19 maggio 1536. Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII d’Inghilterra, viene decapitata per tradimento

19 maggio 1536. Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII d'Inghilterra, viene decapitata per tradimento

Il 19 maggio 1536, esattamente un venerdì di 487 anni fa, Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII Tudor re d’Inghilterra, viene condotta al patibolo e giustiziata con le accuse di adulterio e alto tradimento. Un evento storico senza precedenti, in quanto prima regina inglese destinataria di condanna a morte.

Regina d’Inghilterra e Irlanda dal 1533 al 1536, nonché primo marchese di Pembroke e madre della futura grande regina Elisabetta I. Il matrimonio di Anna Bolena con Enrico VIII diviene sin subito causa di numerosi sconvolgimenti politici e religiosi, si pensi allo scisma anglicano, con la separazione tra Regno d’Inghilterra e Chiesa Cattolica.

La storia di Anna Bolena è ancora intrisa di controversie, ingiustizie, faide e sacrificio, e soprattutto una regina, una donna tra le tante, vittima del potere e dell’ambizione maschile.

Analizziamo attentamente una delle vicende storiche più chiacchierate e discusse d’Inghilterra, e non solo, soffermandoci sull’ascesa al trono della regina più amata e odiata di sempre.

Anna Bolena. L’ascesa al trono della regina cortese d’eleganza e sicurezza

Nata attorno al 1500, sin dall’infanzia Anna Bolena è preda della strumentalizzazione maschile sottesa ad ambizioni dinastiche. La famiglia di Anna infatti ambisce ad elevarsi socialmente, così che le brame paterne indirizzano precisamente l’educazione di Anna, di sua sorella Maria e del fratello George.

Un’educazione cosmopolita, unita all’incredibile fascino, che inizia a connotare Anna sin da giovane (dotata di una bella chioma scura, uno sguardo intenso e un collo elegante), insieme all’ingegno, capacità di brillare in società e talento artistico (sa cantare, suonare diversi strumenti e danzare divinamente), dedicandosi persino alla poesia, amando circondarsi di letterati, Anna esibisce una forte sicurezza di sé, una tale disinvoltura, eleganza e grazia naturale, sottese a grande ambizione e determinazione, divenendo la donna ideale per il più ambizioso e vanitoso consorte, la “sposa trofeo” per eccellenza, in grado di colmare il marito di soddisfazione.

Tra gli uomini di corte che le orbitano intorno come satelliti e pianeti, spicca il favore di Enrico VIII, che, una volta lasciata alle spalle la sua relazione con la sorella di Anna, Maria, comincia a corteggiarla spudoratamente. La presenza di Anna accanto al re diviene a poco a poco sempre meno inusuale, d’altronde la Bolena orbita lì a corte come dama di compagnia della regina Caterina d’Aragona, prima moglie di Enrico VIII.

Proprio in virtù dei frequenti incontri tra Anna ed Enrico, del suo charme e dei modi regali, con cui sembra sostituirsi alla regina Caterina, Anna comincia ad attirare su di sé le critiche di corte, duramente additata quale “prostituta del re”.

In realtà Anna Bolena è ben al di là dal crogiolarsi in tale abituale stereotipo: Anna non è l’amante del re. Malgrado le continue insistenze e lusinghe, non accetta il sovrano nel suo letto, in quanto, se avesse giocato bene le sue carte, invece di una comune e semplice amante, sarebbe potuta diventare la regina consorte d’Inghilterra.

Enrico VIII desidera, come ogni regnate, l’erede al trono, ma dal matrimonio con Caterina sopravvive solo la figlia Maria. Ormai convinto che la regina non sarebbe più stata in grado di garantirgli il sospirato erede, decide di pressare la Chiesa per ottenere l’annullamento delle nozze. Viene a crearsi così il primo scisma, con Enrico che si proclama Capo della Chiesa anglicana, e, allontanando da corte Caterina, può finalmente sposare l’amata Anna Bolena, che acconsente a giacere con il sovrano solo dietro convinzione di dover rimanere incinta per convolare a nozze.

Nel 1533 Anna Bolena ascende al trono, ma presto anche il secondo matrimonio si appresta a deludere il sovrano: la primogenita è Elisabetta, alla quale seguiranno due aborti spontanei, che creeranno profonde crepe nella coppia. Enrico comincia a credere che il suo secondo matrimonio fosse maledetto da Dio, mentre intanto comincia ad innamorarsi di Jane Seymour, dama di corte. A questo punto, Anna corre il medesimo rischio della sua antesignana: Enrico avrebbe potuto ora desiderare una terza sposa. Il tempo d’oro di Anna Bolena è inevitabilmente proteso al tramonto.

