Le cariatidi sono sculture con sembianze femminili utilizzate come elementi architettonici di sostegno, in sostituzione di colonne o pilastri. Esistono anche figure maschili con la stessa funzione, chiamate telamoni o atlanti.
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L’Eretteo di Atene: le cariatidi più famose
Le cariatidi più celebri si trovano sull’Acropoli di Atene, nel lato sud dell’Eretteo, un tempio ionico costruito nel V secolo a.C. Le sei cariatidi dell’Eretteo sorreggono la trabeazione della loggetta e sono rappresentate come donne dalla corporatura robusta, con vesti drappeggiate che ricordano le scanalature delle colonne. Le statue che oggi ammiriamo sull’edificio sono delle copie; cinque delle originali sono conservate nel Museo dell’Acropoli, mentre la sesta si trova al British Museum di Londra. Altre cariatidi, risalenti sempre al V secolo a.C., si trovavano nel santuario di Apollo a Delfi.
Origine e significato: tra storia e mitologia
L’origine del nome e del significato delle cariatidi è oggetto di diverse interpretazioni:
La versione di Vitruvio: le donne di Caria
Marco Vitruvio Pollione, architetto e scrittore romano del I secolo a.C., nella sua opera “De Architectura“, spiega l’origine del nome “karyatis” (donna di Karyes), riferendosi alla città di Caria, nel Peloponneso. Secondo Vitruvio, i Greci, dopo aver vinto la guerra contro Caria, avrebbero reso schiave le donne della città, costringendole a portare pesanti fardelli. Gli architetti dell’epoca avrebbero quindi rappresentato le cariatidi negli edifici come simbolo di questa punizione.
Il mito di Eretteo e le sue figlie
Un’altra ipotesi collega le cariatidi alla mitologia dell’Attica. Secondo la leggenda, il re Eretteo, durante una guerra, sacrificò una delle sue figlie, Ctonia, per ottenere la vittoria. Le altre cinque sorelle, sopraffatte dal dolore, si suicidarono. Le cariatidi dell’Eretteo potrebbero quindi rappresentare le figlie del re in un atto di commemorazione.
Le danzatrici di Artemide a Karya
Un’altra interpretazione suggerisce che le cariatidi fossero fanciulle del villaggio di Karya, in Laconia, che danzavano in onore della dea Artemide. Si pensa anche che possano essere portatrici di libagioni in omaggio alla tomba del primo re di Atene.
Le cariatidi nell’arte romana e nel Rinascimento
Le cariatidi non sono un elemento esclusivo dell’architettura greca. Anche nell’arte romana sono presenti esempi, come le quattro conservate a Roma al Museo Vaticano. In epoca rinascimentale, sono state riprese e reinterpretate da molti artisti. A Parigi, nella sala delle Caryatides del Museo del Louvre, si possono ammirare quattro statue femminili realizzate da Jean Goujon nel 1550, ispirate a quelle di Atene.
Da elementi architettonici a simboli culturali
Nel linguaggio comune, l’espressione “essere vecchi come una cariatide” è usata per indicare una persona molto anziana. Un sinonimo di cariatide è “canefora“, che indica una fanciulla vergine dell’antica Atene che portava sul capo una cesta con oggetti sacri. Le cariatidi, quindi, non sono solo elementi architettonici, ma anche simboli culturali, che evocano storie e miti diversi a seconda del contesto.
Aspetto | Descrizione |
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Definizione | Scultura femminile usata come colonna o pilastro di sostegno. La versione maschile è chiamata telamone o atlante. |
Esempio più famoso | La loggetta dell’Eretteo sull’Acropoli di Atene (V secolo a.C.). |
Origine del nome (secondo Vitruvio) | Dalle donne di Caria, rese schiave dai Greci e costrette a portare pesi come punizione. |
Altre interpretazioni | Commemorazione delle figlie del re Eretteo; rappresentazione delle danzatrici di Artemide. |
Diffusione | Presenti nell’arte greca, romana e riprese ampiamente durante il Rinascimento. |
Fonte immagine: Wikipedia (Harrieta171 e Berthold Werner)
L’articolo è stato aggiornato in data 26 agosto 2025.