Cantanti blues, i più 10 famosi di sempre

Cantanti blues

Viaggio alla scoperta dei cantanti blues più famosi, attraverso un percorso tra i sottogeneri più importanti di questa musica.

Nato attorno al XVIII secolo, il blues è un genere poetico-musicale che riuniva tutti quei canti intonati dagli schiavi afroamericani nei campi di lavoro del sud degli Stati Uniti. Il segno distintivo è l’atmosfera malinconica, tanto nella melodia quanto nei temi trattati nelle canzoni: delusioni d’amore, carcere, fame, sofferenza, lontananza dalle persone amate o dalla propria terra d’origine che è l’Africa. Non a caso il nome stesso del genere deriva dal modo di dire to have the blue devils, traducibile in “avere i diavoli blu” e corrispondente al nostro “essere tristi/infelici”.

Col passare degli anni il blues ha cambiato più volte faccia, svestendosi delle umili origini con cui è nato per abbigliarsi con le luci sfarzose della fama lungo tutto il globo, conferendo scintilla vitale a gran parte della musica contemporanea. Il rock, il pop, il rap e tanti altri generi non esisterebbero, se non ci fosse stato il blues a fare loro da base.

Chiuso questo piccolo cappello introduttivo, che non è da considerarsi esaustivo, imbarchiamoci su di un immaginario battello fluviale, proprio come quelli che attraversavano il Mississippi sulle cui coste nacque e si sviluppò questa musica, e scopriamo quali sono i cantanti blues (o per usare un termine del settore, bluesman) che hanno fatto la storia, attraverso una carrellata tra i sottogeneri più celebri.

Cantanti blues. Skip James e il Delta Blues

Il Delta, nato attorno agli anni ’20 e ’30 del ventesimo secolo, viene considerato il primo genere di blues vero e proprio, oltre a essere quello che lo ha prelevato dallo stato di canto popolare per iniziarlo alla commercialità musicale. Il nome deriva dalla zona in cui gran parte dei suoi cantanti erano nati: il Delta, situato lungo il fiume Mississippi a nord di Memphis e a sud di Yorktown.

Tra gli interpreti maggiori va citato Skip James, chitarrista e pianista annoverato tra i maggiori cantanti blues. Dopo aver fatto i lavori più disparati, tra cui il contrabbando di alcolici, vinse un concorso indetto dalla Paramount Records che gli fece firmare un contratto. Durante una sessione in studio del 1931 registrò brani che poi sarebbero divenuti celebri tra cui Devil got my woman, dove si riconoscono i segni distintivi della sua musica: il tono cupo e rassegnato della melodia scandito dal pizzicare le dita sulle corde di chitarra, tecnica da lui stesso brevettata, i testi oscuri e morbosi, la voce tendente al falsetto e spettrale, quasi a voler enfatizzare il carattere misterioso di Skip James. Egli, in seguito alla grande depressione che colpi gli States negli anni ’20, si eclissò misteriosamente, senza lasciare tracce di sé fino agli anni ’60 dove, prima di morire per via di un cancro, si esibì in poche occasioni.

Cantanti blues. Il Chicago Blues

Come suggerisce il nome, il Chicago blues si formò principalmente a Chicago, dove gli afroamericani giunsero dagli stati del sud tra gli anni ’40 e ’50, per sfuggire alle discriminazioni razziali e alla mancanza di lavoro. Inizialmente inteso come un’arteria del Delta, in seguito il Chicago Blues divenne una galassia a sé stante. Gli strumenti utilizzati sono le chitarre elettriche, il pianoforte, la batteria, l’armonica, il basso e il sassofono.

Muddy Waters, soprannome di McKinley Morganfield, è considerato il fondatore del blues di Chicago. Nato da una famiglia di contadini, emigrò nel 1943 a Chicago ed entrò subito in contatto con la casa discografica Chess per la quale registrò, assieme alla propria band, canzoni divenute pilastri del genere come Mannish Boy e Hocchie Coochie Man. Questi due brani ben evidenziano lo stile musicale di Muddy, caratterizzato dalla voce massiccia e spirituale che accompagna una melodia scandita sullo stesso ritmo, ma energica e graffiante da permettere al blues di rinnegare la propria vena malinconica.

