Il rock dei The Who: 5 canzoni da ascoltare

Il rock dei The Who incarna la potenza, l’eccesso e la ribellione della scena britannica degli anni ‘60 e ‘70. Nata a Londra nel 1964, la band, formata da Roger Daltrey (voce), Pete Townshend (chitarra, voce e mente creativa) e gli indimenticabili John Entwistle (basso) e Keith Moon (batteria) ha rivoluzionato la sonorità del rock: pionieri nell’uso dell’elettronica in ambito musicale, profeti dell’opera rock e sperimentatori dei suoni, The Who restano un gruppo rock di riferimento per tutti gli amanti del genere. 

The Who: dagli inizi Mod al rock potente 

L’identità dei The Who nasce nell’ambito Mod londinese degli anni ‘60: in quegli anni infatti nella città britannica erano attive due “fazioni”, i Mods e i Rockers, dove i Mods erano eleganti, attenti alla moda (soprattutto italiana), guidavano scooter italiani, indossavano parka e ascoltavano soul, R&B, ska e beat, mentre i Rockers adottarono uno stile più “grezzo”, derivato dalla cultura motociclistica degli anni ‘50, tanto da indossare giacche di pelle, jeans e stivali pesanti e ascoltando rock and roll e rockabilly. Ovviamente le due fazioni erano rivali ed arrivarono addirittura ad un confronto fisico e molto violento a Brighton nel 1964 (il film “Quadrofenia”, tratto dall’omonimo album dei The Who, racconta perfettamente quelle due realtà). I primi Who erano proprio un punto di riferimento per la sottocultura Mod: la loro prima produzione infatti ricorda molto la Motown, erano sempre ordinati nell’abbigliamento e fieri rappresentanti di quell’elegante corrente. Le personalità però dei membri della band erano troppo esplosive per quell’etichetta: il suono dei The Who iniziò gradualmente a rafforzarsi, le loro performance dal vivo iniziarono a diventare dei momenti di distruzione letterale degli strumenti e la carica e l’impatto visivo dei quattro si trasformò in breve tempo tra i più leggendari del rock.  Arrivò poi l’intuizione della “rock opera”, ovvero di un album rock in cui tutte le canzoni sono unite da un’unica storia: Townshend scrisse Tommy. Tommy non è stata la prima rock opera del genere, come ammise lo stesso Townshend, che si ispirò ad un lavoro immediatamente precedente, quello di “S.F.Sorrow” dei The Pretty Things (1968), che però non ebbe lo stesso successo globale di Tommy (1969),  che di fatto è considerato come la prima rock opera mai composta (ne è stato tratto anche un film, Tommy, del 1975). Insieme ai successi e tour mondiali però iniziarono gli eccessi che portarono il 7 settembre 1978 alla morte di Keith Moon, all’età di soli 32 anni per un’overdose accidentale di farmaci prescritti per combattere l’alcolismo. Da allora la band ha sofferto una forte battuta d’arresto su molti fronti, eppure ha continuato ad esibirsi, anche se oramai aveva perso una delle personalità più significative della formazione. Il 2002 porterà via anche John Entwistle: proprio alla vigilia di un nuovo tour con la band, il bassista ebbe un infarto, aiutato da un’overdose di cocaina. La carriera dei The Who comunque è ancora attiva ma in fase di chiusura: oggi infatti Roger Daltrey e Pete Townshend  sono impegnati in un tour d’addio, un modo per ringraziare i fan di tutto il mondo per il loro supporto continuo nel corso degli anni e per mettere il punto ad una storia che li ha distinti e li ha portati all’apice del successo negli anni più importanti e veri del rock. 

Il rock dei The Who: 5 canzoni da ascoltare 

 My Generation (1965) 

“My Generation” , scritta da Pete Townshend quando aveva appena 20 anni, è la canzone manifesto di quel periodo di ribellione e scontri degli anni ’60. I tratti distintivi del brano sono certamente il “balbettio” di Roger Daltrey, il fantastico assolo di basso di John Entwistle e l’assolo di batteria di Keith Moon. Il celebre verso “Hope I die before I get old” (spero di morire prima di diventare vecchio) ha fatto poi diventare il brano un inno per intere generazioni in cerca di identità. 

