Cancel culture: cos’è, flop e sviluppi recenti

Cancel culture: cos’è, flop e sviluppi recenti.


Se sbagli ti cancello, questo il leitmotiv degli ultimi anni sui social, la cancel culture è un fenomeno che sta riscrivendo le coordinate socio-culturali dei nostri giorni.
Perlopiù questo ha luogo su social come Twitter ed Instagram, i personaggi coinvolti in queste vere e proprie operazioni di sabotaggio vanno dal mondo dello spettacolo a quello letterario, da quello sportivo a quello artistico.
Chi viene cancellato è accomunato da una rapida discesa verso l’oblio, tra i personaggi più odiati dei social, tra i casi più celebri Donald Trump, J.K Rowling, Lizzo, Armie Hammer, Kanye West, Will Smith, Olivia Wilde e Jeffree Star.

Cos’è e da dove nasce la cancel culture? La cancel culture nasce in America nel 2010 su Tumblr, allora social di nicchia in cui venivano discussi argomenti allora considerati secondari, solidificandosi nella comunità dei blogger questo termine inizia ad essere usato nel 2017 su Twitter.
Vari dizionari in inglese collegano la diffusione di questo termine al #MeToo dato che diversi attori e produttori stimati globalmente sono stati definiti problematici prima e processati sia dentro che fuori i tribunali poi. Le critiche online sono sempre esistite ma nel caso della cancel culture si tratta di comportamenti volti a cancellare la personalità famosa in questione e a rimuovere il potere mediatico di quest’ultima, atteggiamenti che instillano nello stesso showbiz un certo senso di accortezza oggi, dato che i confini tra fama e cancellazione si fanno sempre più sottili.
A differenza della cultura del call-out che si basa sul senso di responsabilità per un torto commesso e sulle scuse,  nel caso della cancel culture si assiste ad un velocissimo  processo di analisi meno indulgente e per questo contestato da chi ritiene che non sia giusto che con pochi click si possano annullare le buone azioni di un accusato.
Ad un occhio poco social questo può sembrare un modo cattivo e superficiale per gestire delicate dinamiche pubbliche ma quello che è importante comprendere è che questo modo di reagire agli scandali rappresenta un rovesciamento delle dinamiche di potere dove i social si configurano come lo spazio in cui è il popolo riunito a decidere del destino di altri, spesso più ricchi e più famosi.
Per questo motivo vari politici americani ritengono che queste siano pratiche pericolose e comuniste, diversi di questi personaggi sono stati però accusati di reati fiscali e sessuali, dunque le loro teorie sono totalmente influenzate dai propri scheletri nell’armadio.

È inutile negare che la lotta di classe abbia dei legami con la cancel culture, spesso internet è il solo spazio a disposizione di membri di minoranze o cittadini ostracizzati su base etnica, economica e sessuale ed è importante che queste possano rivendicarlo come strumento di espressione del disappunto o di denuncia.
Il vecchio spazio che prima si occupava degli scandali, ossia la politica, tendeva ad isolare le personalità corrotte mentre oggi la novità è che si ha accesso ad un dialogo ben più vasto e alla portata di chiunque sia in possesso di un cellulare.
Quello che in molti chiamano boicottaggio, avviene sui social non si limita solo alle discussioni online e agli unfollow di massa, questo può avvenire anche danneggiando vendite di prodotti vari come i libri sia nel caso di J.K. Rowling (accusata di transfobia) e degli editori del libro Matilda di R. Dahl (accusato di xenofobia e grassofobia).

Non sempre la cancel culture funziona, diverse volte questa si rivela un flop perché la community di persone che ancora supporta chi viene cancellato è mediaticamente più forte di chi cerca di remare contro, questi sono i casi di conduttori televisivi come Ellen DeGeneres, James Corden e Jimmy Fallon ma anche di youtuber e beauty influencers come Mikayla Nogueira e Jeffree Star.
Riemergere dalle proprie ceneri come una fenice è possibile per quei vip che ne hanno la possibilità non solo economica ma anche mediatica, non è un caso che diversi di questi personaggi che riescono a vincere la cancellazione abbiano ampi spazi televisivi seguiti anche da telespettatori non-millennials e generazione che non possono comprendere questa modalità di affrontare la problematicità dell’individuo famoso.
Un caso tutto italiano di cancel culture potrebbe essere quello di Marco Ferrero, noto online come Iconize, cancellato nel 2020 dopo aver finto di aver subito un’aggressione fisica da un gruppo di persone omofobe.
Dopo un lungo detox dai social e vari post di scuse, Ferrero ha ripreso ad utilizzare i social e continua ad essere scelto da diversi brand per sponsorizzare prodotti e servizi.
Questo è stato possibile non solo perché Ferrero ha alle spalle diversi esperti di media e management ma anche perché grazie alle sue amicizie ha la possibilità di racimolare followers anche da altri profili, primo su tutti quello di Elettra Lamborghini, ereditiera e cantante.

