Negli ultimi anni, le scarpe rosse sono diventate un simbolo potente e immediatamente riconoscibile della lotta contro il femminicidio e la violenza sulle donne, in Italia e nel mondo. La loro marcia silenziosa, che riempie le piazze di numerose città ogni 25 novembre, in occasione della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”, è un monito a non dimenticare le vittime e un appello a combattere le radici profonde di questa piaga sociale.
Scarpe Rosse: le origini in Messico, a Ciudad Juárez
La storia delle Scarpe Rosse ha inizio in Messico, a Ciudad Juárez, una città di frontiera tristemente nota come “la città che uccide le donne”. Qui, a partire dagli anni ’90, si è registrato un numero impressionante di sparizioni e omicidi di giovani donne, rimasti spesso impuniti. Le vittime erano soprattutto studentesse e lavoratrici, spesso provenienti da contesti di povertà, che si recavano nelle maquiladoras, fabbriche di proprietà di multinazionali statunitensi, situate in zone periferiche e caratterizzate da condizioni di lavoro precarie e da una forte discriminazione di genere. Queste fabbriche, nate in seguito all’entrata in vigore del NAFTA (l’accordo nordamericano di libero scambio fra Stati Uniti, Canada e Messico) nel 1994, sfruttavano la manodopera femminile a basso costo e, data la loro posizione isolata, rendevano le lavoratrici facili prede della violenza criminale, in particolare dei cartelli di narcotrafficanti che si contendevano il controllo del territorio.
Zapatos Rojos: il progetto di Elina Chauvet contro il femminicidio
In questo clima di terrore e di impunità, nel 2009 l’artista messicana Elina Chauvet ideò l’installazione Zapatos Rojos, “scarpe rosse” in italiano. Si tratta di un’opera d’arte pubblica e relazionale, nata per denunciare i numerosi femminicidi e le sparizioni che insanguinavano Ciudad Juárez. Fu proprio in questa città che il termine “femminicidio” venne coniato per la prima volta, per indicare l’uccisione di una donna in quanto tale, in quanto appartenente al genere femminile, un fenomeno che rivela un problema strutturale della società, che deve essere riconosciuto e affrontato con urgenza.
Le Scarpe Rosse: un’esperienza personale che diventa denuncia universale
L’ispirazione per il progetto delle Scarpe Rosse nacque da una tragedia personale vissuta da Elina Chauvet: la perdita della sorella, Julia, uccisa dal compagno nel 1992 proprio a Ciudad Juárez. Il dolore per questo femminicidio si trasformò, attraverso l’arte, in un grido di denuncia, in una protesta silenziosa ma potente contro la violenza di genere. La prima installazione di Chauvet, nel 2009, consisteva in 33 paia di scarpe rosse, allineate lungo una strada di Ciudad Juárez, a simboleggiare una marcia di donne assenti, scomparse a causa della violenza.
Il successo delle scarpe rosse: un simbolo globale contro la violenza di genere
L’installazione delle Scarpe Rosse ebbe una risonanza enorme, prima in Messico e poi in tutto il mondo, diventando un simbolo universale della lotta contro la violenza sulle donne. Il progetto, pur essendo profondamente legato alla realtà di Ciudad Juárez, ha assunto una dimensione globale, perché affronta un problema, quello della violenza di genere, che purtroppo non conosce confini. Ogni anno, il 25 novembre, in occasione della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”, centinaia di piazze in Italia e in altri paesi si riempiono di Scarpe Rosse vuote, che con la loro forte carica evocativa richiamano l’attenzione su un fenomeno drammatico e inaccettabile. Il progetto vive grazie al supporto di comunità che si attivano in tutto il mondo, diventando un esempio di come l’arte possa farsi strumento di aggregazione, di sensibilizzazione e di denuncia sociale.
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