Sanremo 2021 in pillole: le canzoni in gara

Sanremo 2021 è senza pubblico, con ventisei eterogenei cantanti: un pendolo che oscilla tra gli over 50 che non conoscono metà dei big in gara e gli under 30 che finalmente conoscono più della metà dei big in gara.

Ascoltate sul palco tutte le canzoni della 71esima edizione della kermesse ligure, ecco un riassunto di ciò che occhi e orecchie hanno visto e udito nelle scorse due serate di Festival.

Arisa, Potevi fare di più: l’identità di Arisa è ancora un punto interrogativo, nonostante sia un’interprete che naviga le acque della musica italiana da tempo. Dopo La Notte, gli altri brani portati in gara non reggono il confronto. E così accade anche per Potevi fare di più: una voce potentissima, per un brano che non la valorizza, a partire dalla scelta della tonalità.

Colapesce Di Martino, Musica Leggerissima: la valigia sul letto quella di un lungo viaggio… ah no?

Aiello, Ora: bella l’intenzione, soprattutto l’inquadratura pop che Aiello riesce a dare ai suoi brani. Il live è un vero disastro; sarà anche un drago nel letto, ma sul palco Aiello “anche meno!”

Michielin-Fedez, Chiamami per nome: lei direttamente dalla serie Netflix “La regina degli scacchi”, lui irrigidito dalla vita come pater familias. Troppe ripetizioni di testo e ridondanze armoniche, eppure avrà vita fuori dall’Ariston.

Max Gazzè, Il farmacista: a stento si comprendono le parole di Silente, che a fine song mostra in realtà essere un Leonardo Da Vinci pronto a fare gol in Nazionale. 

Noemi, Glicine: Dardust ingentilisce la voce di Noemi supportandola con una produzione elegante e contemporanea. Qualche ingenuità di testo rende il brano meno accattivante. Glicine è però un’ottima sintesi del pop italiano di cui l’Italia va fiera. Inaspettato.

Madame, Voce: “Dove sei finita voce?” Canta Madame in uno dei suoi primi live, a piedi scalzi, con un guanto alla Michael Jackson, in grado di cavalcare un palco così potente senza esser mai saliti davvero su di un palco. Il testo e l’interpretazione racchiudono un’inquietudine imponente, talmente palpabile che resta addosso quasi fosse la propria.

Maneskin, Zitti e buoni: Franz Ferdinand e altri riferimenti al genere. Sì. Damiano è un animale da palcoscenico, gli altri componenti della band gli stanno dietro, al passo. C’è anche della stoffa e sembra la stiano coltivando con grande cura.

Ghemon, Momento perfetto: entra in scena. Ma è proprio lui? Sì, ora però canta in maggiore, il suo momento perfetto, che ha un arrangiamento estremamente forte ed una musicalità funk, soul, r’n’b degna di nota. Il live non è altrettanto perfetto però.

Coma_Cose, Fiamme negli occhi: performance tenera, timida, vera. La linea stilistica è sempre molto percepibile e la sincerità comunicata sul palco premia, forse non al primo ascolto. Ma di sicuro premierà poi.

Annalisa, Dieci: dieci anni fa ad Amici, Annalisa era una ragazza timidissima con la frangetta rossa. Oggi canta le “dieci ultime volte”, che alla fine ultime non sono mai e sembra sempre manchi qualcosa alle sue canzoni. La voce però è indubbiamente una voce.

Francesco Renga, Quando trovo te: la svolta dardustiana non è un’arma vincente. Perché cambiare e volersi a tutti i costi modernizzare?

Fasma, Parlami: in radio, la riascolteremo tutti, molte volte, in radio.

Orietta Berti, Quando ti sei innamorato: fuori classe, fuori campionato. Peccato per la canzone, anche se fosse stata presentata 40 anni fa non avrebbe brillato.

Bugo, E invece sì: poteva entrare urlando “dov’è Morgan?” E invece no.

Gaia, Cuore Amaro: l’anno scorso era toccato ad Elettra Lamborghini il ritmo latino, quest’anno è il turno di Gaia, ma senza farsi ingannare… la canzone è lo spaccato di un cuore autobiografico, che ha retto molte sconfitte prima di arrivare sul Palco dell’Ariston ed oggi canta preservando l’identità di un’artista che sta costruendo una carriera coerente con ciò che piace prima di tutto a lei.

