Natura matrigna per Leopardi, spiegazione e analisi

Giacomo Leopardi

Natura matrigna per Leopardi: il poeta ottocentesco di Recanati aveva provato ad avvisare l’umanità dei propri limiti molti secoli fa?

Giacomo Leopardi, il noto poeta recanatese, morì il 14 giugno del 1837. Anche se due secoli separano i nostri giorni da quelli del poeta recanatese, il pensiero filosofico di Leopardi è molto più attuale di quello che sembri.

Nonostante l’immagine stereotipata degli studenti italiani sia quello del “poeta pessimista mai-una-gioia” e dell’autore di “A Silvia”, le riflessioni di Leopardi nascondono una realtà amara che solo oggigiorno abbiamo appreso appieno.

Il pessimismo leopardiano e la visione della natura: dall’idillio alla consapevolezza

Nelle prime fasi del suo pensiero, Leopardi concepiva la natura come una madre benevola, un rifugio idilliaco dalle sofferenze della vita. Tuttavia, con il maturare della sua riflessione filosofica, questa visione si trasformò radicalmente. La natura divenne una matrigna indifferente, se non addirittura ostile, al destino dell’uomo. Non più un’entità provvidenziale, ma una forza cieca e meccanicistica, regolata da leggi immutabili che non tengono conto del bene o del male dell’uomo. Questa concezione, che emerge in particolare nella fase del cosiddetto “pessimismo cosmico”, si contrappone alla visione antropocentrica dominante nell’Ottocento, un secolo di grandi progressi scientifici e tecnologici che avevano alimentato la fiducia in un inarrestabile miglioramento delle condizioni umane.

“La Ginestra”: la natura matrigna e la solidarietà umana

“Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.”

Questi sono i versi 52-56 della lirica La Ginestra (dell’edizione curata da Ugo Dotti e pubblicata da Feltrinelli Editore), scritta durante la permanenza nella villa a Torre Annunziata, situata sulle pendici del Vesuvio.

L’ambientazione vesuviana e il simbolismo del fiore

Composta nel 1836, La Ginestra è considerata uno dei vertici della poesia leopardiana e una sintesi del suo pensiero filosofico. La poesia trae spunto dall’osservazione di una pianta di ginestra, un fiore umile ma tenace, che cresce sulle pendici aride del Vesuvio, un luogo desolato e minaccioso, simbolo della potenza distruttiva della natura. La ginestra, con la sua capacità di resistere in un ambiente così ostile, diventa per Leopardi il simbolo della fragilità ma anche della dignità dell’uomo di fronte alla natura matrigna.

La critica all’antropocentrismo e al “secol superbo e sciocco”

La critica che Leopardi rivolge ai suoi contemporanei è quella di accettare una posizione antropocentrica dell’umanità nei confronti del mondo circostante. In seguito a molto scoperte scientifiche ed esplorazioni, l’Ottocento è passato alla storia come il secolo più antropocentrico degli altri: filosofi come Auguste Comte e la corrente dei Positivisti elogiavano la grandezza umana capace di superare diversi ostacoli, Charles Darwin pubblicava i suoi scritti sull’evoluzione della specie e Jules Verne celebrava le imprese tecnologiche con romanzi come Il Giro del Mondo in Ottanta Giorni. Nonostante questo elogio all’umanità abbia accompagnato tutto l’Ottocento, dai primi anni fino alla fine, il poeta recanatese si scontrò con tali idee dimostrando che l’uomo non ha alcun potere contro la Natura.

Le “Operette Morali”: la vanità dell’egocentrismo umano

La dimostrazione più grande del pensiero leopardiano che l’uomo non conti nulla di fronte alle forze della Natura è dimostrato nell’Operetta Morale intitolata “Dialogo di uno gnomo e di un folletto”, scritta nel 1824.