19 maggio 1536. L’arresto e il processo di Anna Bolena

La morte di Caterina d’Aragona rende la situazione di Anna Bolena ancora più precaria: durante il suo breve regno, Anna riesce ad attirare a sé parecchi nemici, e giungono in quel periodo dalla Francia delle voci circa il presunto comportamento riprovevole tenuto dalla regina in gioventù con altri uomini presso la corte francese. A tal proposito, il nuovo ministro di fiducia di Enrico, Thomas Cromwell, indaga e approfondisce la situazione con particolare premura, così da offrire al re un pretesto necessario per liberarsi anche della seconda moglie. Non aiuta poi il fatto che all’epoca le donne fossero generalmente considerate dissolute per natura! A tutto ciò si aggiunge il malcontento del popolo inglese, che continua a considerare Anna come un’usurpatrice.

Così, a partire dall’aprile 1536, Anna viene indagata per alto tradimento alla corona e per adulterio, oltre che per incesto. Il 2 maggio viene dunque arrestata e tratta nella Torre di Londra, affidata alla custodia del carceriere William Kingston.

In quegli stessi giorni, la medesima sorte tocca a coloro accusati d’essere stati amanti della regina: Lord George Bolena (fratello di Anna), Mark Smeaton (musicista di corte), il poeta Thomas Wyatt, il cortigiano e amico d’infanzia del re Henry Norris, il giovane gentiluomo Francis Weston e i cortigiani William Brereton e Richard Page.

Anna trascorre dunque gli ultimi giorni della sua vita rinchiusa nella Torre di Londra, alternando momenti di isteria nervosa a momenti di imperturbabile quiete. Un crollo psicologico tale da attribuirsi probabilmente ai postumi del secondo aborto, verificatosi solo pochi mesi prima.

Nella Torre viene concessa alla regina la compagnia di quattro dame, secondo cui riferito, Anna avrebbe proclamato la sua innocenza circa l’accusa di adulterio, asserendo che gli incontri con quei presunti amanti fossero privi di peccato e per nulla disdicevoli, respingendo ogni loro corteggiamento. Tuttavia Anna Bolena viene accusata di possedere un carnale appetito sessuale.

Dopo tredici giorni di detenzione nella Torre, Anna viene sottoposta a processo. L’accusa più grave è quella per alto tradimento, tramando la morte del re per accaparrarsi il trono insieme a uno dei suoi presunti amanti. Questi vengono processati a Westminster a partire dal 12 maggio, cominciando da Mark Smeaton, che, negando inizialmente l’accusa, si ritrova a confessare, probabilmente per il dolore causato dalla tortura. Tra tutti gli imputati, lui sarà l’unico a confessare di essere stato amante della regina Anna, ancorandola così all’accusa. Il processo coinvolge tutti uno dopo l’altro, fino ad interessare il fratello di Anna, George, su cui cade l’aggravante e l’infamante accusa di incesto, avallata dalla moglie e cognata di Anna, Lady Rochford.

Il 15 maggio tocca alla regina sostenere le accuse e difendersi per quanto possibile. Di fronte a una giuria di Pari, comprendente Henry Percy (suo antico fidanzato) e suo zio materno, il duca di Norfolk, Anna viene processata per adulterio, incesto, stregoneria e alto tradimento. Anna nega con determinazione, e con la veemenza di chi si riconosce innocente, ogni accusa, adoperando le sue doti oratorie e d’eloquenza, ma inutilmente. Al termine del processo, Anna Bolena viene giudicata colpevole, condannata a morte e giustiziata nei giorni successivi.

Secondo alcuni storici, proprio Thomas Cromwell sarebbe il principale responsabile del tramonto di Anna Bolena, probabilmente per le divergenti opinioni in materia politica, sociale e religiosa che li avrebbe inevitabilmente contrapposti.