Lo stato sociale, Combat Pop: ama definirsi collettivo e porta sul palco di Sanremo 2021 un mercato trasformista, leggero, performativo. Il titolo della canzone in gara ricorda i Clash, ma stavolta il Combat non è Rock, bensì Pop e di pop si parla nel testo, focalizzandosi sulla piega/piaga musicale che l’Italia vive da sempre. Se l’anno scorso la domanda fatidica è stata “dov’è Bugo?”, quest’anno, non c’è dubbio, il rinvio è palese: “dov’è Lodo?”.

La rappresentante di lista, Amare: lo zampino di Dardust, la voce cristallina e intonata di Veronica, il glam fucsia fluo: un gruppo, un’entità, un’identità. Amare è una buona canzone per la consacrazione de La Rappresentante di Lista al grande pubblico di Sanremo 2021. In fondo: “Amare senza avere tanto, Urlare dopo avere pianto, È come l’aria che non finirà, Ogni volta che stai bene, Come l’aria che non finirà, Ogni volta che stai male” è solo la punta dell’iceberg di un gruppo che può far tremare i ghiacciai, per potenza e originalità.

Malika Ayane, Ti piaci così: alla lettura del testo, gli echi di “Fatti bella per te” della Turci si erano fatti sentire, non nella sostanza, bensì nell’intenzione. Malika però entra in scena, muove le mani come fossero rami di alberi, canta col suo timbro e le sue vocali, arriva immediata nell’esecuzione e sembra che il pop fatto bene esista e si faccia proprio così.

Extraliscio e Davide Toffolo, Bianca luce nera: molti si chiedono chi siano, altrettanti come mai si ritrovino insieme sul palco dell’Ariston. Fatto sta che tra gli addetti ai lavori, gli Extraliscio e Davide Toffolo erano dati per spacciati, invece propongono musica suonata bene bene, cantata come si deve. Peccato sia fruita da poche poche persone però.

Ermal Meta, Un milione di cose da dirti: lui è sanremese, mette d’accordo un po’ tutti. Scrive poi un verso poetico, comprende il guizzo d’artista e decide di ripeterlo anaforicamente: “avrai il mio cuore a sonagli per i tuoi occhi a fanale”. Un bel colpo, talmente d’effetto da farlo arrivare primo in classifica per la giuria demoscopica.

Random, Torno a te: cantava “sono un bravo ragazzo un po’ fuori di testa”, era un ragazzo del 2021. Entra a Sanremo 2021, parte l’intro di piano e sembra che quel briciolo di rap sia svanito nel nulla, lasciando un ragazzo che canta una ballad fuori dalla propria confort zone, lontana dalla sua identità. Random, è questo il prezzo da pagare per cavalcare il palco di Sanremo 2021?

Fulminacci, Santa Marinella: un giorno, una cantante disse che sarebbe tornato in auge il cantautorato voce e chitarra, strutturato da parole semplici che incastrandosi diventano pregne di significato. Fulminacci è un bel ricordo del cantautorato d’autore, la sua presenza al Festival sembra quasi presagire le parole di quella cantante lì.

Willie Peyote, Mai dire mai (La locura): l’intro è una citazione di Boris, il resto è un’invettiva sociale, nuda e cruda, l’unica di questa edizione del Festival. Fotografia dello spaccato musicale, economico, culturale dell’Italia, Mai dire mai è la critica necessaria al Bel Paese, che come sempre la farà entrare da un orecchio ed uscire dall’altro.

Gio Evan, Arnica: qualcuno lo definisce poeta, qualcuno lo definisce una buona alternativa a Fabio Volo per le didascalie dei post di instagram. L’arnica è una pianta perenne che cresce sui prati di montagna, con effetti curativi, così come curativa è la musica. Arnica, un bel titolo per un brano, che di bello ha solo il titolo.

Irama, La genesi del tuo colore: ripescata la prova generale, Irama continua la sua corsa a Sanremo, in DAD. Dopo anni di rodaggio con le hit estive, Irama porta sul palco dell’Ariston un brano pop. L’ennesimo?

[Fonte foto Wikipedia]

A proposito di Alessandra Nazzaro

Nata e cresciuta a Napoli, classe 1996, sotto il segno dei Gemelli. Cantautrice, in arte Lena A., appassionata di musica, cinema e teatro. Studia Filologia Moderna all'Università Federico II di Napoli.

Vedi tutti gli articoli di Alessandra Nazzaro

Commenta