Cofanetto Franks: rune anglosassoni e alfabeto latino

Cofanetto Franks: rune anglosassoni e alfabeto latino

Nel V secolo d.C., gli Anglosassoni istituirono un sistema alfabetico, detto fuþorc, costituito da ben 33 rune, creato su base del fuþark antico di 24 rune. Il fuþorc fu utilizzato dagli Anglosassoni e dai Frisoni per scrivere in antico inglese ed antico frisone. L’uso delle rune, strumento di scrittura pagano, in territorio anglosassone, sarebbe potuto entrare in conflitto con la cristianizzazione dell’isola, avviata nel 597, ma il clima di tolleranza con cui la fede cristiana fu diffusa e accolta, favorì la sopravvivenza e l’uso delle rune, accanto all’alfabeto latino, strumento di comunicazione dei cristiani. Un oggetto che testimonia l’armonica commistione tra il modo cristiano e il mondo germanico è il Cofanetto Franks.

Cos’è il Cofanetto Franks?

Il Cofanetto Franks prende il suo nome dal cognome dell’ultimo proprietario che lo donò al British Museum nel 1858, è noto anche come Cofanetto Auzon, dal luogo della Francia in cui fu ritrovato nel XIX secolo, anche se è un oggetto di chiara fattura anglosassone, perché il testo che decora le varie facciate del cofanetto è redatto in inglese antico, mediante l’alfabeto runico, fuþorc. L’oggetto è formato da una serie di pannelli, di cui uno è conservato presso il Museo del Bargello a Firenze – probabilmente perché col tempo il cofanetto è stato soggetto a rotture.

È un oggetto interessante proprio in chiave di sincretismo culturale: l’oggetto è di fattura anglosassone, in particolare, si ritiene provenga dall’area Northumbrica dell’isola, poiché il testo che decora le varie facciate del cofanetto è redatto in inglese antico, mediante l’alfabeto runico fuþorc. Ciononostante, alcune parti del Cofanetto Franks presentano lettere dell’alfabeto latino; inoltre, raccoglie storie legate sia al mondo germanico, sia a quello romano che a quello cristiano, esprimendo il dialogo armonico tra queste diverse culture.

Si tratta di un cofanetto in osso di balena, inscritto e istoriato, in cui le immagini non si limitano a illustrare il testo, né le iscrizioni sono pure e semplici didascalie alle immagini, ma entrambe si integrano in un disegno generale, volte a trasmettere un messaggio. Le immagini sono accompagnate da frasi o da sintagmi, che in alcuni casi rivelano immediatamente la loro funzione, in altri casi richiedono uno sforzo interpretativo da parte dell’osservatore. Secondo alcuni studiosi, il Cofanetto Franks sarebbe in sé e per sé una sorta di enigma da risolvere.

Struttura del Cofanetto Franks:

Il pannello anteriore del Cofanetto Franks fornisce informazioni di servizio, cioè si riferisce al materiale speciale di cui è fatto il cofanetto, cioè l’osso di balena. Il pannello anteriore ha due scene, divise l’una dall’altra da un pilastro: a sinistra, è rappresentato Weland, il mitico fabbro, protagonista del Carme di Völundr. A destra, invece, abbiamo, i Re Magi che recano doni a Gesù, indicati da una didascalia in caratteri runici. Quest’accostamento sulla stessa faccia di una leggenda germanica e di un episodio evangelico ha sempre lasciato perplessi proprio per il contrasto di temi che presenta. Il testo di questo pannello sembra non avere alcuna correlazione con le immagini rappresentate, in quanto si riferisce al materiale speciale con cui è stato fatto il cofanetto. Tuttavia, il testo è costruito su due versi allitterativi: nel primo c’è allitterazione di f, nel secondo di g; pensando alle rune, questi due oltre ad essere suoni, incarnano anche concetti: la runa f rimanda al concetto di ricchezza e benessere, mentre la runa g rimanda al concetto di dono. Dunque, emerge la relazione tra le immagini e la didascalia: Weland è il leggendario artefice di gioielli e tesori e i Re Magi sono il simbolo per antonomasia dei doni. Quindi, forse, non si è voluto creare un contrasto tra i due episodi, ma si è voluto proporre all’osservatore un’idea del dono e della ricchezza, facendo riferimento a due tradizioni culturali differenti, ma che nel regno anglosassone convivevano pacificamente.