“Dialogo di uno gnomo e di un folletto”: la scomparsa dell’umanità e l’indifferenza della natura

Giacomo Leopardi immagina un dialogo tra due creature fantastiche in una terra desolata. Un giorno, uno gnomo esce dalle miniere per capire come mai non ci siano più minatori all’interno delle miniere. In seguito un folletto, incontrato per caso, spiega allo gnomo che l’umanità si era estinta a causa di diversi fattori tra cui guerre, omicidi, esplorazioni, trascorrere le giornate nell’ozio e “stillandosi il cervello sui libri”. Secondo lo stesso folletto, tutte le creature viventi credono che il mondo sia stato creato per il proprio tornaconto come il filosofo greco Crisippo che affermava che i maiali erano “pezzi di carne preparati apposta per gli uomini”. Nonostante la scomparsa dell’umanità, sembra che il resto della vita continui a vivere il proprio ciclo così come le stagioni o i pianeti.

“Dialogo della Natura e di un Islandese”: la natura indifferente al destino umano

Un’altra Operetta Morale in cui emerge il tema della natura matrigna è il “Dialogo della Natura e di un Islandese”, anch’esso composto nel 1824. In quest’opera, un Islandese, dopo aver viaggiato in tutto il mondo per sfuggire alla sofferenza, si imbatte in una personificazione della Natura, a cui rivolge le sue lamentele. La Natura risponde con totale indifferenza, spiegando che le sue leggi sono meccaniche e necessarie, e che il bene o il male degli uomini non rientrano nelle sue preoccupazioni. L’Islandese rappresenta l’umanità intera, che si illude di essere al centro dell’universo, mentre la Natura incarna la visione leopardiana di una forza cieca e indifferente al destino umano.

L’attualità di Leopardi: un monito contro la crisi climatica e l’arroganza umana

Oggi si sente parlare spesso di crisi climatica, di surriscaldamento globale, di inquinamento e di manifestazioni dedicate all’ambiente, ad esempio guidate dai ragazzi di Friday for Future. Nonostante reputiamo che tale argomento sia un tema di attualità del XXI secolo, in realtà già Giacomo Leopardi aveva avvertito l’umanità a non riporre troppa fiducia nelle proprie capacità e a ricordare che l’umanità non è nulla di fronte alla forza ribelle della Natura.

La solidarietà umana come risposta alla natura matrigna: il messaggio finale de “La Ginestra”

Nella parte conclusiva de La Ginestra, Leopardi delinea una possibile risposta alla condizione umana di fragilità e sofferenza di fronte alla natura matrigna: la solidarietà. Gli uomini, consapevoli della propria condizione, dovrebbero unirsi in una “social catena” per aiutarsi a vicenda e affrontare insieme le avversità, anziché combattere tra loro. Questo messaggio di fratellanza e di reciproco soccorso rappresenta l’unica speranza di riscatto per l’umanità, l’unico modo per rendere la vita degna di essere vissuta nonostante il dolore e la consapevolezza dei propri limiti.

Conclusione: Leopardi precursore dell’ecologismo?

Questo nuovo scorcio di lettura della poesia di Giacomo Leopardi potrebbe servire come spunto di riflessione sulle vere capacità umane ma anche dimostrare quanto la scienza e la letteratura siano vicine. La visione di Leopardi, con la sua critica all’antropocentrismo e la sua consapevolezza dei limiti umani di fronte alla natura, può essere considerata in un certo senso precorritrice di una sensibilità ecologista. Il suo messaggio, oggi più che mai attuale, ci invita a riconsiderare il nostro rapporto con il mondo naturale e a coltivare un atteggiamento di umiltà, rispetto e solidarietà.

Fonte foto sull’articolo su Leopardi e la natura matrigna: Wikipedia

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A proposito di Salvatore Iaconis

Laureato in Filologia moderna presso l'Università Federico II di Napoli il 23 febbraio 2024 e iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 25 gennaio 2021. Sono cresciuto con i programmi educativi di Piero e Alberto Angela, i quali mi hanno trasmesso l'amore per il sapere, e tra le mie passioni ci sono la letteratura, la storia, il cinema, la filosofia e il teatro assieme alle altre espressioni artistiche.

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