Muddy Waters non va considerato soltanto come l’artefice dell’elevazione di Chicago a “Mecca” di questa musica, ma anche come colui che ebbe il merito di renderla nota in Europa tramite lo storico concerto tenuto nel 1958 in Inghilterra. Pari importanza ebbe anche Elmore James, che fin dalla registrazione di Dust My Broom di Robert Johnson dimostrò la sua abilità con la chitarra: veloce e potente, come una pioggia di schegge di vetro. Questa tecnica, che prende il nome di slide, verrà assorbita da molti chitarristi che getteranno le basi per quello che è il rock, anche se l’importanza storica di Elmore James non coincise con il successo della sua carriera che passò praticamente in sordina.

Il Rhythm and Blues

Il Rhythm and Blues nacque attorno agli anni ’50 ed ebbe fama fino agli anni ’60. Inizialmente nota come race music (“musica di razza” o “degli afroamericani“), si tratta di una musica ballabile e ritmata sulle melodie del blues, a cui si accompagnano strumenti quali il pianoforte, il sassofono, la chitarra elettrica e l’organo Hammond.

Ray Charles viene spesso associato a questo genere. Cieco a causa di un glaucoma dall’età di sette anni, nel corso della sua carriera riuscì a mescolare molti generi quali blues, jazz, gospel e soul. Non a caso era soprannominato The Genius (“Il genio”) per questa sua abilità, che gli permise di vincere tredici Grammy. Si pensi a brani come Georgia on my mind, cover dell’inno dello stato americano del titolo, e Hit the road Jack, caratterizzati da sonorità eteree e allo stesso tempo scatenate, scandite dal suono del pianoforte, dal coro e dalla voce principale.

Tra le sue amicizie, Ray poteva vantare quella di Aretha Franklin, “la regina del soul”. Aretha cantava fin da bambina, da quando si esibiva in chiesa in canti gospel (il padre era un predicatore battista) e si può capire come la sua voce, intensa e squillante, sia divenuta così iconica. Uno dei suoi brani più famosi è senza dubbio Think, cantato all’interno del film The Blues Brothers del 1980 e che vede protagonisti proprio il duo formato dagli attori Dan Aykryod e John Belushi nel 1979. Dapprima ospiti in una puntata del programma televisivo Saturday night live, il duo ebbe in seguito una carriera musicale con la pubblicazione di alcuni album e il già citato film diretto da John Landis, nonché con la formazione di una band (The Blues Brothers Band) che continua a essere attiva anche dopo l’abbandono di Aykryod e Belushi (quest’ultimo morto in seguito a un’iniezione di eroina) e dove si sono susseguiti vari musicisti.

L’Electric Blues

La carrellata tra i cantanti blues più famosi prosegue con l’Electric Blues, genere che raggiunse l’apice della popolarità negli anni ’60 e il cui padre è considerato T-bone Walker, chitarrista originario del Texas che mescolava elementi jazz e rhythm and blues a quello della chitarra elettrica.

Nome fondamentale per il genere è quello di Riley B. King, passato alla storia con il soprannome di B.B. King. Figlio di un padre chitarrista e di una madre predicatrice si avvicinò fin dalla tenera età al mondo del blues e iniziò a suonare a quattordici anni. Il suo debutto vero e proprio, dopo una breve carriera come disk-jockey per una radio locale dove adottò il nome di B.B. King (“Blues Boy”), avvenne agli inizi degli anni ’50 con la canzone Three O’Clock blues che gli dette una fama tale da superare i confini nazionali, tanto da arrivare a esibirsi al Jazz festival di Montreaux in Svizzera in più di un’occasione.

Lo stile di B.B. King è tra i più particolari di tutti. Rispetto ad altri cantanti blues egli alterna il canto a parti sonore, dove predominano le sonorità calde, rilassanti e sensuali della chitarra elettrica (“Lucille”, come la chiamava affettuosamente King) che vengono esaltate in The thrill is gone, soprattutto nella versione suonata dal vivo a Montreaux nel 1993.

