Oggi la Corea è la tredicesima potenza economica al mondo e tutto ciò si deve al progresso e alla tecnologia, ma fonte principale di questo progresso sono proprio i giovani e la loro istruzione. La pressione sociale in Corea del Sud porta a concepire l’individuo come un soggetto di prestazione, o “funziona” o “rinuncia”. Con il boom economico tra gli anni 60 e 80, si è iniziata a plasmare una nuova elitè per quanto riguarda l’educazione, in tal modo una fetta più ampia della popolazione può tentare la scalata sociale. Investire nell’educazione è una strada per lo sviluppo della nazione stessa e non solo per il singolo, portando al fenomeno della “febbre dell’educazione” nel paese.
I fattori culturali
È necessario tenere conto del fatto che le tradizioni coreane, come altri paesi del sud est asiatico sono permeate da valori di tipo confuciano, quali il senso del rispetto, quasi venerazione, del quale godono i genitori e i professori, che porta i figli e gli studenti a non tradire mai le aspettative riposte in loro. Anche a costo di venirne soffocato, l’individuo si mostra come soggetto di prestazione in ogni circostanza sia nel privato che nella società. Il giovane prima di essere sé stesso è figlio e deve fare in modo di soddisfare i propri genitori. La famiglia è la base della pressione sociale in Corea del Sud, prima ancora della società. Le madri, in particolare, assumono un ruolo preponderante, indirizzando il figlio verso un percorso da seguire già predefinito. Lo scopo è non essere lasciati indietro e non fallire, da qui nasce la competizione e la ricerca del successo. Ma è tutto un processo che non è visto come qualcosa di negativo o forzato.
Le accademie private
Molti adolescenti, dopo le lezioni pubbliche frequentano accademie private, con orari fin troppo duri. Questa realtà, della pressione sociale in Corea del Sud, è mostrata perfettamente anche nei Korean drama, che probabilmente cercano di sensibilizzare la questione. Un esempio, è un episodio della serie tv “Extraordinary Attorney Woo”: racconta la vita di un’avvocatessa autistica alle prese con un processo, che riguarda un uomo, figlio minore della direttrice di un’accademia privata per i figli delle famiglie più ricche, chiamata “Mujin”. Questo tale si professa “capo dell’esercito della libertà”, accusato di aver sequestrato dei minori. Ma la realtà è ben diversa, quest’uomo aveva portato i bambini a divertirsi, affermando che “i nemici dei bambini coreani sono le scuole, i genitori e le accademie, che non permettono loro di giocare e che hanno paura che siano felici e sani; vogliono bambini ansiosi, che soffrono e che obbediscano. Manipolano la legge e le istituzioni della repubblica per rendere i bambini indaffarati e cattivi, così che voltino le spalle al mondo ancora prima di diventare adulti”. Questa vicenda sconvolge i genitori, ma non i bambini. Pare che all’interno dell’accademia che frequentavano, ci fossero delle regole rigide: i bambini non potevano mangiare prima delle 22:00, i corsi alla “Mujin” erano blindati, nessuno poteva uscire fino alla chiusura, non si potevano fare pause o andare al minimarket. Solo dopo la chiusura i bambini, si riversavano nei minimarket a mangiare cibi poco sani e veloci, per poi riprendere a studiare. Ciò che è raccontato nel drama corrisponde alla realtà: bambini infelici dall’infanzia.
Unico obiettivo: frequentare gli atenei più prestigiosi del paese
Ogni giovane coreano aspira ad entrare all’Università Nazionale di Seoul, all’Università della Corea o all’Università Yonsei. Laurearsi in una di queste tre istituzioni significa, infatti, assicurarsi un futuro di successo. Ci sono delle prove d’accesso da superare conosciute come Sihom chiok, che influenzano fortemente la loro vita professionale e sociale. È importante citare il caso del Kaist (Advanced Korea Institute of Science and Technology), un’istituzione di riferimento nel mondo della tecnologia. Una volta ammessi, per iniziativa dell’attuale rettore, Nam Pyo Suh, gli studenti con una media superiore a 3.0, quasi il massimo secondo il sistema di misurazione coreano, hanno accesso gratuito, mentre coloro che mostrano una media inferiore al 2.0 devono pagare l’intera retta, pari circa a 5.540 dollari l’anno.
“Se l’individuo fallisce e rinuncia”?
L’individuo abituato ad essere concepito, dalla nazione in cui vive, come soggetto di prestazione, se fallisce in questo processo, va in contro a conseguenze negative: i giovani sono costretti a posporre la propria individualità e a sentirsi privi di autonomia, studiando nell’interesse familiare e cercando di raggiungere un successo per gli altri e non per sé stessi. Fallire e rinunciare porta all’angoscia, questo perché gettati completamente in una società che si aspetta da loro solo studio e successo, non riescono a comprendere sé stessi, a trovare un proprio posto nel mondo, non sono in grado di gestire la delusione del fallimento. Il risultato? Un incremento del tasso di depressione e suicidi. Nel 2010, secondo i dati del Ministero dell’istruzione, sono stati 146 gli studenti che si sono tolti la vita, il tasso di suicidi più alto dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
L’honjok
Negli ultimi anni molti giovani, hanno sviluppato il desiderio di rompere questo sistema, trasformare l’auto-isolamento in un nuovo stile di vita, per liberarsi dalle pressioni sociali. Un atto che insegna ad apprezzare i momenti di solitudine. Intorno a questo atteggiamento solitario sono nate nuove parole come honbap, mangiare da soli o honsul, bere da soli. Proprio a tal proposito la Corea del sud è uno dei paesi che consuma più alcol al mondo, secondo una statistica della Korea Alcohol and Liquor Industry Association, nel 2010 il 93.8% dei maschi e 83.8% delle femmine ha consumato regolarmente alcool. Che la Corea Del Sud, sia uno dei paesi che consuma più alcool in Asia è risaputo, ma il problema è che questa pratica inizia a diffondersi subito dopo le scuole superiori non solo per trovare un ulteriore modo per evadere dalla pressione sociale, ma anche per intrattenere relazioni sociali.
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