Cos’è una yurta? È una casa senza fondamenta, ma con radici profonde. Si tratta dell’abitazione tradizionale dei popoli nomadi come i kazaki, i kirghisi e i mongoli. Per questo motivo, è possibile vedere le yurte nel bel mezzo delle steppe dell’Asia Centrale, lontano dal frastuono delle città. È importante sottolineare che una yurta è più che una semplice tenda: ad oggi, questo tipo di abitazione rappresenta infatti anche un simbolo di resistenza alla modernità. È un punto di equilibrio tra uomo, natura e tradizioni millenarie.
Cos’è una yurta?
Ma cos’è nello specifico una yurta? È una tenda circolare smontabile, ideata e progettata per resistere ai venti impetuosi e agli sbalzi termici repentini delle steppe asiatiche. Questo tipo di abitazione esiste da millenni e ancora oggi molti popoli nomadi la usano per spostarsi da un luogo all’altro. Anche in alcuni contesti festivi e cerimoniali è ancora possibile vedere delle yurte, qualche volta anche in città, quando in nazioni come il Kazakistan o la Mongolia si celebrano gli usi e i costumi delle genti delle steppe, i custodi della cultura originaria di questi Paesi.
A differenza delle tende occidentali, una yurta non è un rifugio temporaneo, di quelli che si usano per andare in campeggio: no, si tratta di una casa vera e propria. Per di più, progettata per seguire il ciclo delle stagioni e trasportabile comodamente a dorso di un cammello o di un cavallo.
Com’è fatta una yurta?
La struttura di una yurta è molto semplice. C’è innanzitutto una base circolare fatta di graticci di legno pieghevoli (kerege) che fungono da pareti. Diametralmente opposto, un tetto conico sorretto da pali obliqui (uyk) che convergono verso un anello centrale (shanyrak o toono), simbolo del cielo e della famiglia. Tutto intorno, un rivestimento isolante fatto tradizionalmente con strati di feltro (kïiz), ricavato dalla lana di pecora e spesso sormontato da tessuti decorativi impermeabili. Infine, un’unica porta bassa, spesso orientata verso sud, che costringe chi entra ad abbassarsi, in segno di rispetto.
La yurta si monta in poche ore e può stare in piedi anche anni. Non ha angoli, né muri rigidi. La sua forma circolare la rende spaziosa, calda d’inverno (viene usato il fuoco per riscaldarla) e fresca d’estate, direttamente a contatto con il suolo.

Cosa c’è dentro una yurta?
L’interno di una yurta segue solitamente un ordine preciso. A destra dell’entrata si trova il lato maschile, occupato da armi, strumenti, selle, strumenti legati alla pastorizia. A sinistra, invece, il lato femminile: stoviglie, tessuti, oggetti domestici. Di fronte all’ingresso è spesso posizionato l’angolo d’onore, che prevede un piccolo altare con immagini religiose o oggetti preziosi. Al centro, il focolare (auzy), che è il cuore vivo della casa: da qui si cucina, ci si riscalda e uniti attorno ad esso, la sera si raccontano storie.
I tappeti (shyrdak o ala-kiyiz) decorano sia il pavimento che le pareti. Ogni motivo ha un significato specifico: ci sono spirali, animali, forme sinuose e simboli arcaici che rimandano ai concetti di fertilità, protezione, eternità, unione con la natura. Nella yurta non ci sono spazi inutili, sprecati: tutto è funzionale a qualcosa. E ogni gesto al suo interno è parte di una coreografia millenaria.

La yurta: un microcosmo fattosi casa
A ben vedere, la struttura della yurta richiama l’universo: la terra come base, il cielo che si vede attraverso l’apertura in alto, nel tetto conico, e i punti cardinali ai lati. La disposizione degli oggetti all’interno di una yurta, come già visto nel paragrafo precedente, è regolata dalle leggi dell’ospitalità, che per i nomadi della steppa sono sacre. Persino la direzione in cui si versa il tè o si offre il kumis (latte di giumenta fermentato) segue rituali precisi. Chi accoglie lo fa in silenzio ma con gesti antichi, e chi entra nella yurta accetta implicitamente di adattarsi a un ordine millenario.
In Kazakistan, oggi, la yurta è tornata al centro dell’immaginario comune come simbolo nazionale: compare infatti nelle celebrazioni, nei festival, persino negli emblemi ufficiali. L’impressione è che si voglia spingere nella direzione in cui la yurta possa fornire un legame identitario all’intera nazione: un simbolo di un popolo che ha imparato a vivere in movimento, a resistere senza possedere, ma senza neanche perdere il proprio centro.
Cos’è una yurta: curiosità
Nel 2021 l’UNESCO ha riconosciuto la costruzione della yurta come patrimonio culturale immateriale condiviso da Kazakistan, Kirghizistan, Mongolia e altri Paesi affini. Inoltre, ogni yurta rappresenta l’ingresso nella vita adulta e comunitaria nei rituali nuziali kazaki, quindi è uso comune celebrare parte della festività proprio nella dimora ancestrale dei popoli delle steppe.
Fonte immagine in evidenza: Wikipedia (Vilya Shoni)