Chi è la dea bendata: storia e significati di Tyche

Dea bendata, chi è

Quando si è in procinto di cominciare un nuovo progetto, soprattutto per quanto riguarda la carriera, o esso viene inaugurato, si è soliti fare dei regali che possano essere di buon auspicio. Quale raffigurazione migliore della prosperità se non proprio la dea bendata, che per gli antichi greci era Tyche.

Chi era Tyche, la dea bendata greca?

La dea Tyche sarebbe stata figlia del Titano Oceano e della Titanide Teti, anche se alcuni affermavano che suo padre in realtà fosse il capo degli dei, Zeus. Secondo i racconti di Esopo era madre del Dio Pluto, divinità della ricchezza, che molto spesso viene ritratto da bambino proprio tra le braccia della dea bendata. Non vi sono molte storie o leggende sulla dea Tyche – praticamente ignorata da Omero – e ciò che si conosce su questa figura è riconducibile soprattutto all’etimologia del suo nome. Tykhê proviene dal verbo tynkhánô, che significa ‘trovare’, ‘trovarsi’, o ‘incontrare casualmente’, definizione quindi molto vicina a quella di fato e sorte casuale. Il culto di Tyche crebbe notevolmente durante l’epoca Ellenistica, tanto che ogni città aveva una propria versione della dea, che doveva proteggerle e portare abbondanza. Proprio per questo, sono molte le sculture che la ritraggono.

Simboli e rappresentazione della dea bendata

Le statue dedicate alla dea Tyche, come la celebre versione conservata ai Musei Vaticani, la raffigurano accompagnata da una serie di attributi dal forte valore simbolico. Questi elementi ne definiscono la natura imprevedibile e il suo ruolo di dispensatrice di buona e cattiva sorte:

  • La benda o la cecità: questo è il suo tratto più famoso. Simboleggia l’imparzialità e la totale casualità con cui la sorte distribuisce i suoi doni, senza guardare al merito, alla classe sociale o alla virtù delle persone.
  • La cornucopia: il “corno dell’abbondanza” è il simbolo della ricchezza e della prosperità inesauribile che la dea può elargire.
  • Il timone: rappresenta la sua capacità di guidare e pilotare la vita degli uomini e il destino delle città, cambiandone la rotta in modo improvviso.
  • La ruota della fortuna: un altro simbolo potente che indica la natura ciclica e instabile della sorte. La ruota gira in modo casuale, portando chi è in basso verso l’alto e viceversa, a rappresentare la sua transitorietà.
  • Le ali ai piedi: in alcune rappresentazioni, le ali sottolineano la sua rapidità e la sua natura fugace. La fortuna arriva e se ne va con la stessa velocità, rendendola impossibile da afferrare.

In alcune raffigurazioni più arcaiche, poteva apparire anche calva, a simboleggiare l’impossibilità di “afferrarla per i capelli” una volta passata.

Da Tyche a Fortuna: l’evoluzione nel mondo romano

Come è noto, la mitologia greca venne ripresa dai romani, che diedero un proprio corrispettivo a molte delle divinità originarie. Questo avvenne anche con la dea bendata, che a Roma venne venerata con il nome di Fortuna. Sebbene le figure siano sovrapponibili, vi sono delle sottili ma importanti differenze nella loro concezione.

Tyche (mitologia greca) Fortuna (mitologia romana)
Rappresenta la Sorte casuale e imprevedibile, con un carattere ambivalente, sia positivo che negativo. È una divinità prevalentemente benevola, associata alla prosperità, al successo e al buon auspicio.
È spesso associata a Nemesi (la giustizia divina), che interviene per punire chi ha troppa fortuna e ristabilire l’equilibrio. È una figura centrale nel culto pubblico, protettrice dello Stato e dell’imperatore (Fortuna Augusta), una forza da propiziarsi.

Il rapporto tra Tyche e Nemesi: sorte e giustizia divina

Tyche, in origine, non era una divinità esclusivamente benevola che graziava gli uomini. Divenne più in generale l’incarnazione della sorte, nelle sue accezioni positive ma anche in quelle negative, e ciò avvenne soprattutto durante l’epoca Ellenistica. Durante questo periodo era spesso associata ad un’altra figura mitologica, cioè Nemesi, la giustizia compensatrice o divina. L’intervento di Nemesi era previsto quando qualcuno riceveva eccessiva buona sorte, fatto che doveva essere compensato con un evento negativo. Secondo le leggi dell’equilibrio che regolano l’universo, infatti, il bene e il male devono necessariamente essere distribuiti in uguale quantità. Fu con i romani che la dea bendata venne riconosciuta principalmente come dea della Fortuna, nome appunto romano; il concetto di destino ineluttabile venne invece per lo più associato a una forza misteriosa e fuori da ogni logica, denominata Moira, o Moire se la si voleva intendere come insieme di forze divine.

Altre informazioni e curiosità sulla dea bendata

Come si chiama la dea bendata?

La dea bendata ha due nomi principali a seconda della cultura: nella mitologia greca è conosciuta come Tyche, mentre nella mitologia romana è chiamata Fortuna.

Perché la fortuna è bendata?

La benda sugli occhi (o la sua cecità) simboleggia la sua assoluta imparzialità. La fortuna distribuisce favori e sventure in modo completamente casuale, senza tenere conto del merito, della ricchezza o della condizione sociale delle persone.

Quali sono i simboli della fortuna?

I simboli più comuni associati alla dea della fortuna sono: la cornucopia (simbolo di abbondanza), il timone (la capacità di guidare il destino), la ruota (l’instabilità della sorte) e la benda (la casualità).

Che differenza c’è tra sorte (Tyche) e destino (Moire)?

Nella mitologia greca, Tyche rappresenta la sorte casuale e imprevedibile, gli eventi fortuiti che possono cambiare la vita in un istante. Le Moire, invece, rappresentano il destino ineluttabile e predeterminato, un fato a cui nemmeno gli dei potevano sottrarsi.

Fonte immagine di copertina: Wikipedia, Statua della dea Tyche al Museo archeologico nazionale di Istanbul

Articolo aggiornato il: 31/08/2025

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