19 maggio 1536. Dalla condanna all’esecuzione di Anna Bolena

La condanna per alto tradimento è un delitto punito con il rogo. Tuttavia, per l’eccezionalità storica dell’evento (la messa a morte della regina è un episodio senza precedenti), per il senso di colpa o per ammissione d’onestà della moglie, Enrico VIII decide di commutare la pena in decapitazione, consentendo così alla donna una dipartita più rapida e meno dolorosa. In realtà, secondo un documento stilante il modus dell’esecuzione della moglie, le istruzioni dimostrerebbero che le azioni di Enrico nei confronti di Anna dovessero essere ritenute ben altro che misericordiose: tali sarebbero state calcolate e premeditate, rinforzando l’immagine di re maschilista, ambizioso fino ai limiti della sconsideratezza e mostro misogino. In tale documento sarebbero indicate con precisione la modalità e il luogo in cui sarebbe avvenuta l’esecuzione della regina: «Noi comandiamo… che le sia mozzata la testa… nel parco della Torre di Londra… e che il carceriere non ometta nulla di quanto ordinato». La scelta del luogo (ossia il cortile interno) è dovuta alla volontà del re di evitare di suscitare disordini nella popolazione, rendendo così la cerimonia il più possibile sobria e riservata, dunque non pubblica. Tale documento sembra così spostare la paternità della condanna da Cromwell al re Enrico stesso. L’istruzione della decapitazione è altrettanto limpida: l’espressione «mozzare la testa» indica che la condanna avrebbe dovuto essere compiuta con una spada, e non con la comune scure che spesso non uccide al primo colpo, più rapida, più efficiente e più nobile. Anche tale istruzione cela in realtà mostruosità dietro falsa clemenza: il boia incaricato dell’esecuzione sarebbe stato richiamato dalla Francia ancor prima della conclusione del processo, rivelando una decisione di Enrico già ferma e perentoria.

Poco prima dell’alba del venerdì 19 maggio 1536 Anna Bolena chiede al carceriere Kingston di assistere con lei all’ultima messa, giurando più volte in tale occasione la sua innocenza e negando quindi d’essere stata infedele al re.

Lascia poi le proprie stanze, dove solo tre anni prima attende il giorno delle nozze con Enrico, e viene scortata dalle sue quattro dame attraverso il cortile interno della Torre fino al patibolo. Per l’esecuzione, Anna indossa una sottoveste cremisi e sopra una veste di damasco con accorgimenti di pelliccia e un mantello di ermellino. Un copricapo cela la cuffia che le cinge la folta e bellissima chioma nera. Una volta sul patibolo, Anna recita questo breve discorso alla folla spettatrice lì presente:

«Buon popolo cristiano, sono venuta qui a morire secondo la legge, poiché dalla legge sono stata condannata a morte, e quindi non mi opporrò ad essa. Non sono qui per accusare alcuno, né per dire niente a riguardo delle accuse e della condanna a morte, ma prego Dio affinché salvi il re e gli consenta di regnare a lungo su di voi, perché mai vi fu un principe più dolce e misericordioso di lui: e con me egli è sempre stato un sovrano buono e gentile. E se qualcuno guarderà alla mia vita, io gli chiedo di giudicare al meglio. E così prendo congedo dal mondo e da tutti voi, e desidero vivamente che tutti voi preghiate per me. O Signore, abbi pietà di me, a Dio raccomando la mia anima».

Tale è la versione del discorso trascritta dal poeta francese Lancelot de Carle qualche settimana dopo la morte della regina, trovando corrispondenza e coerenza con i racconti dell’episodio dell’esecuzione di chi ha assistito. Un discorso commovente e serafico quello di Anna Bolena, risparmiando Enrico VIII da qualunque critica, forse anche per evitare qualunque accanimento futuro sulla figlia Elisabetta, ignorando però che da poco fosse stato dichiarato nullo dall’arcivescovo di Canterbury il suo matrimonio con Enrico, privando così Elisabetta dei diritti ereditari.

Concluso l’accorato appello, Anna si congeda dalle dame ringraziandole. Rimuove con il loro aiuto il mantello, il cappuccio e i pochi gioielli ancora al collo e alle orecchie.

Si inginocchia in posizione verticale, secondo il costume francese, ripetendo la preghiera «A Gesù Cristo raccomando la mia anima; Signore Gesù ricevi la mia anima». Il boia si accorge che la regina continua nervosamente a muovere la testa in attesa del colpo, così, per distrarla, chiama ad alta voce il suo assistente affinché gli porgesse la spada. E mentre Anna si volta d’istinto verso la direzione indicata dalla voce, il boia le si avvicina silenziosamente e rapidamente, decapitandola in un sol colpo. La testa di Anna Bolena ricade sulla paglia, venendo coperta da un drappo bianco, mentre i cannoni della Torre annunciano al mondo la morte della regina d’Inghilterra.

