Il quartiere Coppedè: lo spazio rubato di Roma Nord

Il quartiere Coppedè: lo spazio rubato di Roma Nord

Costruito negli anni Venti dello scorso secolo dall’architetto di cui porta il nome, il quartiere Coppedè è uno degli angoli più originali di Roma, un accostamento inaudito di stili artistici e architettonici.
Non è facile raccontare Roma, perché si rischia di replicare cose già dette, trite e ritrite. Ogni angolo è stato già ripreso, celebrato e immortalato. Ogni cosa sembra già vista. Ma ci sono posti di cui quasi nessuno parla, e spesso sono i migliori. Quelli in cui i turisti non sostano, non depredano. Quelli con pochi rumori e in cui si cammina ancora senza fretta. Uno di questi è il quartiere Coppedè, incastonato tra Piazza Buenos Aires e Via Tagliamento; qui passeggiare sembra un’attività clandestina e, da un certo punto di vista, lo è letteralmente, perché la parte migliore è nascosta all’interno dei palazzi, dove si entra solo con una certa sfrontatezza.

Il quartiere Coppedè: il progetto e la storia

A dispetto del suo nome, il quartiere Coppedè più che un quartiere è un piccolo agglomerato di palazzine e villini; un pezzetto di mondo fuori dal tempo e dallo spazio, costruito più o meno un secolo fa. Un po’ fiabesco, un po’ gotico, un po’ esoterico. Bizzarro e inaspettato, è come un varco che si apre tra i palazzi tutti uguali di Roma Nord.
Il progetto iniziale, affidato all’esuberante architetto Gino Coppedè, prevedeva la costruzione di una zona abitativa nei pressi di Piazza Buenos Aires. La sovrintendenza della commissione edilizia chiese che il quartiere avesse un’impronta tipicamente romana e questo spiega i numerosi richiami agli stilemi dell’arte romana. Alla morte del suo ideatore, il progetto su portato avanti dall’allievo Paolo Emilio Andrè. Si tratta di un pastiche di stili artistici che si articola intorno al nucleo centrale, Piazza Mincio, con la famosa Fontana delle Rane, realizzata dall’architetto Gino Coppedè nel 1924. È la stessa fontana in cui i Beatles hanno fatto il bagno nel giugno del 1965, dopo essersi esibiti al Piper Club, lo storico locale che sopravvive di fronte all’ingresso di Coppedè.

Una commistione di stili ed elementi

Ferro, ma anche marmo, travertino, vetro, legno si combinano in forme eclettiche nel quartiere Coppedè, che rispondono agli stili più disparati. Il Liberty con le sue inconfondibili forme naturali e sinuose, lo stile Decò e il lussureggiante Barocco, da cui derivano le più esuberanti decorazioni di torrette, portoni e vetrate. Gli archi e le colonne, invece, rimandano all’arte romana, da quella antica a quella imperiale. È stato lo stesso architetto Gino Coppedè a scrivere sulla facciata del Palazzo del Ragno «Maiorum exempla ostendo/Artis praecepta recentis» (Mostro gli esempi degli antichi come regole dell’arte moderna). Un enorme lampadario in ferro battuto invita i passanti a entrare nel quartiere, come fosse un salotto attraente e straniante al tempo stesso; sospeso nell’arcone d’entrata su Via Dora, il lampadario segna un confine tra il movimento reboante della città e questo spazio rubato. 

L’arco di via Dora introduce al Villino delle Fate, uno dei 17 villini del quartiere. Con le sue decorazioni vistose, il Villino delle Fate è – insieme al Palazzo del Ragno – l’elemento più rappresentativo di Coppedè. Fiori, cavallucci marini, pesci, meduse, draghi e grifoni conferiscono un’immagine fiabesca e gotica, come se i palazzi osservassero i visitatori con facce buffe e ghigni malefici. Da Cabiria, sceneggiato da D’Annunzio, a Inferno di Dario Argento, il quartiere Coppedè – che di per sé ha tanto di cinematografico – ha ispirato artisti e registi di tutto il mondo, diventando lo sfondo di diverse pellicole. Ci si inciampa un po’ per caso in questo angolo strabiliante, tanto che quasi non si ha memoria di come ci si è arrivati e non si sa bene come uscirne. Un po’ come tutti i posti più belli di Roma.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

A proposito di M. S.

Laureata in Filologia, letterature e storia dell’antichità, ho la testa piena di film anni ’90, di fotografie e di libri usati. Ho conseguito un Master in Giornalismo ed editoria. Insegno italiano, latino e greco, scrivo quando ne ho bisogno e intervisto persone. Vivere mille vite possibili attraverso gli altri è la cosa che mi riesce meglio, perché mi solleva dalla pesantezza delle scelte.

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