Nell’universo di Luciano Tarullo: intervista a un cantautore cilentano

Luciano Tarullo

Luciano Tarullo: dal Cilento alla sua “Isola”, passando per Sanremo Rock. Intervista al cantautore originario di Agropoli

Cilento e musica: un connubio inscindibile di cui si sente parlare sempre più spesso, come se in quei lembi di terra a Sud di Salerno si annidasse un’energia creatrice, feconda e vivida, a dispetto della desolazione delle sue vie di comunicazione e delle sue problematiche. Uno dei nomi di maggior spicco che risuonano in Cilento, è certamente quello di Luciano Tarullo, cantautore originario di Agropoli.
Con lui abbiamo toccato, in un discorso che si è prospettato come un viaggio scosceso e interessante, punti cardinali che ci hanno portato dalla situazione culturale del Cilento alla musica, dalla condizione dei giovani che si accingono a fare arte fino ad approdare a temi più personali della storia intima di Luciano.
Lasciamo la parola a lui, direttamente, per inerpicarci nell’universo di questo artista.

Ciao Luciano, innanzitutto grazie per aver accettato di rilasciare questa intervista. Ti pongo la domanda più banale, o difficile di tutte: chi è Luciano Tarullo e come lo racconteresti a chi non lo conosce?

Luciano è prima di tutto un sognatore. Un ragazzo che punta sempre in alto ma che cerca di rimanere sempre con i piedi ben piantati a terra. Sono un tipo semplice, genuino e cerco di trasferire questo mio modo di essere anche nella musica e nella scrittura delle canzoni. Chi mi conosce bene sa che quello che scrivo rappresenta in pieno quello che sono nella vita di tutti i giorni. Questo è un rischio molto grande da un certo punto di vista, perché significa mettersi completamente a nudo, svelare completamente la propria anima agli altri, ma è anche l’unico modo che conosco per dire delle cose importanti attraverso la musica.

Che rapporto hai con la musica? Le tue principali influenze e i “padri” da amare e uccidere.

Ho un rapporto molto forte con la musica ma per niente ossessivo. Amo scrivere. Trovo che la canzone sia la forma di comunicazione più diretta e immediata che ci sia. Il rock è energia pura e mi piace utilizzare spesso questo linguaggio perché rappresenta a pieno il mio modo di essere. D’altra parte non sono bramoso di “successo” anche se, come ho detto prima, mi piace sognare in grande ed è anche giusto farlo quando dietro ad una canzone, ad un album, c’è tantissimo lavoro. Però preferisco sempre una sola persona che si emozioni ascoltando una mia canzone che 100 apatici like su Facebook.
Mi chiedevi poi dei miei “padri”, come ho detto già tante volte in questi ultimi mesi non sarei nessuno senza aver ascoltato Battisti, De Gregori, De Andrè, Fossati, Vasco etc, tutti i grandi cantautori italiani, che amo molto e che non ho bisogno di “uccidere”.

Sei originario di Agropoli. Cosa pensi della situazione musicale in Cilento?

Domanda di riserva? A parte gli scherzi. Credo davvero che ci sia ancora molto pressapochismo, soprattutto da parte degli organizzatori di situazioni “live”. E purtroppo lo dico a malincuore. Non vedo che c’è una grande considerazione dell’arte e dell’artista come dovrebbe invece essere. La musica qui viene vista, nella maggior parte dei casi, come un qualcosa che deve “intrattenere” il pubblico. Invece la musica è ben altro. Non c’è la cultura del Concerto, del proporre qualcosa di nuovo, di inediti, di originale. E a mio modesto parere la colpa di tutto questo non è del pubblico che invece si dimostra sempre partecipe e soprattutto attento. Io credo che le istituzioni e tutti coloro che organizzano concerti debbano aprire gli occhi e capire una volta per tutte che c’è una differenza sostanziale tra chi propone un semplice intrattenimento musicale e un artista che porta sul palco un progetto artistico originale e di un certo valore sia culturale che emozionale.