Il British Blues e Il Blues Rock

Dalle lande d’oltreoceano il blues si sparse in Europa, trovando nell’Inghilterra di fine anni ’50 il terreno ideale in cui piantare nuovi semi. Il già citato concerto tenuto da Muddy Waters fece conoscere ai britannici il fascino di quella musica, favorendo la nascita del British Blues.

Pionieri del genere vengono considerati Alexis Korner e Cyril Davies i quali si rifecero alle sonorità del folk e del country amplificandole con l’apporto prezioso della chitarra elettrica, nonché di musicisti americani che ebbero in Europa un grande successo tramite la band formata da Korner e Davies stessi, i Blues Incorporated, che vide tra le file musicisti quali Mick Jagger e Jimmy Page, rispettivamente membri dei Rolling Stones e dei Led Zeppelin. Altro musicista fondamentale per il British Blues è Eric Clapton, nella cui carriera ha sperimentato diversi generi come il blues nelle sue forme più tradizionali.

Il British Blues ha poi spianato la strada a quello che è il Blues Rock, una musica che partendo dalle melodie degli afroamericani dette vita a sonorità più dure, graffianti, e martellanti che si rifacevano al blues di Chicago. La caratteristica peculiare è che i musicisti di questo genere si cimentano soprattutto in improvvisazioni (le famose jam session) con la chitarra elettrica, dando vita a sonorità pesanti ed energiche. Jimi Hendrix viene spesso associato al Blues Rock proprio per la sua capacità di destreggiarsi con la chitarra elettrica, sfruttandone pienamente le potenzialità che accentuava nelle performance dal vivo. Famosi sono anche i Fleetwood Mac, band fondata da Peter Green nel 1967 il cui stile parte dal blues per sfociare in un pop più commerciale. Non si può non accennare però a Tom Waits, la cui formazione blues accanto alla sua voce rauca e pesante lo hanno consacrato come una delle voci più importanti del genere.

Cantanti blues in Italia

Nel nostro paese il blues conobbe il suo periodo di maggior espansione dopo la seconda guerra mondiale. Non è possibile stilare un elenco di tutti i cantanti italiani che si sono cimentati con questa musica d’oltreoceano, ma ci limiteremo a pochi e significativi casi.

Uno dei contributi maggiori per il blues in Italia proviene dalla città di Napoli dove nel 1970 il sassofonista James Senese fonda i Napoli Centrale, band jazz-rock in cui militò brevemente anche Pino Daniele. Quest’ultimo debuttò poi come solista con l’album Terra Mia del 1977, dove la lezione del blues viene contaminata dalle sonorità tipicamente partenopee e dall’uso del dialetto napoletano. Un’operazione felice che è anche alla base di Nero a metà, opera fondamentale del 1980 perché introduce il concetto di appocundria che si rifà alla malinconia tipica del blues delle origini e che segnerà per il cantautore partenopeo un percorso di ricerca a contatto con le sonorità di ogni parte del mondo.

Un altro nome importante è quello del romagnolo Zucchero Fornaciari, il quale modella il blues sulle forme della musica leggera italiana conferendogli uno stile melodico e dolce, a cui si aggiungono influenze soul e funk. Zucchero è inoltre colui che, assieme a Pino Daniele, ha contribuito al successo commerciale del blues, grazie anche a concerti tenuti con leggende del genere (basti pensare a B.B. King per Zucchero e a Eric Clapton per il musicista napoletano). Non mancano poi le voci femminili, come per esempio Mina.

Fra gli autori più “di nicchia” e indipendenti si può accennare ai Bud Spencer Blues Explosion, un duo formatosi a Roma nel 2006 che unisce l’aggressività del punk alle basi del blues, sul modello dei newyorkesi Blues Explosion di Jon Spencer.

Ciro Gianluigi Barbato

Fonte immagine copertina per l’articolo sui cantanti blues: https://pixabay.com/it/photos/jazz-blues-concerto-musica-1658886/

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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