Sonnō jōi: il fenomeno del periodo Tokugawa

Sonnō jōi: il fenomeno del periodo Tokugawa

Il sonnō jōi (尊皇攘夷) è uno slogan politico che si trasformò in un potente movimento sociale, nato in Giappone durante la fase finale del periodo Tokugawa (1603-1868). Questo movimento reazionario fu una conseguenza diretta della forzata apertura del Giappone all’Occidente e giocò un ruolo fondamentale nella caduta dello shogunato.

Componente dello slogan Significato e obiettivo politico
Sonnō (尊皇): riverire l’imperatore Significava delegittimare il potere militare dello shōgun (il bakufu) e riportare l’autorità politica e spirituale nelle mani dell’imperatore (tennō).
Jōi (攘夷): scacciare i barbari Era la componente xenofoba e nazionalista del movimento. l’obiettivo era resistere all’influenza occidentale e mantenere la politica di isolamento (sakoku).

Le radici del sonnō jōi: l’arrivo delle “navi nere”

Il periodo Tokugawa fu caratterizzato dalla politica di chiusura del paese, il sakoku. Con l’espulsione degli europei (ad eccezione degli olandesi a Nagasaki), lo shogunato mirava a controllare il commercio e a indebolire i daimyō (signori feudali). Le cose cambiarono drasticamente nel 1853, quando le navi da guerra americane guidate dal Commodoro Matthew Perry, le “navi nere”, evidenziarono l’arretratezza militare del Giappone. Lo shōgun fu costretto a cedere e ad aprire i porti.

La popolazione si divise: da un lato chi era favorevole all’apertura, dall’altro chi chiedeva di mantenere l’isolamento. La firma dei “Trattati Ineguali“, che imponevano condizioni umilianti per il Giappone, inasprì i sentimenti xenofobi e screditò il governo, considerato debole. Da questo clima nacque il movimento sonnō jōi.

Dallo slogan all’azione: gli attacchi degli shishi

L’insoddisfazione verso il governo generò il desiderio di restituire il potere all’imperatore. Tra gli attivisti del sonnō jōi emersero soprattutto samurai di basso rango che formarono i cosiddetti shishi (“uomini di spirito”). Questi gruppi sparsero il terrore, rendendosi protagonisti di numerosi assassinii contro funzionari del bakufu (il governo dello shōgun) e stranieri. Una delle vittime più illustri fu Ii Naosuke, il reggente che aveva firmato il Trattato Harris con gli Stati Uniti.

Il dominio di Chōshū e la fine del movimento

Nel 1863, il dominio (han) di Chōshū, uno dei più influenti del paese, appoggiò apertamente il movimento e attaccò le navi occidentali nello stretto di Shimonoseki. La reazione fu devastante: le flotte straniere distrussero completamente le difese costiere del feudo. Questo evento dimostrò l’impraticabilità dell’obiettivo “scacciare i barbari” e ridimensionò le ambizioni degli estremisti. Sebbene i sentimenti xenofobi rimanessero, gli attivisti capirono che era necessario aprirsi all’Occidente, almeno per acquisirne la tecnologia militare e rafforzarsi in vista di un futuro scontro.

L’eredità del sonnō jōi

Il fallimento della componente jōi (scacciare i barbari) non fermò il movimento, ma anzi rafforzò la componente sonnō (riverire l’imperatore). I domini ribelli, come Chōshū e Satsuma, si allearono e, pur adottando tecnologie occidentali, continuarono a lavorare per rovesciare lo shogunato. Questo processo culminò nel 1868 con la Restaurazione Meiji, che abolì il governo dello shōgun e restaurò il potere imperiale, aprendo definitivamente il Giappone alla modernizzazione.

Immagine in evidenza: Wikipedia

Articolo aggiornato il: 11/09/2025

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