Non siete donne impegnative. Siete solo stimolanti.

Dostoevskij non mentiva quando diceva che “L’esser troppo consapevoli è una malattia” e non era l’unico. Qualsiasi filosofo che si rispetti considerava l’intelligenza sinonimo di infelicità, in quanto l’uomo intelligente era consapevole dei suoi limiti, ma soprattutto era consapevole dei limiti dell’esistenza umana e questo lo portava inevitabilmente all’angoscia. Essere troppo consapevoli di sé, spesso è causa d’angoscia anche nelle donne.

Ma cosa succede quando l’intelligenza mina persino i tuoi rapporti sociali? Quando finisce per essere avvertita come un difetto invece di un pregio?

Per noi donne è sempre stato difficile inserirci in una società che sostanzialmente ci rigettava come un organo trapiantato e non compatibile: che ci vedeva come il sesso debole, la principessa fragile in attesa di qualcuno che venisse a salvarla, il soggetto incapace di fare pensieri troppo complessi e che si dedicava a occupazioni frivole e prive di importanza.

Tuttavia, questi sono solo stereotipi che col tempo sono venuti a crollare, con l’emancipazione femminile e l’acquisizione di pari diritti da parte delle nostre antenate. Eppure, siamo davvero così sicuri di questo?

Siamo ormai in una società evoluta, è vero. Una società che vede uomini e donne sullo stesso piano, con gli stessi diritti, le stesse opportunità, gli stessi ruoli di potere. Ciononostante ci sono ancora uomini che vedono la propria virilità a rischio quando si trovano di fronte una donna fuori dagli schemi o al di sopra delle aspettative.

A qualcuna di noi è capitato. Di essere definita troppo impegnativa.

E di sentirsi in difetto per questo motivo.

Da bambine spesso ci hanno riempito di complimenti per la nostra intelligenza, la nostra curiosità e voglia di apprendere. Eravamo l’orgoglio dei nostri genitori quando tornavano da scuola contenti per le parole dette dai nostri professori. A un certo punto, però, le cose sono iniziate ad andare male.

Quando preferivamo restare a casa, invece di uscire e questo faceva stranire nostra madre e nostro padre. Quando le nostre punizioni consistevano nella privazione del libro appena acquistato e del divieto di leggerlo. Quando abbiamo sviluppato una capacità di pensiero autonoma e iniziato a pensare in maniera differente da come ci veniva imposto.

Quando abbiamo deciso di non porre un freno al nostro desiderio di conoscenza.

Più crescevamo, più questa consapevolezza di noi stesse cresceva con noi e soprattutto si mostrava agli altri. E incideva nei nostri rapporti.

Abbiamo iniziato a essere più selettive, a relazionarci a  pochi perché non ci stimolava ciò che per altri era routine. Perché non ci piaceva parlare del tempo o dell’ultima notizia di gossip sul giornale. Anelavamo discussioni profonde e piene di significato sul mondo, sulla vita, sull’Universo. Amavamo le lunghe camminate, le esperienze che ti cambiano la vita e le emozioni estreme. Cercavamo di apprendere  il più possibile, perché mai nessuna conoscenza era abbastanza. E questo non era da tutti. Era impegnativo.

E questo iniziò a riversarsi nei nostri rapporti. A lasciare persone per strada, da  un lato, e perderle dall’altro.

Ma iniziò a incidere anche su quello che ci aspettavamo dalle persone. E  su quello che le persone si aspettavano da noi.

Venivamo bollate come complesse, impegnative, qualcosa “di non facile”, in un mondo in cui si faceva strada la superficialità. E i nostri rapporti si disfacevano come fumo tra le dita, per chi non era disposto a sostenere quest’ onere.

Non è semplice essere oceano in un mondo di pozzanghere.

E non è semplice essere uragano per chi teme la tempesta.

In quel momento, abbiamo iniziato a pensare che forse la nostra intelligenza non era tanto un pregio come ci veniva detto da bambine. Più un impedimento, forse, quando questo intimidiva chi ci circondava.

Viviamo in una società dove donne e uomini sono considerati alla pari, eppure un uomo continua a spaventarsi quando la donna che ha di fronte sembra saperne una più di lui.  Gli stereotipi sembrano essere caduti, ma le aspettative restano quelle di un tempo.

E quando un prodotto esce fuori serie, il modello è difettato.

Il problema è che questo fa sentire sbagliate noi, invece di costringere chi abbiamo di fronte a ridimensionare il proprio punto di vista. E ci fa desiderare di non possedere quella complessità che, a volte, risulta impegnativa anche ai nostri occhi.

Ogni volta che vi sentite rifiutate, rigettate o fraintese, non pensate di scambiare il vostro modo d’essere con quello di qualcun altro.

Non siete donne impegnative. Siete stimolanti.Fuori dalla norma, ma non per questo sbagliate.

Donne innovative, profonde, dinamiche, passionali, intelligenti. E mille altre cose ancora, ma non sbagliate.

Vi giudicano impegnative perché non è facile gestirvi, non lo è comprendervi. Richiede sforzo. E non tutti sono disposti. Perché portate chi vi sta di fronte a mettere in discussione se stessi. Perché fate sembrare tutto due volte più grande e aprite strade a mondi sconosciuti. Perché siete piene di vita e avete bisogno di attizzare sempre la fiamma del vostro essere, mentre la maggior parte delle persone preferisce spegnersi lentamente.

Per questo, vi dico: Non permettete mai a nessuno di stabilire per voi quale sia il modo più giusto di essere voi stesse. E non permettete mai a nessuno di farvi sentire inferiori per qualcosa che avete in più rispetto ad altri. Non lo siete.

E manchereste di rispetto a voi stesse se lo faceste.

 

 

 

 

 

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