10 maggio 1994: Nelson Mandela Presidente del Sudafrica

10 maggio 1994

Il 10 maggio 1994 Nelson Mandela è diventato il primo presidente non bianco del Sudafrica. Questo giorno ha segnato un evento epocale nella storia del Paese così come del mondo intero. 

La vita di Nelson Mandela fino agli anni ’50

Nelson Mandela nacque il 18 luglio 1918 nella famiglia reale di Thembu, una tribù di etnia Xhosa che viveva in una valle del Capo Orientale. Egli era soprannominato anche Madiba, e il suo nome letteralmente significa «attaccabrighe», ma comincerà ad essere chiamato «Nelson» quando frequenterà il collegio coloniale britannico di Healdtown, in cui gli insegnanti prediligevano affibbiare nomi personalmente scelti ai ragazzi sudafricani, a causa della suddetta impronunciabilità degli appellativi tribali.   

Cresciuto ascoltando le storie dei suoi antenati che avevano combattuto le guerre di resistenza, egli fece proprio questo messaggio nella volontà di essere artefice della liberazione del suo popolo. Già durante la sua gioventù si rafforzò questa spinta verso la giustizia sociale venendo espulso dall’università di legge nel 1940 per aver guidato una manifestazione studentesca insieme a Oliver Tambo che, come il primo, sarà un leader sudafricano anti-apartheid, il sistema di segregazione razziale sudafricano in vigore in quegli anni e che sarà l’origine della sua lotta, per il quale fin da subito emerse un carattere determinato e anticonformista. 

Tornato in città viene scacciato dal re, ma questo lo portò a Johannesburg dove conobbe la sua futura moglie, Walter Sisulu, la quale divenne attivista dell’African National Congress (ANC), ovvero il comitato di liberazione del Sudafrica, di cui Mandela e il sopracitato Oliver Tambo fonderanno la sezione giovanile. Lo scopo principale dell’organizzazione era ottenere parità di trattamento con la popolazione bianca, quotidianamente artefice di abusi e discriminazione verso l’altra metà, nera, che reclamava diritti e libertà propri dell’essere umano.  

L’apartheid obbligava i bianchi e tutti coloro parte di etnie diverse dalla maggioranza a vivere in aree separate, alla proibizione dei matrimoni interrazziali, al divieto di sedersi vicini o usufruire del medesimo mezzo di trasporto e tutto ciò toccava anche i bambini, che frequentavano scuole diverse e in cui persino lo sport divenne fonte di discriminazione. 

Fu così che fin da subito Mandela non solo deciderà di fondare il primo studio legale per neri, specializzato in casi antiapartheid, e quindi a difesa dei cittadini neri, lasciati ai margini e senza diritto alla difesa, ma imporrà una linea di partito molto più rigida: il «Programma d’Azione», il che ha determinato continui scioperi, episodi di disobbedienza civile, marce di protesta e manifestazioni contro il governo.  

Mandela, il futuro presidente del 10 maggio 1994, affermò di essersi ispirato a Ghandi e alle sue proteste pacifiche in India, e quindi a sostegno della non violenza come unica strada possibile per la risoluzione delle controversie. 

La polizia, al contrario, durante una protesta contro le leggi sui lasciapassare per i neri a Shaperville uccise 69 persone inermi, ferendone altrettante 180, il che portò alla proclamazione dello stato d’emergenza il 31 marzo, così come alla messa al bando sia dell’ANC che del Panafricanist Congress (PAC), che viene accusato di essere la causa di tali violenze. 

Saranno proprio questi episodi, sempre più frequenti, a portare Mandela all’arresto più di una volta: la prima nel 1952, che terminò con accusa di tradimento nel 1958, processo che si concluse con l’assoluzione; successivamente dal 1956 al 1961 con una pena da scontare di 5 anni e la cui arringa è famosa per avere la durata di 4 ore. 

Il periodo della clandestinità 

Nuovamente assolto nel 1961 Mandela entra ufficialmente in clandestinità per continuare a portare avanti la sua opera politica, e quindi organizza uno sciopero nazionale da ultimare gli ultimi giorni di marzo; quest’ultimo venne poi posticipato a causa della presenza delle forze statali di sicurezza, ma quando arrivò il momento di attuarlo ne cambiò la struttura; a giugno prevalse la decisione di condurre una vera e propria lotta armata: 

Mandela fondò il braccio armato dell’ANC: umkhonto wesizwe, ovvero la spada della nazione. Questo fu l’unico momento in cui l’ideale di pacifismo, alla base del partito, venne abbandonato. 

Mandela attua tale piano recandosi in Inghilterra per cercare sostegno armato con il nome di David Motsamayi e contemporaneamente per essere addestrato militarmente prima in Marocco e poi in Etiopia. Egli, al suo ritorno, venne arrestato con l’accusa di espatrio illegale e per incitazione dei lavoratori allo sciopero, con la pena, come accennato precedentemente, di cinque anni di carcere. La sua testimonianza fu «Ho lottato contro la discriminazione bianca e contro quella nera. Ho nutrito l’ideale di una società libera e democratica, in cui tutte le persone vivono insieme in armonia. Questo è un ideale per cui vivo e che spero di realizzare, ma se necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire 

A ottobre 1963 inizia il Processo di Rivonia, dopo che un gruppo di attivisti antiapartheid fu arrestato nella fattoria Liliesleaf, la quale divenne il luogo segreto delle riunioni dell’ANC, così come il nascondiglio di una grande quantità di armi.  

