Frida Kahlo a Milano: sofferenza e arte al Museo delle Culture

Frida Kahlo a Milano

Arriva Frida Kahlo a Milano!

Quando Frida amava, lo faceva con tutto il suo corpo e le sue viscere da femmina terrestre, aveva l’anima posizionata tra la bocca dello stomaco e l’ombelico.

Quando Frida amava Diego, lo amava fino alla punta dei suoi capelli, trasfigurandolo tra la carta, le poesie e i suoi fluidi corporei. Frida amava con violenza e con delicatezza, incorporando tutti i contrasti del mondo nel suo grembo. Non si definiva una surrealista, lei era semplicemente Frida, era un corpo di femmina latina, era un grido di sofferenza e un pennello grondante di sangue rosso come un campo di papaveri.
E di lacrime.
Così ha plasmato i suoi quadri, come se fossero state creature viventi, e la sua parabola sarà protagonista indiscussa della mostra curata da Diego Sileo presso il Museo delle Culture di Milano, dal 1 febbraio al 3 giugno 2018. Narrare la storia di Frida equivale a tenere tra le mani materia viva e scottante, e si rischia di provocarsi bruciature ed ustioni: il Museo delle Culture ha deciso di regalare un ruolo di primo piano a quest’artista, per farla conoscere ancora meglio al pubblico, raramente indifferente alle pulsioni e alla vita di questa donna. Per gli osservatori delle sue tele è impossibile trattenere un tremore o un sussulto di fronte alla sua arte, perché tanti sono stati i temi affrontati, tutti convertiti secondo la sua personale visione della vita, drammatica e delicata al tempo stesso, come un fiore bruciante poggiato su una ferita.

Frida Kahlo a Milano il prossimo anno, tra arte, sofferenza e amore

Il MUDEC di Milano (Museo delle Culture) è uno spazio che fa dell’originalità il suo principio cardine e fondante, giacché nasce dall’utilizzo di fabbriche dismesse dell’ex zona industriale dell’Ansaldo. Ex fabbriche che diventano spazi di cultura, aggregazione e partecipazione, fornendo lo scenario per le espressioni più disparate. E nel 2018 sarà la volta di Frida Kahlo, grazie all’allestimento di una mostra che si configura come un percorso fatto di pennellate, luci e ombre di una donna, del suo Messico e della sua sofferenza.
La sofferenza è stata la cifra della vita di Frida, che ebbe due gravi incidenti nella sua vita, un tram e Diego. L’incidente che la colpì, la crocifisse ad un grande letto a baldacchino, come una farfalla dalla luce accecante ma dalle ali carbonizzate. Ma quel letto a baldacchino divenne il luogo dove imparò a fabbricarsi, dolorosamente, le ali che aveva perduto sotto le rotaie.
I genitori le regalarono colori, pennelli e tele, e Frida riprese a respirare man mano che il pennello solcava la ruvidità della tela: ogni pennellata sembrò ridefinire i contorni di quel corpo martoriato, sanare le ferite e rendere il sapore del sangue meno crudo, ogni schizzo di colore sembrò ridare forma a quell’anima sformata dall’urlo del dolore.
Frida dipingeva se stessa, perché era il soggetto che conosceva meglio.
Frida amava la vita, nel suo sentore di morte e nelle sue bufere, amava il sesso, amava l’amore, amava il cibo, amava l’idea di essere una femmina mediterranea capace di contenere nella sua pancia un amore talmente grande che avrebbe fatto franare il Messico intero.

Il secondo incidente della sua vita coinvolse Diego Rivera, il suo mecenate, il suo mentore e l’uomo che amò più di ogni altra cosa. Diego, quel pittore che faceva l’amore con le sue modelle nude dopo averle ritratte, e che osò andare addirittura con la sorella di Frida, spezzandole il cuore in modo irreparabile. Frida lo amava, nonostante i tradimenti, le continue mancanze di rispetto e i torti brutali, e fu il protagonista di molte sue tele.
Era addirittura più brava di lui e lo sapevano entrambi. Insieme formavano una coppia amorale, bizzarra e senza nessun senso logico apparente: sembravano un elefante e una farfalla.

La gravidanza interrotta graffiò duramente la sua vita, ed è entrata di prepotenza anche nella sua arte. Frida martoriata, col ventre sfilacciato e con la sua creatura, si impose agli occhi di tutti, colpendo lo spettatore con un miscuglio di violenza, pietà e dolore disumano. Ed è uno dei tasselli pregnanti del suo dolore, forse il più drammatico e complesso.

Natura, amore, sesso, Messico e folklore sono presenti nei quadri di Frida, e al MUDEC di Milano ci sarà occasione di  ammirare i contrasti di questa rivoluzionaria creatura, e di apprezzarne le innumerevoli fragilità e incrinature. Ma non è tutto: oltre ai quadri, ci saranno anche fotografie, disegni ed oli, e anche le sue lettere appassionate, tra cui quelle sofferte e cariche di violenza dedicate al suo Diego. Saranno presenti le sue declinazioni politiche, che non hanno mai smesso di influenzare la sua arte e il suo modo di esprimersi.

E soprattutto l’amore, sofferto, brutale, intriso di delusione, oppure vivo e gioioso, ma sempre protagonista come principio ordinatore dei fili dell’esistenza di questa creatura, e del suo universo pieno di colori accecanti e farfalle colorate. Non vediamo l’ora, quindi, di avere alcune briciole di Frida Kahlo a Milano.

A proposito di Monica Acito

Monica Acito nasce il 3 giugno del 1993 in provincia di Salerno e inizia a scrivere sin dalle elementari per sopravvivere ad un Cilento selvatico e contraddittorio. Si diploma al liceo classico “Parmenide” di Vallo della Lucania e inizia a pubblicare in varie antologie di racconti e a collaborare con giornali cartacei ed online. Si laurea in Lettere Moderne alla Federico II di Napoli e si iscrive alla magistrale in Filologia Moderna. Malata di letteratura in tutte le sue forme e ossessionata da Gabriel Garcia Marquez , ama vagabondare in giro per il mondo alla ricerca di quel racconto che non è ancora stato scritto.

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