Alfredino Rampi: più di 40 anni dalla tragedia che sconvolse l’Italia

Alfredino Rampi

La tragedia di Alfredino Rampi è una ferita nella memoria collettiva italiana, un evento che a più di 40 anni di distanza continua a suscitare commozione. Per tre giorni, dal 10 al 13 giugno 1981, l’Italia intera rimase incollata davanti alla televisione, sperando che il piccolo Alfredo, di soli 6 anni, potesse essere salvato da quel maledetto pozzo artesiano a Vermicino, vicino Frascati.

La vicenda iniziò la sera del 10 giugno 1981. La famiglia Rampi – il padre Ferdinando, la madre Franca Bizzarri, la nonna Veja e i figli Alfredo e Riccardo – si trovava nella loro casa di campagna. Dopo una passeggiata nei prati circostanti, Alfredino non fece ritorno. I genitori, allarmati, iniziarono le ricerche e verso le 21:30 allertarono le forze dell’ordine. Fu la nonna a suggerire l’ipotesi più terribile: che il bambino potesse essere caduto in un pozzo scavato di recente nelle vicinanze.

La cronaca della scomparsa e i primi soccorsi

Le operazioni di soccorso iniziarono quasi subito, ma si rivelarono immediatamente complesse e disorganizzate. Un agente di polizia, giunto sul luogo indicato dalla nonna, sentì i flebili lamenti del bambino provenire dalla cavità. Il pozzo artesiano era una trappola strettissima: un’imboccatura di soli 28 centimetri di diametro per una profondità di circa 80 metri. Alfredino era bloccato a 36 metri sotto terra, una profondità irraggiungibile per un adulto.

Il primo tentativo di salvataggio consistette nel calare una tavoletta legata a una fune, ma il dispositivo si incastrò a 24 metri, ben prima di raggiungere il bambino. La corda si spezzò, ostruendo ulteriormente il già angusto condotto e peggiorando la situazione. Per mantenere un contatto con Alfredino, venne calato un microfono. Il vigile del fuoco Nando Broglio riuscì a parlargli, rassicurandolo e cercando di tenerlo sveglio. La voce del piccolo, trasmessa dagli altoparlanti, divenne il simbolo di una speranza condivisa da milioni di persone.

I tentativi eroici e la diretta televisiva nazionale

Diversi volontari tentarono l’impossibile, calandosi a testa in giù nel pozzo, ma ogni sforzo risultò vano. La RAI iniziò una diretta televisiva non-stop che durò 18 ore, trasformando un’operazione di soccorso in un evento mediatico senza precedenti. Questa copertura mediatica segnò la nascita della cosiddetta “TV del dolore“, un fenomeno che avrebbe caratterizzato la cronaca italiana per i decenni a venire. Tra i primi a tentare il salvataggio ci fu Tullio Bernabei, un giovane caposquadra del Soccorso Alpino. Successivamente, si tentò di scavare un tunnel parallelo, ma i mezzi erano inadeguati e il terreno tufaceo franava continuamente, rallentando le operazioni.

Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, un volontario, l’impiegato e speleologo dilettante Angelo Licheri, divenne l’eroe di quelle ore drammatiche. Di corporatura esile, riuscì a farsi calare per tutti i 60 metri (nel frattempo Alfredino era scivolato più in basso) e a raggiungere il bambino. Licheri provò per 45 minuti, in una posizione innaturale e al buio, a imbracarlo per tirarlo su, ma il fango e la posizione del piccolo resero ogni tentativo inutile. Riuscì solo a parlargli e a togliergli il fango dalla bocca, ma dovette risalire sconfitto.

Prima di Vermicino Dopo Vermicino
Soccorsi gestiti in modo frammentato e non coordinato Istituzione di un servizio nazionale e coordinato
Mancanza di un’autorità unica per le emergenze Creazione del dipartimento della Protezione Civile
Prevalenza di iniziative volontarie e improvvisate Integrazione e formazione del volontariato specializzato
Assenza di una legislazione organica per le calamità Approvazione della Legge 225/1992, fondamento del sistema attuale

Il ruolo del presidente Sandro Pertini

L’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, si recò personalmente a Vermicino, un gesto che dimostrò la sua profonda umanità e vicinanza al popolo. Rimase sul posto per ore, cercando anche lui di parlare con Alfredino attraverso il microfono e seguendo con apprensione ogni fase dei soccorsi. La sua presenza trasformò la tragedia da un fatto di cronaca locale a un’emergenza nazionale, manifestando l’impotenza di uno Stato di fronte a un dramma così grande.

La morte di Alfredino venne tristemente confermata all’alba del 13 giugno. Verso le 9:00, ogni comunicazione verbale con il bambino si interruppe. Uno stetoscopio calato nel pozzo non registrò più alcun battito cardiaco. La conferma definitiva arrivò verso le 16:00, quando una piccola telecamera inquadrò a 55 metri di profondità l’immagine del suo corpo immobile. Alfredino non si muoveva e non respirava più.

Il suo corpo venne recuperato solo quasi un mese dopo, l’11 luglio 1981, dopo complesse operazioni che richiesero l’utilizzo di azoto liquido per congelare il terreno circostante ed evitare ulteriori frane. Oggi, dopo più di 40 anni, nessuno ha dimenticato la storia del piccolo Alfredino, che durante una semplice passeggiata ha trovato sul suo cammino una “bocca maledetta” che lo ha inghiottito per sempre.

L’eredità di Vermicino: la nascita della Protezione Civile

Dal caos e dal dolore di Vermicino nacque una consapevolezza fondamentale: l’Italia non era preparata a gestire le emergenze. La disorganizzazione dei soccorsi, trasmessa in diretta nazionale, mostrò a tutti la necessità di una struttura centralizzata e competente. Fu proprio il presidente Pertini a spingere per la creazione di un organismo che potesse coordinare gli interventi in caso di calamità.

Questa spinta portò, undici anni dopo, all’istituzione del Servizio Nazionale della Protezione Civile con la legge n. 225 del 24 febbraio 1992, come documentato sul sito ufficiale del Dipartimento. La tragedia di Alfredino, quindi, pur nella sua drammaticità, ha lasciato un’eredità istituzionale permanente. Inoltre, i genitori Franca e Ferdinando Rampi fondarono il Centro Alfredino Rampi, un’organizzazione che ancora oggi si occupa di prevenzione dei rischi e di formazione alla sicurezza. La storia di Alfredino Rampi resterà sempre nei nostri cuori come monito e come stimolo a fare sempre meglio.

Fonte dell’immagine in evidenza: Pixabay


Articolo aggiornato il: 01/10/2025

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