Il blues di Willie Dixon, probabilmente a molti è sconosciuto in quanto i suoi brani più celebri sono stati eseguiti da altri bluesmen che ne hanno prestato la voce, eppure, nel panorama del blues del XX secolo, pochi artisti hanno avuto il suo impatto e la sua influenza: autore, bassista, cantante e produttore, Dixon è stato il cuore creativo della Chess Records di Chicago e la mente dietro decine di classici assolutamente iconici del blues. Con oltre 500 brani accreditati, ha contribuito in modo determinante non solo alla nascita del “Chicago blues” e alla sua evoluzione nel rock ‘n’ roll, ma anche a proteggere il patrimonio compositivo degli afroamericani che per anni avevano visto le loro creazioni musicali sottratte dalle grandi case discografiche “bianche”.
Willie Dixon: un po’ di storia dell’ “architetto del blues”
Nato il 1º luglio 1915 a Vicksburg, nel Mississippi, Dixon si trasferì a Chicago negli anni ’30, a causa di numerosi problemi con la legge. Fu qui che, data la sua enorme stazza, decise di iniziare a praticare il pugilato, ottenendo eccellenti risultai. Accanto alla carriera sportiva, Dixon però iniziò anche a suonare il contrabbasso, attività che soffrì un arresto a causa del suo imprigionamento di 10 mesi per aver rifiutato di arruolarsi durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel dopoguerra Dixon riprese a suonare e abbandonò la sua promettente carriera da pugile per seguire la sua vera vocazione: la musica. Dopo un breve periodo alla Columbia Records, firmò un contratto con la Chess Records e lì lavorò per circa una decina d’anni, nonostante la relazione travagliata che si creò con la casa discografica. Nei decenni successivi, diventò un punto di riferimento per artisti come Muddy Waters, Howlin’ Wolf, Bo Diddley e Otis Rush, scrivendo per loro molti dei brani più iconici del genere. Le sue canzoni univano umorismo, tensione sociale, misticismo e grande abilità poetica, e vennero in seguito reinterpretate da artisti come i Rolling Stones, Eric Clapton (e i Cream), i Led Zeppelin, i Doors e molti altri. Oltre alle sue canzoni, Willie Dixon fu un musicista completo e un attivista: come bassista della Chess Records, suonò in centinaia di sessioni, contribuendo a creare il suono classico del “Chicago blues”; fu inoltre un difensore del copyright dei musicisti afroamericani: in un’epoca in cui molti artisti afroamericani venivano sfruttati dalle case discografiche, Dixon si batté per la tutela legale delle proprie opere. Negli anni ’80 intentò varie cause contro band come i Led Zeppelin, accusati di aver “preso in prestito” molte delle sue idee senza accreditarlo. Una delle dispute più note riguarda “You Need Love”, da cui deriva “Whole Lotta Love”, per la quale Dixon fu successivamente riconosciuto come co-autore. Nel 1982 fondò la Blues Heaven Foundation, con l’obiettivo di proteggere il copyright dei musicisti afroamericani e di educare le nuove generazioni alla storia del genere. Willie Dixon morì il 29 gennaio 1992, dopo una dura lotta col diabete che lo costrinse all’amputazione di una gamba. È stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame nel 1994 e viene oggi ricordato non solo come autore di successo, ma come colonna portante della cultura musicale americana. Le sue canzoni continuano a essere reinterpretate da nuovi artisti, le sue parole studiate nei testi universitari e il suo stile continua ad essere rintracciabile nel blues moderno, nel rock e perfino nel rap.
Il blues di Willie Dixon: 3 tra le canzoni più celebri
Little Red Rooster (1961)
Scritta da Willie Dixon e registrata originariamente da Howlin’ Wolf, Little Red Rooster è una canzone che apparentemente parla di un gallo da cortile, ma che in realtà utilizza una serie di doppi sensi e metafore sessuali in tipico stile blues. Il testo è ispirato a vecchi canti rurali del sud degli Stati Uniti, ma Dixon ne fece una versione sofisticata e ambigua, ricca di atmosfera. Una delle curiosità più note è che nel 1964 i Rolling Stones ne registrarono una celebre cover, che divenne la prima canzone blues a raggiungere il primo posto nelle classifiche del Regno Unito. Fu anche la prima volta che una band inglese di successo portava una composizione blues così “pura” nelle classifiche pop, contribuendo alla diffusione della musica afroamericana tra il grande pubblico europeo. Mick Jagger e Keith Richards hanno più volte riconosciuto che Little Red Rooster è uno dei brani che li ha fatti innamorare del blues.
Spoonful (1960)
Spoonful è una delle composizioni più intense di Willie Dixon, resa immortale dalla voce profonda e graffiante di Howlin’ Wolf, che la registrò nel 1960. Il brano si basa su una metafora ambigua, in cui un “cucchiaio” (spoonful) può rappresentare qualsiasi desiderio: amore, sesso, droga, potere o denaro. Questo uso simbolico rende la canzone incredibilmente moderna e aperta a molte interpretazioni. La versione più nota al grande pubblico è probabilmente quella dei Cream, il supergruppo britannico guidato da Eric Clapton, che ne fece un brano psichedelico e allungato nei live, diventando un classico del rock blues. Dixon, pur essendo un uomo profondamente legato alla tradizione, fu molto orgogliose del fatto che Spoonful fosse diventata così universale da attraversare generi, decenni e culture. Il brano è stato utilizzato in numerosi film e documentari, ed è stato citato anche in contesti accademici per la sua struttura lirica e il suo contenuto simbolico.
Hoochie Coochie Man (1954)
Registrata con la voce di Muddy Waters, Hoochie Coochie Man è uno dei brani più famosi e influenti della storia del blues. Il testo, scritto da Dixon, presenta un uomo sicuro di sé, quasi mitico, che si dichiara irresistibile alle donne e benedetto dalla magia e dal destino. La canzone combina superstizione, virilità e umorismo, elementi tipici dello stile di Dixon. Dal punto di vista prettamente musicale, il brano è celebre per il suo riff inconfondibile, spesso definito “stop-time blues” (quando il ritmo del brano viene interrotto o rallentato), che ha ispirato innumerevoli canzoni rock successive. Hoochie Coochie Man ha avuto un impatto tale che frasi come “I’m a hoochie coochie man” sono entrate nel linguaggio popolare. Lo stesso Dixon definì questa canzone “il ritratto dell’uomo nero che, per una volta, si sentiva forte e rispettato”.
Il blues di Willie Dixon: conclusione
Willie Dixon non è stato semplicemente un musicista, ma un costruttore di ponti musicali tra generazioni, generi, culture e continenti. Intransigente nei confronti di chi continuava a sfruttare il patrimonio artistico afroamericano, e ribelle, fino a non arruolarsi nell’esercito americano per non combattere per un paese che li discriminava per il colore della pelle, Dixon è stato e rimarrà per sempre un simbolo positivo dell’orgoglio afroamericano e della musica blues. Le sue canzoni, da Little Red Rooster a Spoonful fino a Hoochie Coochie Man, conservano il suono grezzo del passato (ma allora ancora presente), quello della povertà e dell’emarginazione sociale, ma suonano potenti e meravigliose come l’orgoglio e la dignità degli afroamericani di allora e di oggi.
Fonte immagine: Wikipedia (Di Len Carlson – https://www.flickr.com/photos/len5/3274944927/, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9826692)