Gestalt, cos’è la psicologia della forma

Gestalt: la psicologia della forma

Gestalt è una parola tedesca che significa forma, configurazione armonica, struttura unitaria. Il concetto di Gestalt nasce nella Germania degli anni ’20 ed è incentrato sui temi della percezione.

“Il tutto è più della somma delle singole parti”. Questo il principio alla base della psicologia della forma.

Un semplice esempio è il logo del WWF: ogni volta che lo guardiamo vediamo chiaramente l’immagine di un panda ma, in realtà, quello che stiamo osservando non è nient’altro che un insieme di macchie nere su sfondo bianco. La psicologia della forma studia proprio fenomeni come questo, esplorando le relazioni che avvengono nel nostro cervello affinché esso percepisca la realtà così come la percepisce.

Un po’ di storia della Gestalt 

La psicologia della Gestalt si sviluppò nella Germania degli anni ’20 per proseguire poi negli Stati Uniti, in seguito all’immigrazione dei suoi principali esponenti durante le persecuzioni naziste.

Il primo ad usare la parola Gestalt è stato Ernst Mach, fisico e filosofo austriaco. Fondatori della psicologia della Gestalt sono però di solito considerati Max Wertheimer e i suoi allievi Kurt Koffka, Wolfgang Köhler.

Questi studiosi esaminarono gli aspetti della percezione, del ragionamento, della memoria e del pensiero, giungendo ad affermare questa teoria secondo cui “Il tutto è diverso dalla somma delle parti”. Non maggiore, né migliore, semplicemente diverso.

Questo concetto oppone la psicologia della Gestalt allo strutturalismo di fine Ottocento e all’Elementarismo. È una visione olistica della realtà: la coscienza non coglie immediatamente gli elementi singoli ma tende a riunire in isole le totalità strutturate. E il nostro cervello lo fa così bene che non ce ne rendiamo conto. È quello che avviene con una melodia: l’ascoltatore non percepisce solo il susseguirsi di tutte le note ma un’intrinseca unità.

Da qui nasce la psicologia della forma, la Gestalt, con i suoi principi che tendono a regolare la percezione e studiano come le parti si influenzano e interagiscono.

Nel 1912, Max Wertheimer pubblicò uno studio sul movimento apparente, il noto “Fenomeno phi”, che si sperimenta vedendo le luci di insegne luminose che sembrano inseguirsi. In realtà non ci sono luci in movimento ma solo lampade che si accendono e spengono a intermittenza e rapidamente. Da questo studio egli ricavò il principio generale per cui ciò che percepiamo è un prodotto della mente.

Wolfgang Köhler studiò il fenomeno di ristrutturazione, chiamato “insight” (intuizione), ossia la comprensione improvvisa e subitanea della strategia utile per la risoluzione di un problema. Il lampo di genio è un altro esempio della Gestalt, in quanto riesce a produrre una nuova struttura nei dati originari.

Le teorie della Gestalt si rivelarono molto innovative in quanto rintracciarono le basi del comportamento nel modo in cui viene percepita la realtà, anziché per quella che è realmente.

I principi della Gestalt

La percezione è regolata da diversi principi che permettono al nostro cervello di elaborare le informazioni e trarne un certo significato. Ad esempio la linea tratteggiata che divide le corsie stradali è formata da tanti piccoli trattini separati ma il nostro cervello elabora questi elementi visivi come un qualcosa di continuativo, come un elemento unico.

La capacità di percepire un oggetto deve essere quindi rintracciata in un’organizzazione che avviene nel sistema nervoso, e mai dalla banale immagine che i nostri occhi vedono.

Per la consueta tendenza dell’uomo ad individuare schemi, anche nella percezione, nel pensiero e nella sensazione possono essere individuati dei principi regolatori che agiscono del tutto inconsapevoli. In riferimento alle percezioni visive le principali regole della gestalt sono:

  • Prossimità. Gli elementi sono raggruppati in funzione delle distanze e, per il cervello umano, all’interno di una composizione o un’immagine, gli elementi vicini vengono percepiti come un elemento unitario. Un certo numero di elementi, a seconda dello spazio e dell’ordine, può dare origine a diverse interpretazioni. 9 cerchi disposti in fila da 3 creano un quadrato e vengono percepiti come un elemento unitario.
  • Somiglianza. È la tendenza a raggruppare gli elementi simili come se fossero un elemento unitario ed è frutto della nostra tendenza a creare insiemi e sottoinsiemi. Cerchiamo sempre il filo rosso che colleghi ogni cosa.
  • Buona continuità. Tutti gli elementi sono percepiti come appartenenti ad un insieme continuo perché uniti secondo una loro direzione. Ancora una volta, la linea tratteggiata che separa le corsie non è percepita come tanti segmenti ma, il fatto che questi segmenti siano in coda ci fa vedere una linea continua.
  • Destino comune. Se gli elementi sono in movimento, vengono raggruppati quelli con uno spostamento coerente: 3 silhouette di tre aerei che puntano verso la stessa direzione verranno percepiti come un gruppo di aerei che volano insieme.
  • Figura-sfondo. Le parti di una composizione si possono interpretare sia come oggetto sia come sfondo. E qui le illusioni ottiche sono tantissime. L’esempio classico è il vaso di Rubin: guardandolo con attenzione possiamo vedere nella composizione un calice e allo stesso tempo due volti e il gioco è creato proprio sviluppando questo principio di figura-sfondo.
  • Principio dell’esperienza passata. Le forme che noi vediamo sono frutto della nostra esperienza che le modella nella nostra percezione – un po’ come nella pareidolia, la tendenza a vedere il volto umano negli oggetti. Gli elementi di un insieme che richiamano ad una esperienza passata di un altro oggetto si trasformano in quell’oggetto. Bastano poche linee o punti per farci vedere un quadrato o un cerchio, forme perfettamente stabilite nel nostro cervello e nella nostra memoria.
  • Principio di riempimento o chiusura. Il nostro cervello tende a chiudere forme che in realtà non lo sono. Con tre angoli vediamo un triangolo anche se in realtà non c’è, perché il nostro cervello riesce a colmare anche la parte mancante e a completare la forma. Questo è possibile proprio grazie all’esperienza passata.

Queste regole sono utili per spiegare diverse illusioni ottiche e sono anche alla base di alcune tematiche che molto ricorrenti nelle arti visive, nella grafica, nell’illustrazione.

Tra gli studiosi della Gestalt in Italia ricordiamo Fabio Metelli e Gaetano Kanizsa, particolarmente noto per lo studio del fenomeno percettivo che oggi porta il suo nome: il triangolo di Kanizsa (in foto).

Fonte immagine per l’articolo sulla Gestalt: Wikipedia.

A proposito di Federica Grimaldi

Ventenne appassionata di arte e letteratura. Entra a far parte del team di Eroica per dedicarsi alla stimolante attività della scrittura.

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