Storie di amori non detti: Thelonious Monk e Pannonica

Storie di amori non detti: Thelonious Monk e Pannonica

La storia della musica spesso e volentieri vive di “sliding doors”, eventi improvvisi che ne deviano il percorso e che portano alla ribalta personaggi in modo del tutto inaspettato.

Ebbene, senza ombra di dubbio questa è una di quelle storie.

Pannonica de Koenigswarter è stata una mecenate britannica. Nacque nel 1913 a Londra e diventò una delle donne più influenti per la diffusione del jazz tra gli anni ’40 e gli anni ’50 del ‘900.

E qui emerge subito un altro aspetto decisamente affascinante di questo tipo di storie: molto spesso i protagonisti risultano essere personaggi completamente avulsi dal mondo in questione.

Infatti, riflettendoci un secondo, cosa c’entra una mecenate britannica con la musica jazz?

La risposta è ovviamente nulla: ma se sin da bambini viene insegnato che le vie del Signore sono infinite, forse, un motivo ci sarà, quindi tanto vale iniziare a percorrerle e vedere dove portano.

Pannonica deve le sue nobili origini al ramo londinese della famiglia Rothschild. I Rothschild sono una famiglia ebraica che, in particolar modo nell’Ottocento, quando erano al massimo del loro splendore, si dice che abbiano posseduto il più grande patrimonio privato del mondo.

Nonostante le ricchezze infinite a disposizione della famiglia l’infanzia di Pannonica non fu affatto semplice. Il padre, infatti, malato di schizofrenia e depressione, si suicidò quando lei aveva solo dieci anni. Questo la portò a mantenere da subito un legame fortissimo con il fratello e le due sorelle.

A ventun anni conobbe Jules de Koenigswarter, anch’egli ebreo, che nel 1935 diventò suo marito. Insieme i due si trasferirono non lontano da Parigi e misero su famiglia. Quando però scoppiò la seconda guerra mondiale Jules fu costretto a lasciarla in quanto luogotenente dell’esercito francese. Lo fece però con una indicazione ben precisa. Le lasciò una mappa con sopra scritto: “Se i tedeschi arrivano a questo punto, prendi i bambini e scappa con ogni mezzo dalla tua famiglia in Inghilterra”. E, di fatto, così fece.

Nel 1939 insieme ai figli, una balia ed una domestica partì per tornare in Inghilterra. In quell’anno buona parte della famiglia di Pannonica, in quanto ebrea, venne deportata ad Auschwitz, e lì morì. A partire da questo evento Pannonica fu costretta a cambiare più volte città, sempre dietro indicazione di Jules, andando a vivere in Norvegia, in Africa e, infine, in Messico. Qui condivise l’esilio anche col fratello, il quale un giorno le fece ascoltare la registrazione di “Black, Brown and Beige” di Duke Ellington.

A partire da quel momento Pannonica fu completamente rapita da quelle sonorità e decise che in un modo o nell’altro sarebbe dovuta entrare a far parte di questo mondo. Iniziò quindi a frequentare tutti gli ambienti legati alla musica jazz e, per farlo, fece diverse gite negli Stati Uniti, nel disperato tentativo di inseguire queste melodie che le folgorarono l’animo. Conobbe il pianista Teddy Wilson e, in una delle sue visite a New York, nel 1948, quest’ultimo le fece ascoltare “’Round Midnight” dell’allora sconosciuto Thelonious Monk.

L’ascolto del brano la scioccò al punto che decise che non avrebbe preso l’aereo per tornare dalla sua famiglia in Messico: doveva a tutti costi conoscere il genio che c’era dietro quelle melodie. Per questo motivo fittò una suite di hotel a New York e iniziò la sua ricerca, che però per svariati anni rimase inconcludente (non esistevano i rapidissimi mezzi moderni per poter rintracciare una persona). In questo periodo divenne la mecenate di diversi artisti jazz del periodo, offrendo loro sostentamento economico continuo.

