Dinastia di Enrico VIII, storia dei Tudor

Dinastia di Enrico VIII

La dinastia di Enrico VIII, quella dei Tudor, ha plasmato l’immagine dell’Inghilterra trasformandola in una potenza mondiale.

La dinastia dei Tudor è quella che più di tutte ha segnato la storia dell’Inghilterra. È prima di tutto la dinastia di Enrico VIII, uno dei sovrani più controversi che mai siano apparsi sulla faccia della terra, ma è anche quella della figlia Elisabetta I e il cui regno è ricordato come uno dei più splendenti della storia del Regno Unito.

Ma prima di arrivare a ciò bisogna per forza partire dall’inizio: da quando i Tudor si impossessano del potere.

La Dinastia di Enrico VIII, i Tudor

Tra il 1455 e il 1485 fu combattuta la Guerra delle due rose, una serie di guerre civili tra due casate della dinastia dei Plantageneti che si contendevano il trono: gli York e i Lancaster, i cui simboli erano rispettivamente una rosa bianca e una rossa (da qui deriva il nome del conflitto).

Questo periodo, fatto di intrighi di corte e sanguinosi conflitti, influì negativamente sul regno di Edoardo VI, già mentalmente instabile di suo e dopo i brevi regni di Edoardo V ed Riccardo III nel 1485 salì sul trono Enrico VII della dinastia Tudor, che aveva sconfitto proprio Riccardo III nella battaglia di Boswhort Field.

Il sovrano e la sua famiglia erano di origini gallesi, ma la madre era imparentata con i Lancaster e ciò gli permise di andare a rivendicare il trono. Inoltre sposò Elisabetta di York, mettendo fine alla guerra fratricida.

Enrico si dimostrò un sovrano abile e di temperamento ben differente rispetto ai suoi predecessori. Non si fece mettere i piedi in testa dai baroni, che in passato avevano fatto il bello e il cattivo tempo della monarchia con le loro rivendicazioni, risanò le casse dello stato prosciugate dalla guerra delle due rose e per rafforzare il potere in Europa aveva tessuto una rete di alleanze matrimoniali. Nel 1502 fece sposare la figlia Margherita con il re di Scozia, allo scopo di impedire a quest’ultimo l’appoggio del misterioso Perkin Werbeck che si spacciava per l’ultimo figlio superstite di Riccardo IV di York e, quindi, pretendente al trono. Un anno prima, invece, fece sposare il primogenito Arturo con Caterina d’Aragona, figlia di Fernando II e di Elisabetta di Castiglia, stipulando un’alleanza con la Spagna. Ma alla morte di Arturo, dopo appena quattro mesi di matrimonio, Caterina fu data in sposa al secondogenito Enrico, che alla morte del padre, nel 1509, prenderà il nome di Enrico VIII.

Il regno di Enrico VIII e delle sue sei mogli

Enrico VIII venne incoronato il 24 giugno del 1509 nell’abbazia di Westminster assieme a Caterina d’Aragona. Il matrimonio fu reso possibile grazie a una dispensa papale da parte di Giulio II, grazie alla quale si poteva esonerare una persona dall’obbedire a una norma. Con questa “eccezione alla regola” Enrico aveva potuto sposare Caterina nonostante il matrimonio non fosse stato consumato (infatti la Bibbia proibiva di sposarsi con le vedove).

Nei primi anni di governo Enrico lasciò ai suoi ministri il compito di occuparsi degli affari politici, dedicandosi alla vita di corte. All’epoca era considerato il sovrano più bello e affascinante di tutta Europa, appassionato di cultura e di sport, generoso e ben disposto al dialogo. Un’immagine ben diversa da quella del sovrano crudele, dispotico ed estremamente obeso che si impose negli ultimi anni e anche nell’immaginario collettivo sia nell’iconografia (basti pensare al celebre ritratto che gli fece il pittore Hans Holbein nel 1536), sia tramite la famosa vicenda delle sei mogli.

Enrico era ossessionato dall’idea di avere un erede maschio che continuasse la dinastia dei Tudor e quando Caterina partorì una bambina, la futura Maria I, non fu soddisfatto. Nello stesso periodo gli occhi del sovrano erano puntati su Anna Bolena, una damigella di corte che aveva imparato l’arte della seduzione in Francia. Enrico era intenzionato a sposarla, ma occorreva prima sciogliere il matrimonio con Caterina e sotto suggerimento del cardinale Thomas Woosley cercò di rendere nullo il suo primo matrimonio. Tuttavia il pontefice Clemente VII temeva ripercussioni da parte di Carlo V, nipote proprio di Caterina che voleva mantenere il controllo sull’Inghilterra.

