Caso Almasri – il governo italiano smentisce l’indagine della Cpi

Caso Almasri - il governo italiano smentisce l’indagine della Cpi

Il caso che vede come protagonista Nijeem Osama Almasri, generale libico al vertice della Polizia giudiziaria della sua nazione, ha avuto inizio poco più di un mese fa, il 6 gennaio, giorno in cui ha avuto inizio il suo viaggio europeo. Approfondiamo le vicissitudini accadute nel caso Almasri.

Le tappe principali concernenti il caso Almasri

Dopo essersi intrattenuto a Londra per una settimana, il 13 gennaio Almasri si è spostato prima a Bruxelles per poi proseguire il suo viaggio in Germania. Il giorno seguente l’Interpol ha trasmesso un avviso a diversi Stati (tra cui l’Italia), annunciando loro la possibilità che un criminale del suo calibro potesse varcare i confini uno di questi. Pochi giorni dopo essere approdato in Italia per assistere ad una partita di calcio, è stato arrestato dalla Digos a Torino il 19 gennaio scorso. Nonostante la Corte penale internazionale, dopo averne monitorato gli spostamenti, avesse emesso un mandato di cattura internazionale al fine di internare il generale per non essersi opposto ai crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella prigione di Mittiga, il ministro della giustizia italiano, Carlo Nordio, non ha né dato indicazioni sulla custodia cautelare, né convalidato l’arresto del generale libico, oltre a non avere informato successivamente la Cpi della scarcerazione di Almasri. Quindi, il signore della guerra libico è stato scarcerato il giorno seguente, formalmente per un “errore procedurale”: nello specifico, l’arresto non è stato convalidato perché la Cpi non aveva in precedenza trasmesso gli atti al Guardasigilli. La vicenda sul caso Almasri si è conclusa con il successivo rimpatriato del generale libico attraverso un volo di Stato, nonostante le richieste di estradizione giunte dall’organizzazione giuridica internazionale.

La mancata indagine sui funzionari italiani implicati nel caso del generale libico

La Corte penale internazionale dell’Aia ha comunicato la decisione di non voler aprire per il momento alcun fascicolo con l’intento di indagare sull’operato del governo italiano sulla scelta di rimpatriare il signore della guerra libico. L’ipotesi che potesse essere aperto un procedimento penale ai danni del governo italiano per “ostacolo all’amministrazione della giustizia” è stata smentita dall’esecutivo.

La possibilità che potesse essere sporta denuncia contro la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e il Ministro degli Interni Matteo Piantedosi, con la conseguente apertura di un fascicolo da parte dell’Aia contro i funzionari del governo italiano per “aver abusato dei loro poteri esecutivi e disubbidito ai loro obblighi internazionali e nazionali”, è stata alimentata da una denuncia trasmessa dai legali di un rifugiato originario del Sudan, Lam Magok Biel Ruei. L’uomo ha raccontato agli investigatori delle torture, autorizzate dal generale Almasri, che lui e la moglie hanno subito quando entrambi erano rinchiusi nella prigione di Mittiga. Nella denuncia il richiedente asilo sostiene che, oltre a lui e a sua moglie, innumerevoli membri del gruppo di cui hanno fatto parte sono stati vittime delle più efferate violenze. Tale dichiarazione, ricevuta dall’Ufficio del Procuratore della Cpi, sarebbe stata successivamente trasmessa al cancelliere e al presidente del Tribunale internazionale. Nonostante la traumatica rivelazione, attualmente l’organo giuridico internazionale ha deciso di non procedere all’apertura di fascicoli contro l’Italia, in quanto il procuratore della Cpi per il momento ha deciso di non trasmettere in via ufficiale la missiva del rifugiato sudanese ai giudici. Tramite la smentita giunta da attendibili fonti di governo che hanno commentato la vicenda, il modus operandi della Cpi è stato giustificato dall’ingente numero di comunicazioni che le pervengono quotidianamente. Ognuna di queste deve passare per il vaglio dei giudici della commissione e, solo se ritenuta fondata, può portare all’avvio dell’apertura di un procedimento disciplinare. Tuttavia, questa procedura può richiedere mesi.

Fonte immagine: profilo Facebook ufficiale del PD

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