convivono nella parte emozionale dell’io perché il soggetto di quel sentire è lo stesso e non vi è definitiva vittoria dell’uno sull’altro.
Odi et amo: Gaio Valerio Catullo e i neoteroi
Il termine neoteroi (in latino poetae novi) venne utilizzato da Cicerone per la prima volta per intendere – forse insenso dispregiativo – un gruppo di poeti che nell’intento volevano porti come innovatori rispetto al canone letterario e nella pratica componevano testi di disinteressamento dalla vita pubblica e politica per dedicarsi a nugae (in italiano: cose di poco conto), nelle quali si lasciavano andare a suggestioni poetiche nate per la maggior parte da occasioni di vita quotidiana, e a carmina docta, poesie erudite. Nugae e carmina docta, fra l’altro, sono tipi di componimento di Catullo, uno dei più noti – a livello scolastico – fra i neoterici. Lontani dai temi politici e sociali e dal negotium, i poetae novelli, si fanno voce di un sentire poetico incentrato sull’otium e sull’amore, tema questo declinato in tutte le sue sfumate, le sue accezioni e i suoi esiti. Pensieri d’amanti traditi, amanti rifiutati così come di amanti felici e paghi delle loro piccole cose lontani dagli affanni delle grandi imprese politiche, compongono i versi di questi poeti, sembrano rispondere all’idea alessandrina del mega biblìon, mega kakòn. Dalla poetica alessandrina furono infatti influenzati e i loro componimenti intrisi di brevitas (stile conciso, poesie brevi rispetto ai lunghi poemi), labor limae (l’artificio retorico e la perizia nello stile sono sempre presenti), varietas di metri e temi trattati (con predominanza, comunque, di versi d’amore e d’amicizia)
Odi et Amo Catullo – testo del carme 85
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
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