Sanremo 2021, tra novità e solite polemiche

Sanremo 2021

Il sipario su Sanremo 2021, l’edizione più strana e controversa della storia, è calato. Analizziamone vita, morte e miracoli.

Quella di Sanremo 2021 è stata un’edizione della kermesse che passerà alla storia per svariati motivi. L’assenza del pubblico in sala per via della pandemia ha conferito al festival un’atmosfera straniante e paradossale, quasi sospesa nel tempo (anche se bisogna ammettere che i fischi di disapprovazione ad ogni classifica non è che ci siano mancati più di tanto).

Ma è stato anche un festival che ha fatto parlare di sé non soltanto per le immancabili polemiche, quasi una tradizione del festival stesso, ma anche per l’età mediamente giovane dei partecipanti alla gara canora. Ecco quindi a voi un resoconto di quello che è stato “Il festival dell’era covid”.

Sanremo 2021, resoconto

Di Fiorello, siparietti e altri demoni

I motivi per cui si decide di guardare Sanremo sono principalmente due:  la musica e, soprattutto, i momenti trash che, come Thanos, sono ineluttabili.

Dai travestimenti sfoderati da Max Gazzè durante le sue esibizioni (uno più geniale dell’altro) al povero Aiello che senza volerlo è divenuto un meme vivente (ripetiamo assieme: SESSOIBRUPOFENEH!), passando per Fasma che canta con un microfono spento durante la serata delle cover e Francesco Renga che invece deve cantare due volte quello che è il brano peggiore della sua carriera, gettando nella disperazione i coraggiosi che si cimentano nella titanica impresa di guardare tutte e cinque le serate fino alle 3 di notte.

Immancabili anche i commenti agli outfit dei cantanti in gara che risvegliano l’Enzo Miccio che alberga in tutti noi, vestiti con il pantalone della tuta e le ciabatte. Sempre meglio dell’improvvisarci virologi e sparare a zero sui vaccini, non credete?

Ma il festival non sarebbe tale senza la sua carrellata di ospiti: troppi, eccessivi e alcune volte inadeguati. Vedi alla voce Zlatan Ibrahimović: introdotto da Amadeus con il solito motivetto da sagra di paese di qualche nazione dell’Europa dell’est ogni volta che scendeva la scalinata dell’Ariston e che ha sfoderato un atteggiamento intimidatorio che sulla carta dovrebbe far ridere, ma nella pratica è tutto il contrario.

Non si può però non spendere una parola su Fiorello, il co-conduttore del festival, che in fatto di comicità sembra essere rimasto al periodo in cui faceva l’animatore turistico: monologhi alquanto discutibili e tendenti al basso corporeo (traduzione: cringe) che non hanno fatto altro che far innervosire chi desiderava soltanto ascoltare le canzoni in gara e avere qualche ora di sonno più. Tuttavia c’è stato anche chi ha saputo davvero intrattenere e divertire come l’attrice Matilde de Angelis, co-conduttrice della prima serata, che ha dimostrato di sentirsi a proprio agio su di un palco enorme come quello dell’Ariston.

Ma Twitter, Facebook e il web in generale si sono rivelati anche quest’anno il terreno più fertile per la nascita di meme entrati di diritto negli annali. Dal frame della prima esibizione del già citato Aiello che lo ritrae in una smorfia contorta a “queen” Orietta Berti che oltre a dare l’ispirazione alla Rockstar Games per un capitolo di Grand Theft Auto ambientato a Sanremo con la sua fuga dalla polizia è salita agli onori per i suoi errori di pronuncia con quel “Naziskin” per indicare i  Måneskin durante un’intervista concessa a Le rane, a Bugo stanco di essere sempre associato al celeberrimo episodio che l’ha visto protagonista assieme a Morgan l’anno scorso (approfittiamone per una unpopolar opinion: all’autore di questo articolo la canzone di Bugo piace). Anche per quest’anno non possiamo considerarci delusi.

Non è un festival per boomers

Sanremo 2021 è stato il trionfo dei giovani. Mai si erano visti nella scaletta dei “big” così tanti nomi appartenenti al mondo dell’indie, affiancati da altri provenienti dai talent e da alcuni veterani.

Apriti cielo. Ancor prima che il festival iniziasse i social sono stati invasi dagli immancabili commenti del tipo “Ma chi è questa gente?”, “Ma questa non è musica!”, “Eeeh, ai miei tempi!”, scritti da tutti quei boomers, anagrafici e non, convinti che tutto ciò che venga dopo una certa età non sia degno della loro considerazione. L’unica musica degna di essere chiamata tale è quella degli anni di Colpo Grosso e dei paninari, Dopo, il nulla.

Tutta questa gente avrebbe potuto prima informarsi e poi esprimere un giudizio. Magari, tra qualche fake news sul covid e l’altra, avrebbero potuto ascoltare qualcosa degli artisti in gara e poi dire che non gli piacciono.

