Nel 1942, durante un periodo cruciale per l’ascesa del Partito Comunista Cinese, Mao Zedong pronunciò una serie di discorsi destinati a plasmare il futuro della cultura e della politica in Cina. Conosciuti come i Discorsi di Yan’an sull’arte e la letteratura, questi interventi definirono il ruolo che gli intellettuali e la produzione artistica avrebbero dovuto avere nella rivoluzione comunista.
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Il contesto: la Lunga Marcia e la base di Yan’an
Negli anni ’30, la Cina era divisa. Da un lato i nazionalisti di Chiang Kai-shek, dall’altro i comunisti, costretti a nascondersi nelle campagne. Mao Zedong, convinto che la vera forza rivoluzionaria fossero i contadini, divenne leader di uno dei soviet rurali. Per sfuggire alle campagne di accerchiamento nazionaliste, i comunisti intrapresero la Lunga Marcia (1934-1935), un’epica ritirata che li portò a stabilire una nuova base a Yan’an, una remota regione contadina. Fu qui che Mao consolidò il suo potere come capo del Partito Comunista Cinese. Per unificare il pensiero dei suoi seguaci, nel 1942 lanciò la Campagna di Rettifica, all’interno della quale si inseriscono i suoi celebri discorsi.
I principi di Mao per l’arte e la letteratura: una sintesi
Principio chiave | Descrizione secondo la dottrina di Mao |
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Arte al servizio del popolo | La letteratura e l’arte non devono essere fini a sé stesse, ma strumenti per educare e mobilitare le masse (operai, contadini, soldati). |
Primato della politica | Il criterio politico viene prima di quello artistico. Un’opera può essere artisticamente valida solo se è politicamente corretta. |
Integrazione con le masse | Gli intellettuali devono abbandonare la loro mentalità borghese e “imparare dalle masse”, vivendo e lavorando con loro per comprenderne la vita. |
Lode e denuncia selettive | L’arte deve esaltare le virtù del popolo e denunciare spietatamente i nemici della rivoluzione. |
Il contenuto dei discorsi: servire le masse
I discorsi di Mao a Yan’an, consultabili in archivi come il Marxists Internet Archive, vertono principalmente sul ruolo che la letteratura e l’arte devono avere nella società. Secondo Mao, non esiste un'”arte per l’arte”, ma solo un’arte che serve una determinata classe sociale. L’arte proletaria, quindi, deve avere uno scopo preciso: aiutare le masse a prendere coscienza della propria condizione di oppressione e spingerle alla rivoluzione. Il pubblico di riferimento dell’arte non è più l’élite borghese, ma la grande massa composta da operai, contadini e soldati.
Il ruolo degli intellettuali: lodare e denunciare
Mao nutriva una profonda diffidenza verso gli intellettuali, considerandoli spesso portatori di un’ideologia borghese. Per questo, nei suoi discorsi stabilì regole precise per il loro lavoro. Uno scrittore o un artista, per essere utile alla rivoluzione, deve prima di tutto “rimodellare” il proprio pensiero, abbandonare la propria prospettiva individuale e adottare quella del proletariato. Questo significa andare a vivere e lavorare con le masse per comprenderne a fondo la vita. Il compito dell’arte diventa quindi quello di criticare e lodare, ma in modo selettivo:
- Verso i nemici (i reazionari, gli imperialisti): bisogna denunciare la loro crudeltà e mostrare l’inevitabilità della loro sconfitta.
- Verso gli alleati (nel fronte unito): si può usare sia la lode che la critica costruttiva.
- Verso le masse popolari: bisogna esaltarle, celebrarne il lavoro e le lotte. Anche il popolo ha dei difetti, ma questi sono visti come residui della vecchia società feudale, e l’arte deve aiutare a superarli, non a criticarli.
I discorsi di Yan’an stabilirono così una rigida linea politica per la cultura che avrebbe dominato la Cina per decenni, diventando uno dei pilastri della futura Rivoluzione Culturale.
Immagine in evidenza: Pixabay
Articolo aggiornato il: 08/09/2025