Durante il Festival della Cucina Partenopea, tenutosi ad Ischia dal 12 al 14 maggio, sono stati due gli ospiti d’eccezione: lo chef pluripremiato Nino Di Costanzo e il Professore Emerito ed astrofisico Massimo Capaccioli.
Di Costanzo: l’uomo sotto il cappello da chef
Lo chef stellato Nino Di Costanzo si è esibito in una dimostrazione culinaria, dando sfoggio della propria bravura dinanzi gli occhi sbalorditi dei presenti.
Col capo chino nel piatto e alta concentrazione ha disposto i diversi ingredienti, saggiando di tanto in tanto il risultato con lo sguardo. Con precisione chirurgica ha creato un’opera d’arte culinaria, dando ai diversi accostamenti di sapori, forma e colore anche un ricercato significato concettuale. Lo si vedeva dietro il bancone, perfettamente ordinato, armeggiare con le dita, con i cucchiaini, con i contagocce e delle piccole pinze. Ogni tanto allungava la mano per afferrare qualche fogliolina, presa direttamente dalle due piantine che aveva portato con sé e a cui, fino a poco prima della performance, aveva dedicato tutta la sua attenzione.
Mentre spiegava ai presenti le caratteristiche del suo piatto, cucinava con lo sguardo assente, con gli occhi di chi mira altrove: quelli che hanno gli scultori quando scolpiscono, i poeti quando scrivono, ovvero quelli di chi produce arte – in questo caso culinaria.
Un uomo semplice, il cui amore per la cucina è nato da piccolo, come racconta durante un’intervista rilasciata a questo giornale: «Io ho avuto la fortuna di fare un lavoro che è tutto fuorché un lavoro: è una passione. La molla è scattata grazie a mia nonna e mia mamma, che in cucina si divertivano come matte lavorando tantissimo».
Quindi a 11 anni già sapeva che questa sarebbe stata la sua strada e sin dai 16 ha cominciato a viaggiare all’estero per studiare e fare esperienza. Ritiene sia fondamentale per uno chef ricercare sempre nuovi ingredienti e nuovi sapori, così tutt’ora viaggia molto. Per la sua attività ha puntato all’Italia, nonostante sia un posto molto difficile dove farla prosperare, «perché la cosa più vigliacca da fare è lasciare il proprio paese e tante volte parlarne male. Io mi sento molto attaccato all’Italia […] soprattutto a Ischia e al sud e quindi ho scelto la via più difficile ma sono fiero di averlo fatto».
Il cielo con l’astrofisico Capaccioli
La disquisizione sulla volta celeste tenuta dall’astrofisico e Professore Emerito Massimo Capaccioli è avvenuta di sera, in terrazza, in un’atmosfera rilassata grazie all’accompagnamento al pianoforte e al precedente light dinner.
La sua presenza in un festival dedicato all’enogastronomia poteva sembrare ad uno sguardo veloce e superficiale fuorviante, se non inadeguata. Invece il Professore si è fatto portavoce del magma che ribolle sotto la superficie, del sangue che dà vita a tutti i diversi organi: l’Arte. Ha mostrato il cielo da una prospettiva diversa e tutti i presenti lo hanno ammirato come se lo avessero veramente guardato per la prima volta. Il cielo è negli occhi dell’uomo, è parte di lui, e in quest’ottica è creato dal suo sguardo, come ogni forma d’arte, come era successo la mattina dello stesso giorno con lo chef e i suoi piatti.
Queste le parole dell’emerito Astrofisico durante l’intervista rilasciata ad Eroica Fenice: «Noi siamo una particella del cosmo quindi siamo spettatori di una commedia gigantesca […] e guardiamo il cosmo. Lo possiamo guardare in tanti modi […] si presta in quanto tale a rappresentare dentro di noi tutte quelle emozioni che ha uno spettatore». L’uomo «si esprime in altre forme, si esprime per esempio in pittura, in scultura o in letteratura» e considerando che «il cielo non è né bello né brutto, è quello che è» e fa quel che deve, allora «il cosmo, visto in questo modo, è solo una delle espressioni di questo attore unico che è l’uomo».
Come spiegava l’Astrofisico, esistono infinite culture, tra cui quella culinaria, e allo stesso tempo in realtà non ne esiste nessuna, perché quando lo scienziato smette di fare ricerca e il cuoco di cucinare, resta solo l’uomo che mangia e beve, ammira e legge, si innamora. In ultima analisi esistono tante Arti, ma fanno riferimento unicamente all’uomo: «l’attore è sempre uno».
L’uomo e la sua arte
L’anello di congiunzione tra la cultura culinaria e quella scientifica è quanto di “umano” c’è in quello che si fa e la felicità che ne consegue. Si può trovare il senso della vita in un piatto dal sapore unico così come in un cielo stellato. L’uomo è un essere davvero piccolo e la sua vita è fugace, ma guardando il mondo attraverso la propria finitezza può creare arte e farsi gigante e immortale.
Quando ci si sentirà sommersi dalle preoccupazioni, basterà alzare lo sguardo al cielo con le stelle sparpagliate nella notte e cercare se stessi nel loro bagliore. Il potente spettacolo continua, e con esso la capacità dell’uomo di creare arte dal nulla.