Non avendo ottenuto alcuna risposta, Enrico VIII fece qualcosa di impensabile. Dopo aver ripudiato Caterina sposò Anna Bolena nel 1532 e Clemente VII lo scomunicò. Il re rispose facendo approvare due Atti nel 1534. Il primo era quello di Successione con il quale permise ai figli della seconda moglie di divenire eredi al trono (togliendo quindi alla Spagna rivendicazioni sul trono inglese), mentre il secondo era l’Atto di Supremazia grazie al quale Enrico si autoproclamava capo della chiesa inglese. Era nata la Chiesa Anglicana, indipendente da quella di Roma, dove i vescovi erano tenuti ad obbedire al re e non al papa. Gli oppositori furono perseguitati e giustiziati come accadde a Tommaso Moro, condannato a morte nel 1535, mentre gli ordini religiosi furono soppressi.

Ben presto Anna Bolena perse i favori del sovrano. In primis perché, come è facile immaginare, dette al re una bambina (la futura Elisabetta I) e non il tanto desiderato maschio. Inoltre il suo temperamento forte non piace ad Enrico il quale la accusa, senza alcuna prova, di adulterio. Nel 1536 viene quindi decapitata e nello stesso giorno Enrico si sposa con la ben più mite e docile Jane Seymour. Inoltre ripudia le figlie Maria ed Elisabetta per permettere ai figli che nasceranno da questo matrimonio di poter ereditare il trono. Jane riuscì a dare ad Enrico un figlio maschio, Edoardo, ma la donna muore dodici giorni dopo a causa della febbre.

Il re è molto addolorato da questo lutto, ma nel 1540 convoglia a nuove nozze con la principessa tedesca Anna di Clèves sotto consiglio del suo ministro Thomas Cromwell. Ma il matrimonio è burrascoso ed Enrico divorzia da lei per sposare Caterina Howard. Anche quest’ultima però, come era successo con Anna Bolena, fu accusata di adulterio e venne decapitata nel 1542.

L’anno successivo Enrico, oramai malato e infermo, si sposa per la sesta e ultima volta con Katherine Parr, una vedova ricca, elegante e colta che subito si conquista le simpatie del re. La donna ha anche il merito di far riavvicinare l’uomo ai suoi tre figli, Edorardo, Maria ed Elisabetta, con i quali instaura un rapporto materno e affettuoso. Inoltre, assieme ad Anna di Clèves, è l’unica ad essere sopravvissuta al marito e lo accompagna addirittura negli ultimi istanti di vita, quando si spegne il 28 gennaio del 1547.

Gli eredi di Enrico: Edoardo VI, Maria “la sanguinaria” ed Elisabetta I

La dinastia di Enrico VIII proseguì con il figlio Edoardo VI, conosciuto come “il re bambino”. Sale infatti al trono quando ha soltanto nove anni sotto la reggenza dello zio Edward Seymour, fratello della terza moglie di Enrico.

Il suo breve regno è caratterizzato da molti problemi, soprattutto di natura religiosa. Nell’Inghilterra di fede protestante fu approvato il libro delle preghiere comuni per la Chiesa Anglicana, che andava a sostituire quello della liturgia romana, ma non mancavano i cattolici rappresentati da Maria, la sorella del re. I tentativi di quest’ultimo di convertirla al protestantesimo furono inutili e i due fratelli si allontanarono, cosa che non avvenne con la protestante Elisabetta.

Nel 1550 le condizioni di salute di Edoardo si aggravano e fa stipulare un testamento dal conte di Warwick, che intanto aveva spodestato Edward Seymour, dove nomina erede la nuora di quest’ultimo: Jane Grey. Ma quando Edoardo muore nel 1553, a soli sedici anni, Jane viene fatta arrestare e giustiziare da Maria, che prende il nome di Maria I.

