Il 26 ottobre, la ex Chiesa di San Sebastiano del Monte dei Morti, a Salerno, diventata un hub creativo e culturale vibrante conosciuto come I Morticelli, si è trasformata in un organismo vivo e sensibile, un corpo sonoro che respirava insieme ai suoi visitatori. L’occasione era l’installazione audiovisiva conclusiva del laboratorio condotto dal filosofo e studioso Francesco Capone e dal sound designer Alessandro Capasso, un progetto di Grooves Art Gallery che ha intrecciato filosofia, tecnologia e arte sonora in un’esperienza collettiva sul tema della memoria.
La filosofia della memoria
Alla base dell’opera c’era una riflessione tanto concettuale quanto poetica: come può il suono, materia effimera e vibrante, farsi veicolo della memoria? Capone, nel talk introduttivo, ha spiegato che la memoria non è soltanto un archivio di immagini e parole, ma un’attività profondamente sonora. Essa assorbe flussi, conserva risonanze, modula ciò che è stato e lo trasforma in nuova esperienza. Citando Gilles Deleuze, il filosofo ha descritto la memoria come un campo trascendentale, ossia una pura esperienza, un istante di apertura in cui il sensibile prende forma prima ancora del linguaggio. La memoria, dunque, non si racconta: si percepisce, si ascolta, vibra.
Le tre giornate di laboratorio di Grooves Art Gallery
Questo pensiero ha guidato un laboratorio di tre giornate, in cui diversi partecipanti provenienti da ambiti e percorsi diversi hanno messo in gioco la propria soggettività per costruire insieme un sistema elettroacustico. Attraverso sensori analogici, patch sviluppate in MAX/MSP e VCV Rack, registrazioni ambientali e una scrittura scenica curata da Alessandra de Fazio, il gruppo ha dato vita a un organismo interattivo che trasformava la memoria in esperienza sonora e spaziale.
Il percorso si è sviluppato seguendo tre momenti chiave, corrispondenti a tre “modalità di identificazione” del soggetto:
La prima giornata, dedicata alla voce, ha esplorato il linguaggio come primo luogo della memoria. I partecipanti hanno registrato frammenti di racconti, parole sospese, respiri: elementi che, una volta rielaborati digitalmente, sono diventati una fonte per la realizzazione di un paesaggio sonoro condiviso;
Nella seconda giornata, l’attenzione si è spostata sugli oggetti-ricordo. Ognuno ha portato con sé un oggetto carico di valore affettivo, un piccolo feticcio” quotidiano che custodiva una storia. Attraverso microfoni a contatto e sensori, questi oggetti sono stati trasformati in fonti sonore estremamente affascinanti;

La terza giornata ha indagato il rapporto con lo spazio. I suoni raccolti e processati sono stati collocati nei diversi punti della chiesa, generando una mappa acustica. L’ambiente si è fatto corpo, la memoria ha preso posto nelle sue pieghe architettoniche, dialogando con la pietra, la luce e il respiro dei visitatori.
L’installazione finale
Durante l’installazione finale, il pubblico è stato invitato a interagire con l’opera: sfiorando sensori, camminando tra luci e suoni, ciascuno attivava nuovi frammenti di memoria. L’ex chiesa si è trasformata in uno spazio reattivo, un sistema sensibile capace di “rispondere” alla presenza umana. Tutti i partecipanti hanno avuto la possibilità di percepire di un’unione viva e concreta tra tutte le entità partecipanti all’interno della sala, il risultato è stato proprio vedere un organismo vivente nella sua interezza. Ogni gesto, ogni suono e ogni ricordo veniva registrato all’interno del campo come vibrazione che segnava e modificava il campo sonoro: il suono, oltre ad essere prodotto, diventava dunque anche sorgente.

I due autori si sono incontrati per incrociare le proprie conoscenze e la ricerca nei propri campi per produrre un’opera organica che sembra godere di vita propria. Il pubblico viene toccato istantaneamente e irrimediabilmente sin dall’inizio dall’ambiente sonoro e dall’effetto che esso produce a livello emotivo e vibrazionale. L’installazione dimostra soprattutto quanto l’umanità sia collegata non solo orizzontalmente nello spazio, ma anche sull’asse temporale della memoria collettiva a cui attingiamo e che cambiamo con le impronte delle proprie esperienze e delle proprie azioni.
Il tema della memoria è affascinante e attrae anche un pubblico non abituato a frequentare gallerie e mostre d’arte proprio per l’universalità della tematica e per la facilità della sua funzione interattiva. In conclusione, si percepisce la passione del collettivo Grooves Art Gallery e la coerenza del loro lavoro, consiglio vivamente di non perdersi le prossime iniziative che organizzeranno.
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