Che consiglio daresti a un giovane (non solo cilentano, ma del Sud Italia in generale) che si accinge a voler far musica?

Gli direi sicuramente che è una strada difficile che richiede molti più sacrifici di quanto si possa pensare, ma che solo facendo quei “sacrifici” si può raggiungere l’obiettivo di scrivere qualcosa che porti con sé un messaggio davvero importante e significativo.

È possibile continuare a far musica in Cilento? Chi rimane, è un visionario folle oppure un coraggioso?

Io dico che, a parte le dovute eccezioni, sarebbe il caso di iniziare a farla. Ci tengo a ripetere che nel nostro territorio ci sono tanti artisti meritevoli, ma che non vengono messi nelle condizioni ideali per svolgere al meglio il proprio lavoro.
Noi non dobbiamo commettere l’errore di credere che la musica che facciamo nasca e muoia qui. Si può continuare a fare musica nel Cilento e contemporaneamente portarla ovunque.
La musica è un mezzo id comunicazione universale e oggi lo sta diventando sempre di più.

Parliamo del tuo album. Innanzitutto cosa significa il titolo, come è nato e qual è stato il momento più appagante e intenso del processo creativo.

L’isola” non è nient’altro che il Luogo che ho utilizzato come espediente per rappresentare il mio mondo interiore e la visione che ho di tutto ciò che mi circonda; è un album che ha avuto una lunga gestazione, tra la sua scrittura e la sua produzione e realizzazione. È un lavoro che mi rappresenta in pieno. Dal punto di vista musicale il disco è un mix di ballate rock e brani più “tirati” ed energici. Ho cercato di toccare tanti argomenti, tante tematiche, dall’intimo al sociale. Oggi posso dire di essere molto soddisfatto perché l’album sta ricevendo molti apprezzamenti, le recensioni sembrano essere molto positive e il pubblico dei concerti è sempre molto attento ed interessato a quello che ho da dire. Credo che questa sia la cosa più gratificante per un artista.

E dell’esperienza di Sanremo Rock? Cosa sai dirci?

È stato fantastico. Un’esperienza unica: essere catapultati dall’oggi al domani nel Teatro più importante della musica italiana, portare lì la propria musica è stato gratificante.
Un’esperienza che ho vissuto con la mia band, gli amici di sempre, che mi accompagnano da una vita in questo mio percorso di crescita musicale e umano. Si respirava un’aria di musica, quella vera, tante band, tanti artisti bravissimi, grande professionalità.

Chiudiamo con i progetti futuri.

Ad oggi abbiamo già fatto una quindicina di Live dopo l’uscita del disco. Il mio obiettivo è quello di suonare il più possibile. Credo fermamente che nonostante l’importanza dei social media, suonare dal vivo sia ancora oggi la cosa più importante. Stare a contatto con il “pubblico vero” è ciò che mi fa sentire meglio ed è anche il banco di prova più veritiero. Per il resto continuo a scrivere, ho già in mente di entrare di nuovo in studio a partire da settembre. Ho voglia di registrare qualcosa di nuovo che ovviamente non vedo l’ora di farvi ascoltare.

Grazie, Luciano Tarullo!

 

fonte immagine: rockon.it

A proposito di Monica Acito

Monica Acito nasce il 3 giugno del 1993 in provincia di Salerno e inizia a scrivere sin dalle elementari per sopravvivere ad un Cilento selvatico e contraddittorio. Si diploma al liceo classico “Parmenide” di Vallo della Lucania e inizia a pubblicare in varie antologie di racconti e a collaborare con giornali cartacei ed online. Si laurea in Lettere Moderne alla Federico II di Napoli e si iscrive alla magistrale in Filologia Moderna. Malata di letteratura in tutte le sue forme e ossessionata da Gabriel Garcia Marquez , ama vagabondare in giro per il mondo alla ricerca di quel racconto che non è ancora stato scritto.

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