Martedì 24 Maggio al Teatro Augusteo, Enrico Montesano, attore cinematografico, teatrale, cantante, ha presentato il suo libro “Confesso: Vita semiseria di un comico malinconico”, che ripercorre in tutte le fasi della sua vita, la sua comicità profonda o la sua profondità giocosa.
“Questo libro è un pretesto. La mia vita è un pretesto. Non mi piace il termine autobiografia. Io volevo scrivere un libro che sorprendesse. Parto dalla mia vita, ma la mia vita è pretesto per scrivere di tutto ciò che mi passa per la testa, ciò che mi piace, le mie passioni, l’arte, la musica,, le cose che mi fanno ridere, le cose che mi infastidiscono. Tutto sotto il segno dell’ironia. Non mi prendo mai sul serio, ma sempre col sorriso.”
Enrico Montesano conosce bene i meccanismi attraverso cui si produce nello spettatore una risata, una sorpresa, sa come commuovere, come sorprendere lo spettatore (in questo caso il lettore).
Enrico Montesano: Confesso, edizioni Piemme
Si ha con questo libro l’impressione che il “personaggio” Montesano, quello che abbiamo conosciuto per anni attraverso la televisione, la radio o il cinema, esca da quella stessa tv, superi le barriere dei media e venga a parlarci direttamente, ad affidarci i suoi ricordi. Ricordi che hanno una vena ironica e allo stesso tempo malinconica e che si rivelano poi essere ricordi universali di tutti noi, italiani. Uomini semplici che credono nei valori autentici, ricordi della storia della nostra tradizione e della nostra cultura.
Come se, ripercorrendo la storia di Montesano e la sua carriera, potessimo ripercorrere la storia della televisione tutta, della nostra tradizione, della nostra nazione, mettendoci dentro anche i nostri ricordi personali.
Si ha davvero l’impressione di chiacchierare con lui, intimamente, anche per la varietà di temi tra cui spazia, come in una fitta conversazione amichevole.
Tra le cose cui riflette c’è ad esempio l’evoluzione della nostra lingua italiana, oggi sempre più contaminata da parole inglesi, spesso assolutamente non necessarie, perché lo stesso concetto potrebbe essere comunicato in maniera ancora più pulita, servendosi dei nostri idiomi, la difesa invece del dialetto come patrimonio identitario e dunque difesa della nostra lingua e dei nostri valori.
Il rapporto con Napoli, di un Montesano che si dice parte romano e parte partenopeo.
“Roma è la mia città madre, perché è la città in cui sono nato. Quando recito a teatro a Roma e faccio il pienone è perché è la mia città madre. Poi, quando facevo il pieno a Roma, mi dicevano Adesso devi andare a Milano. Perché per un romano, Milano è sempre difficile, è la che si decreta il successo. Poi toccava a Napoli, che è la mia città zia, perché è ricca e fantasmagorica, piena di fantasia, piena di vita, una città da studiare. Ed è la più difficile, perché i napoletani non ridono mai per lo straniero. Sono già tutti attori di per sé, ridono già di e per se stessi. Sono diventato napoletano partenopeo quando mi sono napoletanizzato. E adesso mi piace stare qui. Mi dispiace quando vado via. Perché a Napoli, più ci vieni e più sai che c’è da studiare, da scoprire. Perché le cose che sono qui, sono solo qui. E in nessuna altra parte del mondo.”
E ancora, temi più delicati. Il tema della guerra, il fascismo, il rapporto con la famiglia.
Il tema di Dio, di un Montesano che ha letto tutti i Vangeli, anche quelli apocrifi. Il rapporto con la politica o con la tecnologia.
Tra tutti questi temi, l’idea di base è sempre quella di affrontare tutto con leggerezza e piacevolezza. Montesano non prende posizioni, ma registra, ripercorre ciò che accade o è accaduto. Questo fa sentire profondamente, in questo libro, che Montesano è uno di noi. Chiacchiera con il suo pubblico e condivide con esso le sue sensazioni.