Sul pannello sinistro del Cofanetto Franks sono rappresentati i gemelli romani nel bosco con due lupi e degli uomini armati. Ciò che è interessante è che probabilmente Romolo e Remo sono stati scelti per la loro storia, perché sono stati allontanati dalla loro patria, ma anche per il loro nome, che, insieme alla città di Roma, sono elementi lessicali comincianti per r. Infatti, il testo ricorre all’allitterazione di r e, non a caso, la runa r significa “viaggio”; quindi, in questo pannello si fa riferimento a un viaggio lontano dalla patria.

Il testo sui bordi del pannello destro del Cofanetto Franks è in relazione con le immagini, ma le rune vocaliche sono quasi tutte criptate, il che induce a ritenere che si tratti di un enigma che doveva essere decifrato solo dal diretto destinatario e non da un lettore qualsiasi. Il testo ricorre nella prima parte all’allitterazione su h, la cui runa ha il significato di grandine, un agente atmosferico che nella tradizione magica indica la sfortuna. In questo pannello del Cofanetto Franks ci sono tre figure incappucciate sulla destra, che potrebbero rievocare le valchirie, c’è un cavallo nei pressi di un tumulo funerario, una donna con un calice ed un mostro alato con testa di cavallo, seduto su un tumulo, che guarda un guerriero armato con lancia e scudo. Pur non conoscendo la vicenda alla quale fa riferimento, il tumulo è una chiara allusione alla morte e alla sventura e quest’idea della morte è anche espressa dalla figura del cavallo, considerato l’animale dell’oltretomba nella tradizione germanica.

Il pannello posteriore ci porta alla conquista di Gerusalemme da parte dell’imperatore Tito. L’incisione è scritta in caratteri latini, ma compaiono anche iscrizioni runiche. il nome di Tito allittera su se stesso, poiché ricorre due volte la runa t, che ha come significato Tyr, il dio della guerra e delle assemblee legali, significato che ben si accorda con l’episodio di un imperatore vittorioso che giudica e detta legge.

Interpretando ogni singolo pannello del Cofanetto Franks, si deduce che potesse essere un dono nunziale. Egill, rappresentato sul coperchio, pronto a scoccare la sua freccia, forse aveva lo scopo di tenere alla larga i malintenzionati e dal cofanetto, fatto di materiale portentoso, per un dono speciale, come se l’avessero portato i re Magi, di preziosi gioielli, degni di Weland.

Ma perché le rune furono ben accolte in un’area in cui vigeva il Cristianesimo?

Beda il Venerabile fu un monaco cristiano ed uno storico anglosassone, vissuto a cavallo tra il VII e VIII secolo. La stesura della celebre opera, intitolata Historia ecclesiastica gentis Anglorum, ha fatto sì che gli venisse attribuito il titolo di Padre della storia inglese. All’interno del suo capolavoro menziona le rune, confermando il loro utilizzo anche nelle lingue anglosassoni. Ritrovare il sostantivo rune (strumento di tradizione pagana) all’interno di un prodotto di matrice cristiana potrebbe sembrare al quanto strano, ma, in realtà non ci deve stupire: i monaci benedettini arrivano in Inghilterra intorno al 597 per svolgere la loro missione evangelizzatrice, su volontà di Papa Gregorio Magno, un papa molto illuminato, consapevole del fatto che una nuova fede religiosa sarebbe potuta essere accolta benevolmente dai pagani solo se posta con garbo e con rispetto. Papa Gregorio Magno aveva chiesto ai monaci missionari di non distruggere le consuetudini preesistenti, ma di cerare di piegarle e convertirle al culto del vero Dio. Il suo intento era quello di reinterpretare i riti del luogo in chiave cristiana; questo, poi, ha determinato anche un atteggiamento benevolo nei confronti delle rune.

Fonte immagine: Wikipedia

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