L’abolizione del test d’ingresso a medicina è ormai da mesi un tema molto dibattuto e controverso: fortemente voluta dal Ministro dell’Università e della ricerca, Annamaria Bernini, e dalla gran parte degli studenti che aspirano a diventare medici, è invece tassativamente disdegnata dalla CRUI, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, e contestata dall’ANDU, l’Associazione Nazionale dei Docenti Universitari.
Cosa prevede il nuovo Disegno di Legge?
L’idea di accedere liberamente alla facoltà di medicina è nata in seguito alla constatazione dell’elevata richiesta di medici nell’attuale mercato del lavoro italiano e a tal proposito la Ministra si è espressa in questi termini: «Il fabbisogno di futuri nuovi medici è di trentamila professionisti in più nei prossimi sette anni. Per soddisfarlo abbiamo già aumentato i posti disponibili per i corsi di laurea in medicina e chirurgia e veterinaria. Ma con oggi rivediamo completamente i criteri di selezione. Per il primo anno aboliamo il numero chiuso e i test d’ingresso, ma prevediamo un semestre-filtro con esami caratterizzanti, i cui risultati saranno comunque riconosciuti per percorsi formativi alternativi. In questo modo non solo investiamo nelle giuste aspirazioni dei nostri ragazzi, ma garantiamo anche una preparazione di qualità attraverso un’offerta formativa d’eccellenza».
I rischi del nuovo provvedimento
Questo nuovo disegno di legge, a cui era stato dato il via libera il 16 ottobre scorso, sembra mirare a garantire una selezione dei candidati più equa, basata sulle competenze acquisite dagli studenti nel corso del primo semestre. Tuttavia, lo stato delle cose sembra suggerirci che l’abolizione del test non sia la via giusta da percorrere per risolvere la questione, infatti, la ragione che è stata addotta da coloro i quali ritengono che abolire il test di medicina sarà un passo falso è molto pratica: eliminare il test significherebbe gestire oltre 40 mila candidati in più rispetto agli anni precedenti, il che comporterebbe la creazione di una situazione insostenibile poiché le risorse attualmente disponibili sarebbero gravemente insufficienti. Inoltre si stima che ogni anno circa 45.000 studenti rischino di essere esclusi se non superano il semestre di sbarramento, causando così un grave impatto economico su di loro e sulle loro famiglie.
La presidente della CRUI, Giovanna Iannantuoni, ha espresso un’ulteriore preoccupazione affermando che, poiché la curva dei pensionamenti è in calo, si potrebbe andare incontro a un surplus di professionisti se il numero di laureati diventerà eccessivo.
L’ANDU propone invece un metodo di selezione alternativo, più semplice e meno dispendioso per tutti: il sorteggio. Già nel 2019, quando vi era stato un tentativo di approvare un DDL sul numero chiuso “alla francese”, l’ANDU aveva espresso a gran voce i gravi rischi legati a questo metodo di selezione, citando l’esperienza negativa della Francia come monito. A partire dal 1971, infatti, l’accesso a Medicina in Francia è regolato da uno sbarramento al termine del primo anno di studi. Oggi questo metodo è considerato addirittura un «massacro generazionale», «una macelleria didattica», e anche il Presidente della Repubblica francese, Macron, lo ha definito obsoleto, ingiusto e inefficace. Ciò che propone l’ANDU è l’approvazione di un piano che superi in modo graduale il numero chiuso attraverso l’aumento progressivo degli ingressi al primo anno di Medicina, adeguando le strutture e il personale e sostituendo nel frattempo ogni selezione con il sorteggio, un sistema, peraltro, già impiegato con successo in Olanda.
I pareri di alcuni medici professionisti
Per offrire un quadro completo abbiamo raccolto, attraverso delle interviste, anche i punti di vista di alcuni medici professionisti ai quali è stato chiesto il parere riguardo il disegno di legge in questione da cui è emersa una certa uniformità di opinioni.
Di seguito la voce di un medico anestesista il cui parere è stato molto incisivo: «Sono a favore dell’abolizione del test di ingresso e contro lo sbarramento al primo semestre perché se da un lato si garantisce il diritto allo studio, dall’altro si inserisce una clausola che, allo stato attuale, renderebbe vano il provvedimento, favorendo alcuni rispetto ad altri e non solo per meriti prettamente accademici. La soluzione non è solo nella tutela alla libertà di studio, ma nel cambio totale di paradigma dell’etica del lavoro e nella riforma radicale della società capitalista. Ma questo è un altro discorso».
Un parere molto simile è stato espresso da un altro medico cardiochirurgo, il quale ha anche avuto modo, grazie all’esperienza Erasmus, di vivere in prima persona una situazione in cui il test d’ingresso non c’era e tutto funzionava alla perfezione grazie all’adeguatezza delle strutture: «Concettualmente, per un discorso di diritto allo studio, io sono contro il test di ingresso ma per l’organizzazione della facoltà di medicina e la carenza di strutture che abbiamo a disposizione, a oggi vedo il test d’ingresso come l’unico strumento utile per garantire un’università dignitosa e una minima adeguatezza ai corsi di studio; il test d’ingresso al momento mi sembra la cosa più meritocratica che ci sia. Mettere lo sbarramento, invece, penso che sia la cosa più sbagliata, per il semplice fatto che così si dà un potere estremo ai professori!»
Nonostante le molteplici e innumerevoli opposizioni da parte dell’ANDU, dei Rappresentanti degli studenti, della Rappresentante dell’Ambasciata francese in Italia e delle Organizzazioni dei medici, l’abolizione del test d’ingresso e l’introduzione del semestre-filtro sembrano essere quasi realtà. Infatti, il 27 novembre scorso questo nuovo Disegno di Legge è stato approvato dal Senato e il prossimo passo è l’esaminazione del provvedimento da parte della Camera dei Deputati.
Non resta che attendere l’esito del lavoro dei Deputati augurandoci che, qualora questo DDL venga messo in atto, le sue conseguenze non siano del tutto irreversibili.
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