Anna lascia questo mondo infangata da una reputazione crudele, mentre il giorno seguente Enrico VIII si dichiara a colei che diverrà il 30 maggio terza moglie e sovrana, Jane Seymour, madre del tanto sospirato figlio maschio, che il destino vorrà morto all’età di soli sedici anni.

I resti del corpo di Anna vengono ricomposti e rinchiusi in una cassa di legno, sepolta in una tomba anonima nella cappella della Torre, priva di alcuna cerimonia funebre. Quei resti verranno identificati solo nel 1876, quando la regina Vittoria ordinerà il restauro dell’edificio. Così le spoglie, da allora, riposeranno sotto lastra marmorea con apposita iscrizione.

La condanna a morte della regina Anna Bolena è un evento senza precedenti, il più celebre controverso e chiacchierato della storia reale inglese, ed è opinione generalmente appurata dagli storici che nessuna delle accuse mosse contro Anna Bolena fosse attendibile. Unica colpa, probabilmente, quella di essersi inimicata la corte e poi il popolo, in quanto subentrata alla prima regina Caterina d’Aragona. È giusto invece ricordare il suo ingegno, il suo fascino, il suo charme e la sua eleganza, doti che hanno arriso successo alla casa regnante. Inoltre, paradossalmente, sarà proprio Anna Bolena a donare a Enrico VIII il degno erede, capostipite di una stirpe di donne regnanti inglesi tra le più influenti, potenti e celebri, nella figura di Elisabetta I, dando così inizio all’età dell’oro, la “Golden Age” elisabettiana.

 

Foto di: Wikipedia

A proposito di Emilia Cirillo

Mi chiamo Emilia Cirillo. Ventisettenne napoletana, ma attualmente domiciliata a Mantova per esigenze lavorative. Dal marzo 2015 sono infatti impegnata (con contratti a tempo determinato) come Assistente Amministrativa, in base alle convocazioni effettuate dalle scuole della provincia. Il mio percorso di studi ha un’impronta decisamente umanistica. Diplomata nell’a.s. 2008/2009 presso il Liceo Socio-Psico-Pedagogico “Pitagora” di Torre Annunziata (NA). Ho conseguito poi la Laurea Triennale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” nel luglio 2014. In età adolescenziale, nel corso della formazione liceale, ha cominciato a farsi strada in me un crescente interesse per la scrittura, che in quel periodo ha trovato espressione in una brevissima collaborazione al quotidiano “Il Sottosopra” e nella partecipazione alla stesura di articoli per il Giornalino d’Istituto. Ma la prima concreta possibilità di dar voce alle mie idee, opinioni ed emozioni mi è stata offerta due anni fa (novembre 2015) da un periodico dell’Oltrepo mantovano “Album”. Questa collaborazione continua tutt’oggi con articoli pubblicati mensilmente nella sezione “Rubriche”. Gli argomenti da me trattati sono vari e dettati da una calda propensione per la cultura e l’arte soprattutto – espressa nelle sue più soavi e magiche forme della Musica, Danza e Cinema -, e da un’intima introspezione nel trattare determinate tematiche. La seconda (non per importanza) passione è la Danza, studiata e praticata assiduamente per quindici anni, negli stili di danza classica, moderna e contemporanea. Da qui deriva l’amore per la Musica, che, ovunque mi trovi ad ascoltarla (per caso o non), non lascia tregua al cuore e al corpo. Adoro, dunque, l’Opera e il Balletto: quando possibile, colgo l’occasione di seguire qualche famoso Repertorio presso il Teatro San Carlo di Napoli. Ho un’indole fortemente romantica e creativa. Mi ritengo testarda, ma determinata, soprattutto se si tratta di lottare per realizzare i miei sogni e, in generale, ciò in cui credo. Tra i miei vivi interessi si inserisce la possibilità di viaggiare, per conoscere culture e tradizioni sempre nuove e godere dell’estasiante spettacolo dei paesaggi osservati. Dopo la Laurea ho anche frequentato a Napoli un corso finanziato da FormaTemp come “Addetto all’organizzazione di Eventi”. In definitiva, tutto ciò che appartiene all’universo dell’arte e della cultura e alla sfera della creatività e del romanticismo, aggiunge un tassello al mio percorso di crescita e dona gioia e soddisfazione pura alla mia anima. Contentissima di essere stata accolta per collaborare alla Redazione “Eroica Fenice”, spero di poter e saper esserne all’altezza. Spero ancora che un giorno questa passione per la scrittura possa trovare concretezza in ambito propriamente professionale. Intanto Grazie per la possibilità offertami.

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