Ma no, meglio spalare fango a prescindere come faceva Pino Scotto negli anni 2008-2009 (vi sblocchiamo un ricordo: erano gli anni in cui su You Tube si trovavano montaggi fatti con Windows Movie Maker, che cercavano di dimostrare la superiorità del rock e del metal sui Tokio Hotel, i Finley e sulla musica house, fatti da qualche liceale che si era gasato dopo aver ascoltato Stairway to Heaven o Welcome to the Jungle), credendosi culturalmente superiori e alternativi alla massa.

Piuttosto ringraziamo che quest’anno ci sia stata gente come Fulminacci, La rappresentante di lista, Colapesce e Dimartino accanto a Max Gazzé, Arisa e Orietta Berti (che a 77 anni può vantare ancora una voce incredibile), a dimostrarci che di musica buona ce ne sta anche oggi. Se poi piace o non piace è un altro discorso, ma non andrebbe mai fatto senza cognizione di causa.

“Perché, perché nessuno pensa ai bambini (ma alle curve sì)?”

Sanremo 2021 non è stato un festival per boomers, nel vero senso della parola. Basta vedere il fiume di indignazione scatenato dalle performances di Achille Lauro o dalla vittoria dei Måneskin: migliaia di mamme pancine, maschi italici, vescovi scandalizzati e fanboys di certi personaggi moralizzatori, pronti a puntare il dito, a scandalizzarsi per la mancanza di gusto e che, incattiviti dall’età e da qualche frustrazione personale, lanciano commenti al vetriolo su soggetti che, secondo loro, devierebbero le menti dei giovani gridando al “complotto contro le radici cristiane dell’Italia”.

Ma il merito di Sanremo, per quanto sia lo spettacolo più conformista del mondo, è proprio quello di mostrare quanta ipocrisia alberghi nell’anima di persone tutte casa e chiesa.  Basterebbe leggere i commenti di certi cinquantenni che rivolgono epiteti squallidi a cantanti che potrebbero avere l’età dei loro figli (un esempio su tutti, Madame) o gli articoli di certi giornalisti che ci hanno offerto esempi di grande scrittura d’inchiesta, concentrandosi sugli abiti scollati o sugli “incidenti sexy” delle cantanti. Qui preferiamo stendere un velo pietoso.

“Io non guardo Sanremo 2021!” (Va bene, ma non ci scocciare)

La stessa ipocrisia contraddistingue anche tutte quelle persone che sui social hanno ricordato a noi, poveri stupidi e ignoranti, che loro il festival di Sanremo 2021 non l’hanno guardato e ci hanno tenuto a ricordalo sui social ogni giorno (qui allegata una GIF che ci mostra il ritratto medio di questi soggetti).

Fermo restando che nessuno obbliga nessuno a guardare un qualcosa che non piace e che il telecomando lo hanno inventato apposta, quello che fa sempre sorridere di questi “rivoluzionari da poltrona” è che reputano il loro gesto come un boicottaggio da seguire in massa, una lotta volta a salvare il paese dalla corruzione e di cui Sanremo è l’emblema. Se avesse davvero funzionato il festival non si terrebbe da un paio di anni, ma così non è.

Quest’anno, però, hanno aggiunto il fatto che teatri, cinema, locali e luoghi di cultura siano chiusi da mesi mentre le porte dell’Ariston sono state aperte sin da subito. È vero che il settore della cultura è tra i più messi in ginocchio dalla crisi derivata dalla pandemia, ma la colpa non è di certo di Sanremo che, anzi, ha messo più di una volta sotto i riflettori la crisi che ha colpito la categoria e che a quei lavoratori ha dato una boccata di ossigeno, seppur temporanea. Non credete che la colpa sia piuttosto di chi non ha fatto nulla per aiutare nei mesi precedenti i gestori di locali di musica dal vivo, di cinema e di tanti altri luoghi di aggregazione culturale, lasciandoli in balìa di loro stessi?

I tanti moralizzatori dell’ultima ora sostenevano che il festival non andava fatto perché era una “mancanza di rispetto per le vittime del covid“, neanche fossero i flagellanti di una celebre scena de Il settimo sigillo di Bergman. Di certo tutte queste persone, durante il primo lockdown, non avranno fatto incetta di serie TV su Netflix e Amazon Prime, né si saranno abbandonati a frivolezze di programmi come i reality show pur di non sentire alla tv le notizie degli ospedali pieni e dei contagi in aumento. Si saranno piuttosto dedicati a imprese volte a fortificare lo spirito, come leggere tutti i libri de La Recherche di Proust o guardarsi tutta la filmografia di Jodorowsky.

Questa mania di distinguere la cultura alta da quella bassa, francamente, ha stancato. Liberi di non guardare il festival, non è un obbligo. Ma a noi che ci definite “stolti e cretini” lasciateci in pace. Ogni giorno viviamo lo stesso tragico scenario che, a un anno di distanza, sembra destinato a ripetersi con conseguenze più gravi e staccare ogni tanto la spina del cervello dai problemi non fa di noi degli insensibili. Liberi di pensarla come volete, questo ci mancherebbe, ma le paternali tenetevele per voi.

E ora scusate, vado a risentire Fiamme negli occhi dei Coma_cose per la ventesima volta.

Immagine in evidenza: Pagina Facebook del Festival di Sanremo

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

Vedi tutti gli articoli di Ciro Gianluigi Barbato

Commenta