Fin dal primo giorno la regina si distingue per la volontà di riportare la fede cattolica in Inghilterra. Sposa così Filippo II di Spagna, figlio di Carlo V. Agli inglesi però non va giù questa decisione, perché questo matrimonio si traduce in possibili ambizioni sulla corona inglese da parte della Spagna e sottomissione degli anglicani alla Chiesa di Roma.

In effetti Maria spera di avere un erede maschio che possa proseguire la sua opera. Non riesce però ad ottenerlo e sfoga la sua frustrazione ampliando la repressione contro i protestanti. Si calcola tra il 1553 e il 1558, il periodo in cui Maria regnò, furono condannati a morte 280 protestanti e altri furono imprigionati, tra cui la stessa sorella Elisabetta. Proprio per via di questa fama sinistra, la regina venne conosciuta con l’appellativo di “Bloody Mary”, cioè “Maria la Sanguinaria”.  

Il malcontento non aspetta a farsi sentire e non mancarono rivolte contro di lei come quella di Thomas Wyatt del 1554, volta a dare il trono alla sorella Elisabetta e che tuttavia si rivelò fallimentare. Sarà solo la malattia a sradicare Maria dal suo trono nel 1558 quando, come ultimo gesto di carità, revoca la condanna a morte di Elisabetta che le succederà al trono.

Elisabetta I è l’ultima regina della dinastia di Enrico VIII, forse la più importante e iconica grazie alla quale l’Inghilterra divenne un’enorme potenza. La sua ascesa al trono coincise con un ritorno del predominio della religione protestante dato che nel 1559 fa emanare l’Atto di uniformità con il quale rende obbligatorio il Libro delle preghiere comuni per le funzioni religiose e, nello stesso anno, rivendica a sé stessa il ruolo di capo della Chiesa Anglicana con un nuovo Atto di Supremazia.

I cattolici si opposero alla regina affidandosi alla cugina Maria Stuart, regina di Scozia che alla morte del marito, l’erede al trono di Francia Francesco II, venne ospitata proprio da Elisabetta e cercò di farla uccidere più volte. Elisabetta fu quindi costretta a farla giustiziare nel 1588.

Il sentimento anticattolico della sovrana scoppiò con la guerra contro la Spagna di Filippo II, già in contrasto con la monarchia inglese per motivi commerciali. Negli stessi anni, infatti, la pirateria era in ampio fermento ed erano frequenti le incursioni dei corsari, appoggiati dalla stessa regina sulle navi spagnole, colme d’oro, di ritorno dalle Americhe, il cui maggiore artefice fu il pirata Francis Drake.

Il re spagnolo decise che ne aveva abbastanza e inviò la più grande flotta del tempo contro la regina, l’Invincibile Armada. Questa non costituì un’enorme grattacapo per Elisabetta giacché le navi spagnole, non appena giunsero nel Canale della Manica, furono abbattute dai vascelli inglesi, più veloci e più attrezzati in quanto ad artiglieria. La regina aveva mostrato i denti a Filippo II e questo si tradusse nell’inevitabile ascesa della monarchia inglese, come una delle maggiori potenze europee del tempo.

Il regno della figlia di Enrico VIII coincide, come recita anche il titolo di un film del 2007, con una “golden age” per l’Inghilterra, un’età dell’oro. La regina sostenne l’allevamento e l’agricoltura, tanto da rendere il paese uno dei maggiori produttori ed esportatori di lana. Inoltre a lei si devono la nascita delle prime industrie che sfruttano il carbone e il ferro e nacque un impero commerciale in America e in Asia. Non a caso una delle colonie nord-americane fondate nel 1584 prese il nome di Virginia, in onore di Elisabetta “la regina vergine” che aveva rifiutato di sposarsi e di avere eredi, nonostante non mancassero i corteggiatori.

Nonostante il protestantesimo fosse la religione ufficiale, Elisabetta proibì qualsiasi forma di fanatismo religioso e, di conseguenza, fu imposta una certa tolleranza verso fedi diverse. Ma l’età elisabettiana è ricordata anche per essere stato un periodo di febbre creativa per quanto riguarda le arti e la cultura. Il suo emblema è senza dubbio il teatro, grande passione della regina, che favorì il successo di drammaturghi quali William Shakespeare e Christopher Marlowe.

Con la morte di Elisabetta I nel 1603 la dinastia di Enrico VIII si estinse e salì al trono quella degli Stuart, con Giacomo I.

Immagine in evidenza: Wikipedia

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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