Substitute (1966) 

“Substitute” è uno dei primi successi dei The Who e uno dei brani più acidi della loro produzione giovanile. Anche questa scritta da Townshend, la canzone parla della falsità e dell’ipocrisia del mondo, in particolare del modo in cui ci si presenta agli altri. È una riflessione sull’identità e sull’inganno, vestita da un pop graffiante e contagioso. Il testo è pieno di giochi di parole e ironia  come il celebre verso “I look all white but my dad was black” (sembro bianco, ma mio padre era nero), e la musica è secca, immediata, con riff martellanti e un ritmo serrato. 

A Quick One While He’s Away (1966) 

Questo è il brano con cui The Who gettarono le basi per il loro ambizioso progetto futuro: la rock opera. “A Quick One While He’s Away” è infatti una mini-opera in sei movimenti, lunga circa nove minuti e contenuta nell’album A Quick One. La storia racconta di una donna trascurata dal compagno, che cede ad una “scappatella” (“a quick one”) con “Ivor the Engine Driver”, per poi essere perdonata al ritorno dell’uomo. Il brano è un miscuglio di generi: dal rock and roll al folk, dalla ballata acustica alla parodia doo-wop. La band canta in coro, si alterna nei ruoli e costruisce una narrazione musicale che anticipa il più celebre Tommy. “A Quick One…” è un esperimento geniale e sfrontato, che mostra la voglia dei The Who di andare oltre i “02 minuti e 45 secondi” consentiti per le canzoni e sperimentare così la narrazione musicale.

Baba O’Riley (1971) 

Il tema della disillusione giovanile e della speranza sono anche protagonisti della bellissima “Baba O’Riley”, capolavoro assoluto della band e brano di apertura dell’album Who’s next. Il titolo è un omaggio al maestro spirituale di Townshend, Meher Baba e a Terry Riley, un compositore minimalista. Il brano si apre con un riff elettronico generato da un sintetizzatore (novità assoluta per l’epoca), al quale segue un crescendo di voce e strumenti che esplodono in un assolo finale di violino folk-rock. Il brano è anche noto per essere la sigla di apertura di CSI New York.

Won’t Get Fooled Again (1971) 

Sempre di Who’s Next è Won’t get fooled again, brano di chiusura. Otto minuti di pura energia, in cui la performance di Keith Moon è travolgente, il basso di Entwistle potente e preciso, l’urlo lacerante di Daltrey“ e le parole taglienti di Townshend rendono il brano uno dei momenti rock più potenti della storia. La canzone è una feroce critica alla politica e alle solite false promesse di cambiamento che poi non arriva mai (meet the new boss, same as the old boss/ incontra il nuovo capo, uguale al vecchio capo). Questo brano è anch’esso sigla di apertura della serie CSI, in questo caso Miami.

Il rock dei The Who: conclusione 

L’energia dei The Who è di quelle potenti e coinvolgenti, ma anche cruda e per certi aspetti nostalgica, motivo per cui le loro esibizioni live sono tra le più belle in assoluto della storia del rock. L’album Live at Leeds del 1979 (doppio nella versione Deluxe con l’esecuzione live di Tommy) è tra i più rappresentativi della potenza della band: ascoltando con attenzione si possono sentire gli straordinari virtuosismi di Moon e Entwistle che è come se procedessero su linee parallele ma opposte, facendo ognuno un continuo assolo con gli strumenti, riempiendo di energia tutti gli strati di musica su cui canta Daltrey e suona Townshend. Forse per la loro storia turbolenta e troppo breve nella formazione originale, The Who oggi troppo spesso non vengono citati né ricordati tra i grandi del rock, ma il loro contributo alla musica rock è impagabile ed è doveroso riconoscergli la grandezza e l’influenza.

Fonte immagine: https://commons.wikimedia.org/wiki/ (By KRLA Beat/Beat Publications, Inc. – KRLA Beat page 21, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=87600793)

 

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