Città più povera d’Italia: scopriamo dove si trova

Città più povera d'Italia

Il comune più povero d’Italia, in base ai dati diffusi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, è in provincia di Como. Si tratta di Cavargna, la città italiana con il reddito più basso. Nella località lombarda, nel 2020 sono stati dichiarati 6.525 euro dai suoi 100 contribuenti. Una cifra irrisoria, che però in realtà sembrerebbe avere un motivo preciso.
La maggior parte dei lavoratori di Cavargna esercitano il proprio lavoro o professione che sia, in Svizzera e dunque, dal punto di visa economico, le imposte ed i tributi sono versati alla Confederazione. Gli stipendi di queste persone non vengono conteggiati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e per questo Cavargna è annoverata come città più povera d’Italia. Subito dopo Cavargna, al secondo posto nella classifica stilata dal Ministero, è presente Como, sempre in Lombardia.
Per stabilire quale sia la località, città, regione o paese che si tratti, più povera d’Italia, esistono dei parametri dei quali tenere conto, soprattutto per effettuare un’analisi, in questo caso di tipo economico, che sia affidabile e basata su dati reali. Le stime sono calcolate in base al reddito IRPEF dichiarato, che ovviamente può subire delle leggere modifiche se si tiene conto dei redditi in nero, ossia dei cosiddetti evasori fiscali.

Per quanto concerne la città, o meglio il comune, più povero d’Italia, è da sottolineare un aspetto di notevole importanza: i frontalieri che lavorano in Svizzera, come detto inizialmente, dichiarano il proprio reddito nel paese dove lavorano. Cavargna è un paese piccolo (circa 214 abitanti) posizionato quasi al Confine di Stato, dal quale molti lavoratori e professionisti escono per andare a lavorare altrove.
Per questo Cavargna, il Lombardia, presenta un reddito molto basso; la maggior parte delle entrate sono depositate all’estero, principalmente in Svizzera. I redditi medi degli abitanti di Cavargna, dunque, non sono rilevati nella statistica del Ministero delle Finanze che fa riferimento ai redditi dichiarati esclusivamente in Italia.
Secondo gli studiosi di economia, studiando la situazione economica e patrimoniale attuale, presto purtroppo si arriverà ad una vera e propria situazione di diseguaglianza sociale. In realtà le differenze tra città ricche e città povere già è piuttosto evidente, ma l’accentramento dei capitali e della forza lavoro nei distretti e nei poli industriali “forti”, porterà ad uno smembramento del tessuto sociale di determinate località.
In questo caso Cavargna ha ottenuto la “maglia nera” dal punto di vista economico, essendo la città più povera d’Italia.

È auspicabile che a Cavargna la povertà non diventi un problema; si tratta di un comune fragile, che però veste un brutto primato, dovuto come accennato ai lavoratori che si recano in Svizzera; ovviamente ciò non significa che questo sia l’unico problema. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nell’ultimo report diffuso, nell’ambito delle città più povere di Italia, ha sottolineato l’importanza di vari parametri presi in esame. Tra questi, la debolezza di quelli che si possono definire servizi primari, ma anche politiche sociali inadatte, vincoli di stabilità economica e soprattutto un’endemica carenza di prospettive future.

Una molteplicità di criteri che permettono di comprendere vari aspetti. Ciò dimostra quanto l’economia italiana avanzi secondo una duplice velocità, con un perenne divario tra Nord e Sud, anche se in questo caso, Cavargna rappresenta l’eccezione che (non) conferma la regola.

E la più ricca?

Basiglio si conferma al primo posto come comune e città italiana più ricca con un reddito di €52.279. Il primato di questo comune si spiega grazie al progetto immobiliare chiamato “Milano 3”, sviluppato dall’azienda Edilnord di Silvio Berlusconi. Questa classifica del 2023 conferma ancora una volta la presenza di comuni per lo più della città lombarda, Milano.

Immagine in evidenza per l’articolo sulla Città più povera d’Italia:: Pixabay.

A proposito di Gerardina Di massa

Vedi tutti gli articoli di Gerardina Di massa

Commenta