Neotto e Bigal al Wespace | Mimesis: bipersonale pittorica

Neotto e Bigal - Mimesis

Dal 27 gennaio al 1 febbraio gli artisti Neotto e Bigal hanno allestito una mostra pittorica bipersonale al WeSpace (Galleria d’arte in Vico del Vasto, Chiaja).

Nicola Russo, in arte Neotto, nasce a Catellammare di Stabia nel 1949. Vive dal 1970 a Boscotrecase (NA), paese vesuviano nel quale la delicatezza della poesia, del mito e dell’arte si incontrano con la durezza della materia, in particolare della pietra, del legno e del marmo (tutti materiali di lavoro per le sculture di Neotto). Dal 1971 comincia le sue esposizioni in mostre individuali e collettive, tra le ultime si ricorda nel 2011 “TOTEM senza TABU”, presso la Facoltà di Architettura dell’Università Federico II di Napoli (progetto nato in collaborazione con Bigal).

Biagio Gallo, in arte Bigal, è anche lui pittore e scultore. Nato a Torre Annunziata, vive a Boscotrecase, dove lavora e svolge la sua attività di artista. Inizia a dipingere sin da giovanissimo, nutrendo una forte passione per l’espressione pittorica, per poi avvicinarsi più tardi a quella scultorea, realizzando lavori in ferro, tufo, legno, marmo e pietra lavica. Una delle sue più recenti esposizioni collettive è stata “Civiltà dell’empatia”, nella Sala delle Carceri di Castel dell’Ovo.

Quando l’arte si trasforma in esigenza: Neotto e Bigal, due artisti complementari, identità sognanti prima ancora che pittori, sentono l’urgenza interna di rappresentare

Neotto e Bigal sono due artisti vesuviani, che quasi coabitano artisticamente e fisicamente due Atelier, situati l’uno non molto distante dall’altro, nella località di Boscotrecase, proprio ai piedi del Vesuvio. Sono accumunati da un amore profondo e autentico per il fare artistico, che riflette le loro origini e la loro formazione: entrambi vesuviani, astratti e materialisti, entrambi pittori e scultori autodidatti. L’uno è legato alla terra e al fuoco (Neotto), l’altro fluttua nel suo mondo acquatico, in un rapporto familiare con il mare e la pesca, ricordi d’infanzia.

Sono attivi culturalmente nel paese in cui risiedono, e si occupano di collaborare con altri artisti dell’area vesuviana: Bigal è, infatti, fondatore dell’associazione Vesuvio creativo, che raduna diversi artisti operativi nel loro territorio. La mostra Mimesis nasce, appunto, dal desiderio di comunicare la propria identità, che vive a metà tra il passato e il presente: nel caso specifico di Bigal, è molto evidente il cordone mai reciso con il sé-bambino, il legame con il padre pescatore, la biologia marina tradotta nella fisionomia di sogno e  ricordo, che caratterizza i volti dei suoi ritratti.

Bigal ci racconta, in un’intervista, che da ragazzo se ne andava in giro a dipingere un albero, una chiesa, che era attratto, come lo è ancora, dalle piccole cose, dalle espressioni minimali e semplici della vita. Il suo è un fare sincero, un naturale adoperarsi, prendendo il pennello o lo scalpello per incidere sulla tela lo stesso segno che porta nel cuore, per dar forma a un’innocenza gioiosa e melanconica.

Guardando le sue opere si ha l’impressione di trovare un rifugio sicuro nel caldo di una culla abbandonata per caso su un bagnasciuga, ma anche di tuffarsi in acqua, di ricongiungersi con la creazione, con la natura nella sua espressione più incontaminata.

Bigal è collodiano, la sua anima è intrinsecamente fiabesca, bambina, eppure matura abbastanza da delineare le caratteristiche fondamentali di una personalissima identità artistica.

Neotto sembra, invece, trasporre nelle sue opere il segno di una resistenza, di una lotta tra ciò che si è perduto, o che si è stati costretti a lasciar andare, e ciò che rimane, che persiste robusto e solido, come il Vesuvio. Brucia, come il fuoco (elemento onnipresente), l’ansia di creare, di amare, di farsi riconoscere. I suoi quadri sono caratterizzati da colori accesi e caldi, con la violenza del rosso che pare schizzare fuori dalla tela, rabbioso e docile, al contempo.

Tra i temi vi è poi anche l’attesa, la pazienza di chi si sa aspettare la donna che ama, di chi ha imparato a stare e non a fuggire dai propri tormenti, come dalle condizioni problematiche che minacciano da sempre la propria terra d’origine. Rimanere significa imparare a trarre fuori la bellezza dalle rovine, dalla precarietà, fermare il tempo in un quadro, catturare la meraviglia del circostante e fissarla per sempre in una cornice, l’attimo prima che esploda e svanisca, dipingere un vulcano (interno – in senso figurato – ed esterno), un secondo prima che erutti e che porti alla distruzione.

Tra i quadri di Neotto colpisce uno dal titolo Nessuno potrà mai imprigionare i miei pensieri!, con un messaggio chiaro e diretto, nel quale a trovarsi dietro le sbarre è, però, un braccio con tutta la mano, come se l’artista volesse comunicare che i suoi pensieri vengono da lui espressi per mezzo della creazione artistica.

Tra i soggetti di Bigal suscitano curiosità i pesci, le farfalle, i cavalli, che sono in realtà cavallucci marini o a dondolo, come quelli con cui si giocava da bambini. La natura è presente come Eden primordiale, come purezza dei giochi dell’infanzia, del pensiero gaio e indisturbato dai mali del mondo, dalle disillusioni della vita d’adulto.

I volti di Bigal hanno tratti semplici, un naso e una bocca che paiono segni appena tracciati a matita, ma occhi enormi e blu, lo sguardo profondissimo di un uomo che sogna da sveglio. Dall’altro lato della galleria, invece, i quadri di Neotto ci rivelano una personalità ipervedente, che riesce a scorgere, e a riprodurre le Scie….tra le mura vesuviane, e resta abbagliato da un luccichio miracoloso, che intravede nel bagliore di un fuoco magmatico e minaccioso.

Semplicità e sincerità sono connaturate alle loro opere d’arte, non ci sono manierismi, anzi, il flusso creativo tende a spezzare la geometria della cornice, in un sordo slancio di resistenza rispetto alla banalità e alla conformità di pensiero e giudizio che caratterizza i loro conterranei.

Il loro inferno si scatena dalla bocca del Vesuvio, è un inferno quotidiano, tuttavia, Neotto e Bigal hanno scelto la via del Paradiso: l’arte è, per i due creativi, un Eden protetto e pieno di speranze.

Contribuiamo a quest’ascesi, a questa eruzione di bellezza, partecipiamo alle loro mostre.

A proposito di Chiara Aloia

Chiara Aloia nasce a Formia nel 1999. Laureata in Lettere moderne presso l'università Federico II di Napoli, è attualmente studentessa di Filologia moderna. Si nutre di libri e poesia. I viaggi più interessanti li fa davanti al grande schermo.

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