La politica estera di Augusto, caratteristiche

La politica estera di Augusto fu caratterizzata da una combinazione di diplomazia e forza

In questo articolo prenderemo in considerazione gli elementi principali della politica estera di Augusto. Augusto sapeva bene che il sistema più logico per il mantenimento della pace era una continua espansione dell’impero romano o comunque il proseguimento della politica di conquista di Giulio Cesare. D’altra parte, l’idea che i Romani avevano della pace si realizzava esclusivamente con la conquista militare di tutti i popoli che potevano godere della pace una volta entrati a far parte dell’impero universale di Roma considerato erede di quello di Alessandro Magno. Tale concetto, che era stato alla base delle grandi conquiste passate, era uno dei punti di riferimento della politica estera di Augusto.

La politica estera di Augusto: diplomazia contro i Parti

Nei confronti del potente stato iranico dei Parti ad Oriente, la politica di Augusto fu principalmente basata sulla diplomazia. Lo scopo principale di tale politica estera era quello di contenere la pressione dei Parti sulle province orientali costituendo una ramificazione di stati vassalli che potessero assicurare a Roma la presenza di zone cuscinetto tra i due imperi. In questo sottile e difficile gioco diplomatico, Augusto riuscì a ottenere non solo una situazione di pace temporanea ma addirittura la restituzione delle insegne che i Parti avevano strappato ai soldati di Crasso nella tragica battaglia di Carre. In ogni caso, i Parti rappresentarono per due secoli la spina nel fianco di Roma in Oriente.

Nei regni confinanti con le province dell’Asia minore come la Tracia, il Bosforo e la Cappadocia, furono insediati sovrani che consideravano alleati di Roma. La Galazia, nel centro dell’Asia minore, divenne una provincia romana nel 25 a.C. Gli altri piccoli stati dell’Asia minore erano completamente sotto il controllo dell’impero romano. Dopo la morte del re alleato Erode, la Giudea cominciò a manifestare il proprio malcontento, e pertanto i Romani furono costretti a controllare con maggiore attenzione il territorio della Giudea. Passiamo ora alla politica estera di Augusto per quanto concerne le espansioni,

Le conquiste territoriali di Augusto: dalla penisola iberica alla Germania

In Occidente, venne completata la conquista dell’intera penisola iberica, compreso il versante nord-occidentale, mentre nella zona delle Alpi, Augusto concluse un trattato con Cozio, re dei celto liguri che abitavano l’arco alpino. Con tale trattato, tutte le popolazioni delle Alpi entrarono a far parte dell’impero romano. Tra le popolazioni sottomesse vi erano i Salassi, che abitavano la Valle d’Aosta, i liguri nelle Alpi marittime e i Camuni in Val Camonica. Queste conquiste, completate tra il 25 e il 14 a.C., furono importanti per la sicurezza dell’Italia. In queste regioni, Roma mise in atto una colonizzazione su larga scala.

Tiberio e Drusio Maggiore, tra il 16 e il 15 a.C., completarono la conquista dell’intero arco alpino, spostando i confini dell’impero romano fino al corso del Danubio. Di conseguenza, vennero occupate la Rezia e il Norico, corrispondenti più o meno alle attuali Svizzera e Austria. Sempre Tiberio, uno dei più valorosi generali del suo tempo, tra il 12 e il 9 a.C. conquistò la Pannonia, che corrispondeva all’odierna Ungheria occidentale. Più tardi, anche la Mesia a sud dell’ultimo tratto del Danubio entrò a far parte dell’impero romano. A sua volta, Drusio Maggiore nello stesso arco temporale intraprese un’importante spedizione militare che aveva lo scopo di estendere i confini dell’impero romano fino al corso dell’Elba. Un serio problema era rappresentato dalle scorrerie delle libere tribù germaniche che non si erano mai placate nonostante le due sconfitte subite da Cesare. Comunque sia, Drusio Maggiore tra l’Elba e il fiume Reno creò la provincia di Germania, ma nel 9 d.C. una ribellione di tribù germaniche renane comandate da Arminio costituì una delle pagine più nere della lunga storia di Roma.

Arminio della tribù dei Cherusci, come altri capi germanici, entrò a servizio dell’impero romano combattendo nell’esercito imperiale come comandante di un distaccamento ausiliario di Cherusci. Arminio combatté con grande valore nell’esercito romano, cosicché ricevette la cittadinanza romana e anche il rango di cavaliere. I Romani stavano preparando una grande spedizione per sottomettere anche le tribù della Germania Orientale. L’avversario più pericoloso dei Romani era Maroboduo, il re dei Marcomanni. Tuttavia, gli sforzi dei Romani per raggiungere tale obiettivo furono vanificati negli anni 6/9 d.C. dalla grande rivolta della Dalmazia e della Pannonia. Arminio, approfittando di questa situazione, essendosi reso conto della fragilità in quest’area del sistema difensivo romano, preparò di nascosto un’azione politica e militare per liberare i territori germanici dalla dominazione romana.

Dobbiamo dire che il piano di Arminio fu studiato in maniera molto accurata. In effetti, il dominio di Roma sulla Germania era diventato molto oppressivo ed ingiusto. Infatti, il nuovo governatore della Germania, Publio Quintinio Varo, agiva senza alcuna capacità politica e pertanto suscitava il malcontento delle popolazioni locali. Di conseguenza, Quintilio Varo perse gradualmente l’appoggio dell’élite germaniche. La venalità degli ufficiali e gli abusi sempre più evidenti da parte dei Romani generarono un’atmosfera molto ostile nei loro riguardi. Pertanto, Arminio e i suoi collaboratori riuscirono a coagulare intorno a sé tutto il malcontento popolare. Tutto ciò accadeva senza che i Romani ne venissero a conoscenza.

