Cambiamento climatico e impatto sulla geografia mondiale

Cambiamento climatico e impatto sulla geografia mondiale

Da anni ormai, o sarebbe meglio dire da decenni, il cambiamento climatico, con le loro conseguenze devastanti, sono oggetto di studio, motivo di preoccupazione, generatore di ansie e timori soprattutto fra le nuove generazioni. Con costante regolarità si riuniscono apposite persone che affrontano l’argomento col supporto di dati, teorie scientifiche e altro materiale raccolto attraverso studi e approfondimenti. Le conclusioni sono essenzialmente orientate verso due teorie. La prima, quella emotiva, che è il cavallo di battaglia di Greta Thunberg e degli adolescenti, ritiene che il motivo principale di questo cambio climatico sia dovuto al disinteresse dei potenti della terra, che non hanno a cuore le sorti del pianeta e permettono l’emissione incontrollata nell’atmosfera di sostanze inquinanti che hanno come conseguenza il buco nell’ozono, il surriscaldamento globale, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare e il riscaldamento delle acque. Questo determinerebbe il cambiamento climatico attraverso una serie di disastri ambientali che si manifestano con periodi di elevata siccità o periodi di piogge torrenziali che generano alluvioni come quelle che, in questi giorni di maggio travestito da novembre, hanno messo in ginocchio l’Emilia Romagna. Si tratterebbe, quindi, di una nemesi, una vendetta, o quanto meno una ribellione verso l’uomo che continua, col suo comportamento scellerato, a esercitare una violenza insopportabile verso la natura, che stanca di questi continui soprusi, reagisce con altrettanta violenza.

La seconda, forse più credibile, è la teoria degli scienziati che sostengono che l’incidenza dell’uomo nei cambiamenti climatici sia molto poco significativa, visto che mutazioni del clima anche molto più radicali di quella attuale, si sono succedute nella storia del pianeta a partire dal celeberrimo Big Bang, nei successivi 4 miliardi di anni. Tutti abbiamo sentito parlare di glaciazioni, ere di grandissimo freddo e con temperature ben al di sotto dello zero, o di grandi siccità che hanno nel corso dei secoli determinato eventi di grande impatto sulla storia dell’umanità causando, come si legge nei libri di storia, addirittura la scomparsa di Imperi e civiltà fiorenti, come nel caso degli Ittiti nell’VIII secolo a.C.

Un capitolo a parte, se si parla di cambiamento climatico, lo meritano le alluvioni che sono una costante della storia recente e passata dell’umanità, al punto che, andando a scomodare eventi di scenari biblici, viene da pensare che il famoso diluvio universale che ci è stato descritto come l’espressione della collera di Dio che, adirato per il degrado e la mancanza di valori in cui vivevano le comunità dell’epoca, le punì con questo terribile castigo, altro non fu che una delle tante bizzarrie del clima che si manifestò con la caduta sulla Terra di piogge talmente insistite, copiose e violente da provocare alluvioni e allagamenti che furono la causa di ingentissime perdite di vite umane.

Il vero nocciolo della questione, in fondo, è capire i motivi dell’incostante andamento del clima, quelli che causano il cambiamento climatico e quali possono essere i rimedi, le difese, le strategie delle quali l’uomo può giovarsi per minimizzare i pericoli che questa incostanza comporta. Limitare l’inquinamento si può e si deve, facendo però in modo che non sia un limite al progresso che, a sua volta non si può e non si deve fermare. Vanno quindi privilegiate tutte le azioni che abbiano un impatto sostenibile sulla natura ma, soprattutto, va attuata una seria politica di prevenzione dei danni procurati dal cambiamento climatico. Si dovrebbe, per esempio, praticare una accurata pulizia dei fondi dei fiumi per evitare che nei periodi di esondazione, oltre all’acqua, riversino nelle zone allagate anche tronchi di alberi, pietre e altri materiali pericolosi per l’incolumità delle persone; si potrebbero costruire canali che facciano confluire le acque torrenziali in bacini appositi, per poi servirsi di queste acque nei periodi di siccità; si potrebbero fortificare le sponde dei fiumi, laddove la loro esondazione può costituire un pericolo per la popolazione. Tutto questo, tra l’altro, creerebbe anche posti di lavoro per chi questi lavori dovrebbe eseguirli, la qual cosa, restando in tema, vista la siccità di salari causa disoccupazione, non sarebbe certamente un aspetto di secondaria importanza. Si tratterebbe, in pratica, di investire denaro pubblico non per rimediare ai danni dei capricci climatici ma per prevenirli e, in qualche modo, ottimizzarli. Il tutto a vantaggio del nostro meraviglioso pianeta che abbiamo il dovere di difendere e conservare al meglio per la nostra e le future generazioni. 

Fonte immagine in evidenza: Pixabay

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