La paura post Covid è presente ancora oggi

paura post Covid

La paura post Covid è presente, ancora oggi, sotto forme diverse ed è proprio questo “ancora” a turbarci. Chiunque durante il periodo di pandemia si è sentito spaesato, spaventato, fuori tempo.  Ma poi?  Cosa è mutato successivamente al lockdown?

Durante il periodo di totale chiusura c’era uno stato d’allerta generalizzato verso una situazione nuova: si era attenti alla pericolosità del caso, ci si interrogava sull’ignoto e ci si documentava quotidianamente. Il mondo intero era sospeso su un sottilissimo filo, in attesa. C’è stato tanto dolore, innumerevoli ed improvvise morti, ospedali al collasso, medici ed infermieri etichettati come supereroi.  Cosa è accaduto a livello emotivo? Indubbiamente si può parlare di una paura costante. Si aveva paura di entrare in contatto con l’altro, di uscire, di andare a fare la spesa, di contrarre quel virus da cui ognuno voleva star alla larga. C’è chi ha dovuto continuare a lavorare ogni giorno con orari differenti e turni scaglionati, col timore di portare in casa e alla propria famiglia un male sconosciuto. C’è stato chi, invece, ha dovuto imparare a smanettare con le nuove tecniche dello smart working. I giovani, invece? I giorni scorrevano lenti: chi ne approfittava per dedicarsi più tempo per leggere, per cucinare, allenarsi, studiare, dormire. Eppure ognuno, a proprio modo, si chiudeva maggiormente. Forse è questa chiusura ad essere presente ancora oggi: la paura post Covid.  Non ha a che fare con la chiusura delle palestre, dei ristoranti etc. che avveniva nelle varie zone rosse: si tratta di una chiusura emotiva, mentale. Quante volte si è sentito parlare di ansia post Covid? Quanto oggi questa parola è utilizzata? La paura post Covid condiziona ancora? Sì, in parte è così. 

I giovani hanno paura. Spesso dietro caratteri esuberanti, apparentemente spigliati e sicuri si cela la medesima condizione: un blocco e un malessere diffuso. Appena successivamente alla pandemia, quando ci si poteva e voleva liberare, tanti gruppi uscivano di meno: si era generata pigrizia, c’era ancora il timore di contrarre il virus e quindi si preferiva rimanere rannicchiati nel proprio nido. Questa chiusura ha generato la non azione e la non azione, reiterata nel tempo, blocca. Oggi, si tende al rimando: è come se la non possibilità di fare per due anni,  abbia innescato l’abitudine a non fare, piuttosto che la voglia di cogliere ogni opportunità per godere dei momenti positivi. Più ci si chiude, più la mente non prende aria e si generano pensieri invasivi che rendono l’approccio alle cose più spaventoso: ecco che il termine ansia diviene ampiamento diffuso e, potremmo dire, anche abusato. Basterebbe, anche se pian piano, sbloccarsi, uscire e aprirsi affinché questa paura post Covid si tramuti in possibilità, senza tralasciare la consapevolezza d’aver vissuto all’interno di importanti pagine di Storia, pronti a guardare avanti,  perché la vita fugge e non s’arresta un’ora. 

Fonte immagine: Pixabay 

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