Filemone e Bauci. L’amore eterno nella poetica ovidiana

Filemone e Bauci

Filemone e Bauci è uno dei brani più famosi presenti nell’ottavo libro delle Metamorfosi di Ovidio. Una narrazione piena, che comprende la ricezione di una serie di motivi tradizionali. Tra questi, la theoxenia, una antica usanza risalente all’età dell’oro.

A partire dalla poesia ellenistica, il tema subisce una specializzazione: l’ospitalità alla quale il personaggio fa menzione, in riferimento alla povertà,  si trasforma in generosità. In Ovidio la storia dei due vecchietti, innamorati fino all’ultimo dei loro giorni, è ricca di gesti squisiti e delicati. L’esistenza di uno è scopo dell’altro, e senza una o l’altra, nulla avrebbe più senso.

Filemone e Bauci: breve sinossi

Un giorno Zeus ed Ermes scesero in terra vestiti da mendicanti per appurare quanto gli uomini fossero egoisti, in base a quanto veniva generalmente detto. Al calar del sole bussarono a tutte le porte, alla ricerca di ospitalità. Dopo vari tentativi una sola porta si aprì, quella della casa di Filemone e Bauci: due anziani molto poveri che li accolsero e li aiutarono. Zeus, commosso dal gesto, decise di mostrarsi a loro e di esaudire un loro desiderio. I due anziani chiesero di morire assieme. Zeus li nominò sacerdoti del tempio che aveva eretto sopra la loro casa e, alla loro morte, si trasformarono rispettivamente in quercia e in tiglio.

Un’unica essenza in una narrazione sinergica

Nella narrazione i ruoli dei due personaggi sono perfettamente uguali, posti sullo stesso livello, evidenziando un affetto reciproco che è allo stesso tempo fortemente armonico. Insieme portano avanti un concetto fondamentale, che poi si rivela essere il fulcro della storia e degli dèi in genere: rendere immortali coloro che si amano. Quello raccontato da Ovidio con il tramite di una favola edificante è un amore toccante, che implica anche tematiche morali e religiose.

«Mi chiamo Bauci e quello che vedete è Filemone, mio marito. Che volete, siamo assai vecchi e molto poveri. Ma non ci lamentiamo». È quanto si legge in uno dei passi della storia. Questo tratto della narrazione è intenso e struggente al tempo stesso: sottolinea un amore che riesce ad andare oltre tutto, con rispetto e condivisione, senza mai lasciarsi affliggere o scoraggiare. I due personaggi sono innamorati, seppur poveri di beni materiali, ricchi di sentimenti, e non si perdono mai d’animo, distribuendo felicità e buon senso. Conoscono stenti e sofferenze ma, nonostante questo, sono solidali verso gli altri senza cattiveria. Il vero motivo della loro bontà, nata grazie all’arte narrativa di Ovidio, è una metafora importante: chiunque, conoscendo cosa si prova in una condizione non favorevole dovrebbe fare in modo che nessun altro provi quella determinata sensazione, nonostante le tante crudeltà e avversità che si affrontano quotidianamente.

Bauci fu trasformata in tiglio, allegoria della felicità, mentre Filemone in quercia, simbolo della potenza e della fermezza maschile. L’una e l’altro sono perfettamente complementari, metafora del corretto vivere del tempo e rappresentazione di un amore che va oltre tutto, anche oltre la morte, per rinascere ancora.

Grazie alla leggenda di Filemone e Bauci, il poema ovidiano esprime l’essenza della corporeità, dell’identità che non resta mai immutabile e che diventa sempre qualcos’altro da sé, anche dopo la morte, grazie all’amore che crea una sorta di continuità infinita.  Il processo della metamorfosi in piante, è tipico del poema ovidiano, intesa come giustificazione filosofica nella dottrina pitagorica della metempsicosi secondo cui le anime, dopo la morte, si sarebbero tramutate in altri corpi destinati a vivere assieme per sempre

Un messaggio importante che ancora oggi affascina quanti si lasciano coinvolgere da una storia triste, ma al contempo ricca di amore, dove la povertà sembra perdere senso e valore, diventando ricchezza d’animo.

Gerardina di Massa

Immagine in evidenza: https://it.wikipedia.org/wiki/Filemone_e_Bauci

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