Vicenda Tenco: No, Luigi non amava giocare con le pistole

Vicenda Tenco: No, Luigi non amava giocare con le pistole

Luigi Tenco, proprio su questo palco, giocando con una pistola andò incontro alla morte

È in questo modo che la giornalista e conduttrice televisiva Barbara Palombelli ha descritto l’episodio della morte di Tenco nel suo monologo del 5 marzo sul palco dell’Ariston.

Il suo intervento avrebbe dovuto rappresentare un’ode al femminismo, un invito all’autoaffermazione, un’apologia di indipendenza.

Il tutto si è invece miseramente tradotto in un’autoreferenziale biografia realizzata incollando pezzi di storia tra loro totalmente slegati, come nemmeno il Christopher Nolan di Memento sarebbe mai riuscito a fare.

Il collante utilizzato sono stati i vecchi brani di Sanremo, adattati al contesto in un modo che nel gergo giovanile verrebbe inevitabilmente additato come cringe.

Infatti era quasi palpabile l’imbarazzo generale nel far emergere forzatamente brani che in maniera quasi impercettibile si ricollegavano al discorso.

La forzatura che aleggiava attorno a queste randomiche inserzioni musicali ha, purtroppo, contraddistinto anche la descrizione dell’episodio della morte di Tenco, inserito nella narrazione a fine utilitaristico col solo scopo di lanciare l’ennesima pillola di autoreferenzialità.

L’episodio in sé non ha alterato la vita della Palombelli, né era minimamente ricollegabile al tema del femminismo (sempre se è possibile trovare un tema in un puzzle di ricordi dati in pasto al pubblico).

Quindi la prima vera domanda sarebbe: era necessario parlarne?

La frase utilizzata per far riferimento a quell’episodio è quasi agghiacciante: “giocando con una pistola andò incontro alla morte”.

In mezzo secondo è stata inutilmente umiliata la famiglia Tenco che, con immensa dignità, ha risposto al triste commento in una lettera poco dopo l’intervento.

Signora Barbara Palombelli,

diversi telespettatori ci hanno segnalato il suo monologo di venerdì 5 marzo u.s., andato in onda su Rai1 all’interno del Festival di Sanremo, attraverso cui ha diffuso notizie improbabili sulla vita di Luigi Tenco.

Quindi, portati a vedere un’altra volta un programma che non ci entusiasma proprio perché rappresenta una manifestazione i cui rumors giornalistici pilotati del 1967 non si fecero scrupoli a relegare l’umanità di Luigi Tenco nell’ingiusta etichetta del ragazzo depresso, condizionando persino le sue numerose opere musicali per diversi decenni, con profonda amarezza abbiamo constatato quanto ancora perduri un certo tipo di superficialità giornalistica.

Le sue parole, passando per il racconto diseducativo di una sua bravata adolescenziale, sono risultate come una forzatura per arrivare a parlare in modo inopportuno di Luigi Tenco: “pensate che Luigi Tenco proprio qui (al Festival) giocando con una pistola ha trovato la morte”.

A ciò si aggiunga il fatto che questa ed altre sue gravi affermazioni sarebbero frutto di un’intervista con Gino Paoli che, come è noto a tutti e diversamente da Luigi Tenco, ha certamente cercato la morte per suicidio ma senza riuscirci (fortunatamente).

Questo chiacchiericcio, pregno di ignoranza sull’argomento da una parte e di incoerenza dall’altra parte, non rende merito alla categoria dei giornalisti a cui apparterrebbe e nemmeno al servizio televisivo pubblico che ha deciso di farla esibire su Rai1, ma soprattutto non può essere considerato un criterio onesto alla base di affermazioni lesive come quelle che ha fatto nel suo show del 5 marzo davanti a milioni di telespettatori dove, oltre a diffondere notizie false, ha banalizzato un fatto grave come quello che accadde a Luigi Tenco.

Voglia, dunque, accettare il nostro totale fastidio e rifiuto al Suo “grandissimo abbraccio a Luigi” che ci è sembrato strumentale e irrispettoso dei valori umani ed artistici del nostro amato Luigi. Famiglia Tenco 

In seguito alla pubblicazione della lettera è arrivata la risposta della giornalista, la quale ha voluto precisare come la frase in questione fosse un estratto di una sua intervista a Gino Paoli.

Nella vicenda resta a questo punto ignoto il motivo che ha spinto la Palombelli ad inserire in un contesto decisamente poco calzante questo estratto di una vecchia intervista.

Il suicidio di Tenco ha segnato drammaticamente non solo la famiglia e gli amici del cantautore, ma anche tutte quelle persone che erano riuscite ad immedesimarsi perfettamente nella profondità dei suoi testi. 

Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io tu e le rose” in finale e ad una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.

Furono queste le sue ultime parole e da sempre in molti si sono chiesti come fosse possibile arrivare fino a questo punto;  come si possa, spinti da un romantico ardore, estremizzare in questo modo una protesta contro la commissione sanremese.

Fin quando però sulla vicenda vi saranno più interrogativi che certezze c’è una ed una sola via che garantisce il rispetto del cantautore e della sua famiglia: il silenzio.

Dunque l’obiettivo per il futuro, dato che si è palesemente usciti fuori corsia, è di ritornare sulla retta via. Con la speranza, stavolta, di rimanerci.

 

Fonte immagine: agi.it

A proposito di Adriano Tranchino

Studente di Ingegneria Chimica di 24 anni

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