Padre Bartoly Djim Mandreh Mombo Iboangath, parroco dal 2019 della Chiesa SS Trinità, situata in via Fontanelle al Trivio (Napoli), ha organizzato il 22 settembre una messa di ringraziamento ai fedeli, seguita da una festa in segno di unione per la fine della sua missione. «Partire è morire un po’ ma andare a cercare Dio è trovare la vita»: questo è il canto conclusivo della messa, una luce in fondo al tunnel.
La durata dell’incarico di parroco di una parrocchia può variare a seconda delle norme stabilite dalla Chiesa Cattolica. Secondo il canone 522 del codice di diritto canonico è opportuno che il parroco goda di stabilità e venga nominato a tempo indeterminato. Tuttavia, in alcuni casi, il vescovo diocesano può nominare un parroco a tempo determinato solo se ciò è stato ammesso per decreto dalla conferenza dei vescovi. Ad esempio, in Italia, la Conferenza Episcopale Italiana ha stabilito che quando la nomina viene fatta in tempo ha una durata di nove anni.
Alla scoperta di Padre Djim
Padre Djim, parroco di 37 anni originario del Congo, ha iniziato la sua missione proprio negli anni del Covid, periodo in cui dominava tra tutti un senso di smarrimento, eppure è riuscito in soli tre anni a imparare l’italiano e sorprendentemente anche il nostro vernacolo. La domanda che sorge spontanea è la seguente: perché un padre dovrebbe avere il desiderio di imparare anche il nostro dialetto? La risposta la si può leggere nell’animo di Padre Djim e nel suo operato, infatti il parroco ha sempre cercato di immedesimarsi nelle vite dei suoi fedeli e per farlo ha dovuto imparare a pensare come loro, ma soprattutto a esprimersi come loro.
Padre Djim: il parroco dei bambini
Capita che i bambini di questo quartiere molto difficile si inseriscano in contesti spiacevoli a causa dell’assenza di un adeguato esempio paterno. Padre Djim non si è mai arreso e ha teso le mani ad ognuno di questi bambini essendo così non solo un padre spirituale, ma anche in senso più letterale. Ha insegnato a questi bambini i valori del rispetto, della lealtà, e dell’educazione.
Evidente è lo sgomento dei giovani a cui è stata strappata una figura del genere proprio nel momento in cui stavano iniziando a fare i primi passi. Durante la festa, non mancano urla in segno di protesta: «Non è giusto, non è giusto. Non andare via, abbiamo bisogno di te. È un’ingiustizia toglierci padre Djim, ha ancora tanto da insegnare. Padre Djim ci hai dato la possibilità di partecipare ad un campo estivo gratuito e di essere liberi. Abbiamo avuto l’opportunità di studiare grazie ad un doposcuola totalmente gratuito».
Il teatro segno di cultura e di divertimento per i bambini
Questa è la testimonianza di una fedele impegnata nelle attività laboratoriali del teatro: «Padre Djim si è trovato catapultato improvvisamente in un quartiere indigente di una metropoli contraddittoria di per sé e ha dovuto affrontare tutte le problematiche tipiche di una parrocchia di frontiera, a partire dalla ristrutturazione del teatro. Padre Djim è riuscito a conferire al teatro una nuova vitalità, accogliendo bambini di svariate religioni e in accordo con i genitori ha lasciato liberi i piccoli di discernere tra un teatro laico e un teatro con velleità più cristiane. Non ha mai interferito con quelli che sono stati i contenuti laboratoriali».
Un parroco dal multiforme ingegno
Ogni giorno Padre Djim diffonde la parola del Signore sul suo canale Facebook il Vangelo del buon pastore, con spiegazioni in francese e in italiano. Non si è mai rifiutato di sporcarsi le mani dando una mano ad esempio nelle pulizie, o a tinteggiare panche o pareti.
La petizione per Padre Djim
Il 10 agosto 2024, un fedele di nome Marcello Barra ha lanciato una petizione su change.org per riconfermare padre Djim e revocare il trasferimento, sostenuta da ben 381 persone che hanno anche evidenziato le ragioni che li hanno spinti a firmare. Eccone una: «Nella mia vita di appena 49 anni non ho mai incontrato una persona tanto umile quanto vera, autentica e in sincera laboriosità e penso che il giudizio vada al di là della veste sacra che indossa. Vogliamo che non parta!»
La fede senza le opere è morta
Come spiega Giacomo, la fede senza le opere è morta, nel senso che un parroco non deve limitarsi a celebrare una magnifica omelia ma deve anche far crescere spiritualmente i fedeli. Padre Djim ha tutto questo ed è per questo che non solo i fedeli ma anche l’assessore del Welfare ha mandato una lettera a Domenico Battaglia, ai Padri Trinitari e a Michele Autuoro (vescovo con le deleghe delle parrocchie e sacerdoti).
La famiglia dei Trinitari ha deciso di trasferire Padre Djim senza motivare questa decisione. Come si può strappare un parroco alla propria comunità? Come si può trasferire un parroco che ha dato così tanto ai bambini, attraverso anche delle uscite culturali come quella al Museo di Capodimonte?
Se la forza della nostra comunità risiede nella fraternità e nella nostra capacità di ascoltarci e sostenerci gli uni gli altri, dov’è l’ascolto?
Fonte dell’immagine in evidenza: Archivio personale