I congiurati pensarono dunque di attirare l’esercito romano in una trappola alfine di annientarlo, mettendo in questo modo fine all’occupazione romana. Arminio aveva anche un progetto politico molto più ampio: egli voleva diventare re della sua tribù e successivamente di tutta la Germania. Arminio era consapevole che senza unità politica, i germani potevano facilmente cadere di nuovo sotto il dominio romano. In ogni caso, le popolazioni germaniche accettarono di costituire una lega diretta da Arminio: a tale lega parteciparono le tribù dei Cherusci, dei Massi, dei Catti, dei Cauci e dei Sigambri.

Il complotto organizzato da Arminio riuscì in maniera perfetta. Alla fine di settembre del 9 d.C., egli convinse Varo a partire con le sue truppe per domare una presunta rivolta scoppiata nel nord della Germania. Senza sospettare niente, Varo giunse sino alla riva dell’Elba con tutto l’esercito costituito da tre legioni affiancate da tre squadroni di cavalleria e sei coorti ausiliarie, per un totale di circa 20.000 soldati. Molto gravi furono gli errori strategici commessi da Quintilio Varo, assolutamente non dotato di nessuna capacità politica e militare. Non avendo incontrato nessuna rivolta, l’esercito romano ritornò verso gli accampamenti invernali senza prendere necessarie misure di sicurezza, credendo che la regione fosse ormai pacificata. Nello stesso tempo, gli alleati germani dei romani disertarono progressivamente e, inoltre, quelli che rimasero fornirono ai romani false informazioni.

L’esercito di Varo giunse così in uno stretto passaggio tra foreste e paludi, nella grande selva di Teutoburgo, dove lo aspettava Arminio con tutte le forze dei ribelli. Arminio, inoltre, aveva anche fortificato alcune posizioni molto importanti strategicamente. Quando i romani penetrarono nella selva di Teutoburgo, vennero attaccati e massacrati in una sanguinosa battaglia durata tre giorni. La strage fu terribile, dal momento che le tre legioni furono completamente distrutte e le loro insegne furono prese dai germani. Pochissimi romani riuscirono a salvarsi, portando alle guarnigioni renane la notizia della gravissima sconfitta, che passerà alla storia come la disfatta di Varo.

La perdita di un decimo dell’intero esercito romano fu un colpo tremendo, tanto che le fonti storiche sostengono che Augusto, quando venne a conoscenza della strage di Teutoburgo, abbia esclamato: “Varo, restituiscimi le legioni!” A causa di questa disastrosa sconfitta, Roma dovette rinunciare definitivamente all’obiettivo di dominare l’intera Germania, cosicché il confine del territorio controllato dai romani si stabilizzò oltre il fiume Reno. Lo scopo delle campagne militari romane era quello di estendere l’impero romano sino a raggiungere confini naturali facilmente difendibili, come il corso dell’Elba, del Reno e del Danubio. In ogni caso, la sconfitta di Teutoburgo limitò moltissimo il raggiungimento degli obiettivi che la politica estera di Augusto si era prefissa.

La controversa figura di Augusto: tra statista e dittatore

Detto ciò, riteniamo concluso il nostro discorso sulla politica estera di tipo espansionistico voluta da Augusto. Egli si distinse come un abile diplomatico, che seppe negoziare con i popoli vicini all’impero romano e utilizzare la forza militare solo quando necessario. L’obiettivo principale della sua politica estera era quello di mantenere la pace e la stabilità all’interno dell’impero, evitando conflitti su vasta scala e cercando di creare una rete di stati vassalli che potessero garantire la sicurezza delle frontiere.

Augusto fu anche un grande riformatore, che seppe introdurre importanti modifiche istituzionali e sociali nell’impero romano, tra cui la creazione di un sistema amministrativo centralizzato, l’istituzione di nuove leggi e la promozione di iniziative culturali e artistiche. In questo modo, egli contribuì in modo significativo alla creazione di una società romana più stabile, ricca e complessa, che sarebbe stata uno dei pilastri della civiltà occidentale per molti secoli a venire.

Infine, va notato che Augusto fu un personaggio molto controverso, anche all’interno dell’impero romano. Mentre alcuni lo consideravano un grande statista e un abile governante, altri lo vedevano come un dittatore che aveva usurpato il potere e ridotto le libertà civili dei Romani. In effetti, la politica estera di Augusto fu spesso criticata da coloro che erano contrari alla sua politica di espansione territoriale, che veniva vista come una minaccia per la pace e la stabilità dell’impero.

In conclusione, la politica estera di Augusto fu caratterizzata da una combinazione di diplomazia e forza militare, che gli permise di mantenere la pace e la stabilità all’interno dell’impero romano. Mentre la sua politica di espansione territoriale fu criticata da alcuni, egli fu comunque un abile governante che contribuì in modo significativo alla creazione di una società romana più stabile, ricca e complessa.

Giovanni Pellegrino

Fonte immagine per l’articolo sulla politica estera di Augusto: pixabay

A proposito di Redazione Eroica Fenice

Vedi tutti gli articoli di Redazione Eroica Fenice

Commenta