È qui che Mandela rischiò la pena di morte con l’accusa di sabotaggio; egli viene successivamente condannato a morte ed esiliato nel carcere di massima sicurezza di Robben Island per poi essere trasferito a Paarl, nove giorni dopo il ritorno alla legalità sia dell’ANC che del PAC.  

Egli, complessivamente, rimase in carcere per 18 anni, marcati da isolamento, impossibilità di avere contatti col mondo esterno e lavori forzati che lo porteranno ad ammalarsi di tubercolosi. Nonostante ciò, Mandela non accetterà mai gli accordi offerti dal governo sudafricano essendo convinto che la sua innocenza non potesse essere barattata. 

Contemporaneamente la prigionia di Mandela divenne un caso di livello internazionale, che lo rese il prigioniero politico più famoso del mondo. 

10 maggio 1994: Nelson Mandela diventa Presidente 

L’11 febbraio 1990, il governo sudafricano, sotto la guida del Presidente Frederik de Klerk, libera Mandela attraverso un’amnistia. Ciò rappresenta il risultato della politica da sempre portata avanti dall’ANC: la cooperazione non violenta tra bianchi e neri. 

Grazie alla costante lotta attorno al quale Mandela ha centrato la sua vita, egli vinse il Nobel per la pace insieme al Presidente sudafricano de Klerk e il 27 aprile 1994 vota per la prima volta. Egli è probabilmente l’uomo politico che ha ricevuto più riconoscimenti al mondo, tra cui 50 lauree ad honorem, per un totale di 250.  

La sua vita ha ispirato tutti coloro che si sentivano oppressi e privati della propria libertà. 

Il 10 maggio 1994 Nelson Mandela diventò il primo Presidente non nero democraticamente eletto del Sudafrica.  

Quel giorno, il giornale l’Unità citò: «Nelson Mandela è da ieri il primo presidente nero nella storia del Sudafrica; a Città del Capo, il Parlamento, eletto due settimane fa a suffragio universale, lo ha proclamato capo di Stato in una riunione svoltasi in un clima festoso 

Mandela al momento della vittoria, strinse la mano ai leader di tutti i partiti, compresa l’estrema destra bianca, per poi rivolgersi alla folla di circa centoventimila persone con «farò uscire il nostro paese dalla palude del razzismo» per continuare «lo abbiamo capito ora che non vi è nessuna strada facile per la libertà. Lo sappiamo bene che nessuno di noi da solo può farcela e avere successo. Il tempo per la guarigione delle ferite è venuto. Il momento di colmare gli abissi che ci dividono è venuto. Il tempo di costruire è su di noi, è il nostro tempo, la nostra ora. Siamo appena usciti dall’esperienza di una catastrofe straordinaria dell’uomo sull’uomo durata troppo a lungo, oggi qui deve nascere una società a cui tutta l’umanità guarderà e questo ci renderà orgogliosi. Abbiamo, finalmente, raggiunto la nostra emancipazione politica». 

Egli, difatti, istituì una commissione per indagare sulle violazioni dei diritti umani durante gli anni dell’apartheid, la «Commissione per la verità e la riconciliazione», avviò politiche di redistribuzione dei beni, approvò una nuova costituzione democratica, si pose l’intento di ricostruire il paese anche a partire dallo sport, che deve essere un momento per costruire le proprie passioni, non per disunire, e soprattutto, ultimò fin da subito un provvedimento: il suffragio universale. 

Nel 1999, all’età di 95 anni, Mandela si ritirò dalla vita politica, ma continuò nella lotta per la giustizia diventandone portavoce mondiale; infatti l’ONU istituì il Nelson Mandela Day il 18 luglio, ovvero il giorno del suo compleanno, allo scopo di promuovere ideali di libertà e pace nel mondo. 

Nelson Mandela morì la sera del 5 dicembre 2013 dopo un lungo periodo di malattia, ma la figlia lo ricorda così: «ha continuato a impartirci lezioni di pazienza, amore e tolleranza 

Il presidente del Consiglio comunale di Firenze, Luca Milani, in vista delle celebrazioni in ricordo del decennale della scomparsa del Presidente sudafricano, salito al potere il 10 maggio 1994, afferma: «la sua eredità morale è per noi estremamente importante perché ci dimostra che persone come Madiba e di chi, come lui, ha cambiato concretamente la vita di altre persone grazie alla volontà di migliorare le cose, può essere per tutti noi di grande ispirazione. A dieci anni dalla scomparsa di Mandela dobbiamo impegnarci – continua Milani – per migliorare il cambiamento, per trovare più coraggio, per aumentare la solidarietà nei confronti dell’altro. E questo possiamo farlo tutti, anche nel nostro piccolo. Per cambiare il mondo non servono necessariamente azioni eclatanti. Le nostre piccole azioni e le scelte quotidiane sono in grado di diventare forza dirompente. Mandela è stato espressione di un nuovo concetto, quello di ubuntu, tradotto generalmente come implicazione reciproca di diritti e doveri, ma il cui significato più profondo è: accettare l’altro per essere quello che è. I valori di Madiba – conclude il presidente del Consiglio comunale Luca Milani – sembrano appartenere a un passato molto più distante da noi; eppure, in tante parti del mondo ancora questi valori sono inimmaginabili». 

 Fonte Immagine di copertina: Pixabay

A proposito di Marianna Piroddi

Classe 1998, nata e cresciuta a Napoli. Da sempre amante della scrittura, sento di aver vissuto in più mondi: dalla musica, all’arte, fino ad arrivare al cinema, alle serie tv e ai libri. Tutti estremamente importanti per la realizzazione della mia persona, senza la quale non avrei potuto viaggiare e vivere più vite simultaneamente. Da poco laureata magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università la Sapienza di Roma.

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