Quando pensiamo alla creatività nella nostra mente visualizziamo i nomi di diversi personaggi che con il loro “genio” sono passati alla storia. Einstein, Picasso, Bill Gates, John Lennon e potremmo continuare ancora per molto. Perché questi personaggi hanno lasciato un segno rispetto ad un comune mortale? William James nel 1890 definì la creatività una transizione da un’idea all’altra, un’inedita combinazione di elementi, un’acuta capacità associativa e analogica, una vera rivoluzione che segna il passaggio da un pensiero più lineare e schematico, ad uno maggiormente basato sulla sintesi, una rinnovata percezione che prende le distanze dal comune pensare.
Il concetto di creatività è stato declinato in diversi modi nel corso del tempo, ma sostanzialmente il suo significato è rimasto invariato. Dalla lampadina di Einstein passando alla genialità a cui vengono associate personalità sregolate, disagiate, con problematiche di disadattamento e ritiro sociale, tossicodipendenza, sino a seri problemi di natura strettamente psichiatrica come la schizofrenia.
Guilford definisce gli aspetti secondo i quali si distingue un pensiero creativo che vanno dalla fluidità, la capacità di produrre molte idee, alla flessibilità di cambiare strategia ogniqualvolta la situazione- problema dovesse richiederlo, l’originalità nel trovare risposte uniche, insolite e particolari, l’elaborazione che consiste nel perseguire una strada ideativa con ricchezza di particolari senza lasciare nulla al caso sino alla sensibilità ai problemi che si traduce nel selezionare alcune idee e organizzarle in forme nuove.
Molti autori sono dunque arrivati alla conclusione che la creatività non è un evento singolo bensì un processo interattivo tra elementi cognitivi e emotivi. L’atto creativo contiene una componente di tipo cognitivo-esplorativa e una generativa. E’ come se dinanzi a sé la mente creativa passasse in rassegna una serie di modelli mentali come potenziali soluzioni al problema che le si presentano e nella fase esplorativa vengono valutate le diverse opzioni per poi essere selezionata quella migliore.
Alcuni studi sui meccanismi neurali della creatività hanno esaminato il ruolo dell’ asimmetria emisferica (Martindale, 1999). Originariamente la creatività era considerata una funzione dell’emisfero destro, l’idea principale che i creativi utilizzassero soprattutto l’emisfero destro, mentre le persone razionali, meno creative l’emisfero sinistro. Tale teoria appare oggi semplicistica, a fronte della complessità del cervello.
Studi recenti considerano la non esistenza definita di una lateralizzazione emisferica per la creatività e l’esistenza di diverse aree cerebrali attivate a seconda della natura del processo creativo in atto. Quando gli esseri umani sono impegnati con qualsiasi tipo di processo creativo, un gran numero di regioni del cervello quindi si attiverebbe. Le stesse regioni cerebrali sono quelle che si attivano anche in molti processi cognitivi cosiddetti “ordinari” (memoria, attenzione, controllo) pertanto, questi studi suggeriscono come la creatività possa essere considerata il prodotto di diverse interazioni tra cognizione ed emozione.
Da quanto emerso dalla letteratura, sembra non esserci un accordo unanime tra i ricercatori su quali siano le precise aree cerebrali coinvolte nel processo creativo.
Rimane abbastanza chiaro, tuttavia, il coinvolgimento della corteccia prefrontale, nonostante non si sia effettivamente ancora chiarita la misura di tale coinvolgimento.
La conclusione è che il pensiero divergente non rappresenta una modalità diversa o separata di pensare, per cui non vi è un insieme specifico di regioni cerebrali coinvolte durante tale processo, piuttosto pare produca un’attivazione ampia e diffusa (Dietrich, 2007). E’ probabile che la ricerca futura identificherà specifiche aree cerebrali per i processi creativi, ma questo sforzo richiederà una maggiore divisione del concetto di creatività in diversi sotto-processi, in quanto la creatività, come costrutto generale e univoco, non pare essere chiaramente localizzabile.