Il punto di svolta fu il 1954, quando Monk fece il suo primo concerto in Europa, a Parigi, e Pannonica, sfruttando una amicizia comune, ebbe finalmente la possibilità di conoscere l’uomo che stava cercando invano da 6 lunghi anni.

L’incontro con Monk la sconvolse al punto da decidere di giurargli eterna fedeltà: a partire da allora infatti pagò tutte le sue bollette, lo accompagnò da tutti i medici ogni volta che ne aveva bisogno, convinse poi lui e tutta la sua famiglia a vivere nella sua imponente casa, offrendo loro qualsiasi benefit volessero.

Anche nei momenti di maggiore difficoltà la venerazione di Pannonica nei confronti di Monk non venne meno. Il jazzista, infatti, per alcuni anni rimase bloccato a causa dei suoi problemi con la droga. Quando però, dopo 6 anni di inattività, riuscì finalmente a venirne fuori, fu proprio grazie a Pannonica che ebbe la possibilità di essere reinserito da subito nel mondo dello spettacolo.

Il rapporto tra i due fu da sempre al centro di tante discussioni. Secondo le biografie ufficiali Pannonica era perdutamente innamorata di Monk, si dice inoltre che lei avesse commentato il suo primo incontro col jazzista dicendo di non aver “mai visto un uomo così bello”. La relazione tra i due però rimase sempre sul solo piano platonico, infatti Monk non divorziò mai dalla moglie, della quale fu sempre innamoratissimo.

Grazie allo stesso Monk Pannonica ebbe l’opportunità di conoscere tantissimi altri jazzisti, primo fra tutti Charlie Parker, diventando a suo volta mecenate anche di quest’ultimi.

Charlie Parker le causò però non pochi problemi; infatti il jazzista, durante una delle sue visite nella suite newyorkese di Pannonica, morì improvvisamente. Questo creò un enorme scandalo che si concluse con l’allontanamento della mecenate britannica dall’hotel. Il marito, inoltre, saturo della situazione ambigua che si era venuta a creare, chiese il divorzio l’anno seguente ottenendo anche l’affido di tutti i figli.

Altro evento particolare, e che è esemplificativo della fedeltà di Pannonica verso Monk, fu quello del 1958. In quell’occasione i due si trovavano insieme in macchina e si fermarono in un motel per andare in bagno. La vista di una “coppia” composta da una donna bianca ed un uomo nero sconvolse i presenti e il tutto degenerò in una rissa. Sul posto subentrò la polizia locale che trovò della marijuana nella macchina di Monk.

In quella circostanza Pannonica, ritenendo che Monk sarebbe stato troppo debole per poter sopravvivere in prigione, si assunse tutta la colpa, rischiando così 10 anni di carcere e la conseguente espulsione dagli Stati Uniti.

Fortunatamente in quella circostanza il loro avvocato mediante un cavillo burocratico riuscì a scongiurare il pericolo, quindi Pannonica dopo alcune notti in cella fu liberata. Con l’avanzare degli anni la condizione di salute psicofisica di Monk peggiorò ma la mecenate britannica, dopo anni e anni passati all’interno di suite di hotel, ebbe in omaggio dal fratello una enorme abitazione all’interno della quale si trasferì col jazzista. Si dice che al momento del funerale di Thelonious le due donne della sua vita (la moglie e Pannonica) fossero sedute una di fianco all’altra e che ricevettero le stesse condoglianze.

Nell’arco della sua vita la mecenate ebbe gli omaggi artistici di tantissimi jazzisti che lei sostenne e che le dedicarono un brano. Ovviamente, quello che sicuramente risuonava nelle sue orecchie prima di morire però sarà stato “Pannonica” di Thelonious Monk.

 

Fonte Immagine: wsj.com

A proposito di Adriano Tranchino

Studente di Ingegneria Chimica di 24 anni

Vedi tutti gli articoli di Adriano Tranchino

Commenta