Recentemente sotto i riflettori della cancel culture c’è la cantante e flautista statunitense Lizzo, accusata da tre ex ballerine che hanno lavorato per lei di creare un ambiente di lavoro ostile e non solo, ci sono anche accuse di molestie sessuali riguardanti episodi in cui la cantante avrebbe costretto i propri impiegati a mangiare una banana dalla vagina di una stripper ad Amsterdam.
Ciò che ha più intristito il pubblico sono sicuramente state le accuse di fat-shaming fatte in particolare ad una delle ballerine che dice di essersi sentita giudicata per aver preso un paio di chili.
La vicenda si infittisce via via che va consumandosi sui vari network di gossip e i notiziari, con sempre più ex impiegati e professionisti che corroborano la versione delle ballerine, Lizzo ha deciso di dire la sua in un tipico statement scritto dalle note del suo iPhone in cui utilizza il suo essere disinibita come pretesto per proteggersi dalle accuse.
Letteralmente scrive «Sono molto aperta nel modo in cui vivo la mia sessualità e in cui esprimo me stessa, ma non posso accettare o permettere alle persone di utilizzare tale apertura per fare di me qualcosa che non sono. Queste storie sensazionalizzate provengono da persone che hanno già ammesso pubblicamente di essere state ammonite circa il loro comportamento inappropriato e poco professionale.»
In mancanza di un confronto preciso circa le azioni che le vengono contestate Lizzo mette in atto una tattica di damage control approssimativa che mirava non a creare vittimismo, come invece molti scelgono di fare, ma a infangare chi la accusa sia dal punto di vista dell’apertura mentale che professionale.


Il web non si è accontentato di poche righe digitate da un cellulare, questo è ampiamente comprensibile considerando lo status di Lizzo come icona e portavoce della body positivity, i suoi anni di attivismo per creare spazi televisivi per le donne curvy hanno fatto sì che la delusione circa questo avvenimento fosse ancora più grande e dunque a tale rabbia da parte dei fan corrisponde un eguale furiosa cancellazione pubblica.
Prima del processo ci saranno sicuramente ulteriori risvolti nella vicenda, come sempre i social sono impazienti di conoscere la verità, c’è chi non crede alle ballerine e alle lacrime nei vari morning show americani e chi non ha tardato le critiche di un secondo nei confronti di Lizzo accusandola di essere arrogante e manipolatoria.
Dal momento delle accuse sono infatti riemersi fatti della vita personale della cantante che le hanno fatto perdere ulteriori consensi e sta alimentando gli effetti negativi della cancel culture sulla sua carriera. Pare infatti che la cantante avrebbe iniziato la sua relazione con il fidanzato Myke Wright mentre lui era coinvolto sentimentalmente da dieci anni con un’altra donna, la notizia del tradimento ha ovviamente fatto il giro dei social quasi immediatamente e su TikTok è stata una notizia in trend per numerose ore.
Lizzo ha nel mentre azzerato la propria presenza sui social e non è prevista nuova musica o collaborazioni che la vedano protagonista,  sta effettivamente seguendo un comportamento quasi da manuale per chi si trova coinvolto nella cancel culture, in molti casi atteggiamenti di victim blaming (ossia che danno la colpa alla vittima, in questo caso gli ex dipendenti) risultano solo in una perdita di popolarità ancora più veloce. Nemmeno lei che era considerata una sweetheart in America può salvarsi da scivoloni presuntuosi  dinanzi ai  suoi followers.
Certo è che colpevole o meno le ci vorranno anni per uscire dalla bufera mediatica in cui è coinvolta, la sua carriera potrebbe cambiare radicalmente o addirittura subire una battuta d’arresto.

Immagine in evidenza: Pixabay

A proposito di Musco Francesca

Laureata in Mediazione Linguistica e Culturale, scrivo per dare sfogo alla mia loquacità e alle mie passioni. Quando non scrivo studio antropologia, guardo Drag Race e consumo mazzi di tarocchi.

Vedi tutti gli articoli di Musco Francesca

One Comment on “Cancel culture: cos’è, flop e sviluppi recenti”

Commenta