Il cuore mangiato: un topos letterario durato secoli

Il cuore mangiato: un topos letterario durato secoli

Quando si scrive del topos del cuore mangiato ci si riferisce per lo più al “luogo comune” del cuore dell’amante ucciso dal marito e dato in pasto alla moglie adultera che ha attraversato la letteratura occidentale nel corso dei secoli.

Le prime tracce del cuore mangiato

Nonostante la formulazione e la fortuna di questo topos risalga alla letteratura medioevale, ne troviamo traccia anche nell’Antichità Classica con una delle versioni del mito della nascita di Dioniso: Era scoprì l’ennesimo tradimento di Zeus da cui nacque Zagreo e aizzò i titani contro il bambino che lo cucinarono e se lo divorarono. Solo il cuore ne restò che venne mangiato da Zeus prima di unirsi con Semele e da questo rapporto nacque Dionisio, reincarnazione di Zagreo. 

Nascita del topos letterario

Nonostante questo e altre tracce in alcuni testi e racconti precedenti, è nella letteratura medioevale francese che prende forma il topos del cuore mangiato, in particolare già nei frammenti che ci sono arrivati di Roman de Tristan di Thomas D’Inghilterra in cui si narra dell’amante ucciso dal marito e il cui cuore che è stato poi dato in pasto alla moglie.

Emblematici poi sono il Roman du Chatelain de Coucy et de la dame de Fayel di Jakemes e il Lai d’Ignauré, quest’ultimo risalente all’inizio del XIII secolo e accreditato ad un certo Renaus. Nel primo testo l’amante muore ferito in Terra santa e ordina al suo servo di consegnare il suo cuore alla sua amata dama di Fayel, il servo però è scoperto dal marito che ordina al cuoco di cucinare il cuore: sarà la cena della dama. Il secondo testo fa una parodia del topos poiché il protagonista Ignauré è amante di ben dodici donzelle e i mariti di codeste dopo aver ucciso l’uomo non preparano come pasto solo il cuore dell’amante ma anche il suo membro.

Il topos del cuore mangiato nella letteratura italiana

Il topos del cuore mangiato è presente anche nella letteratura italiana con Boccaccio e Dante Alighieri. Nella IX Novella della IV Giornata del Decameron si narra di Guglielmo Rossiglione che dà in pasto alla moglie il cuore del suo amante Guglielmo Guardastagno, nonché suo grande amico, e la donna, come spesso si legge quando viene utilizzato questo topos, si suicida gettandosi dalla finestra. Dante, invece, utilizza il topos del cuore mangiato in modo diverso: nel primo capitolo della Vita Nova il poeta racconta di aver avuto una visione in cui il dio dell’Amore aveva tra le braccia una Beatrice addormentata e nella sua mano il cuore di Dante; la figura dall’aspetto spaventoso poi la sveglia affinché lei se ne nutra.

Ciò che si evince dai testi citati è che nonostante prima del Medioevo si trovino tracce del topos del cuore mangiato come l’atto in sé di cibarsi del cuore e il tradimento, esempio riportato il mito di Dioniso, il topos si sviluppa nell’età di mezzo con gli stessi elementi ben posizionati nella struttura che viene riproposta da diversi autori con piccole differenze che posso riguardare lo scopo o la modalità ma lo schema è sempre lo stesso: tradimento della moglie, uccisione dell’amante da parte del marito che ne dà in pasto il cuore alla moglie adultera. Oltre che il Lai d’Ignauré che fa una parodia di questo schema, forse chi si discosta di più tra i testi citati è il poeta fiorentino che elimina l’elemento del tradimento e non rappresenta se stesso, che non è il marito ma semplicemente l’uomo innamorato, come un uomo geloso alla ricerca di vendetta, tanto che la scena di Beatrice che mangia il suo cuore non è raccontata neanche come avvenimento della realtà ma come una visione dello scrittore.

Per concludere, questi citati sono solo alcuni testi in cui si trova traccia del topos letterario del cuore mangiato, topos che è arrivato fino a noi e che ha lasciato il segno anche attraverso altre forme d’arte e portatore anche di un’immagine con significati diversi che è tutt’oggi utilizzata. Rappresentativo di ciò è il brano Vertigine di Levante, rilasciato nel 2020, in cui la cantante ha cercato di raccontare le strade sbagliate dell’adolescenza in cui il prezzo da pagare per la scoperta è la sofferenza e questo si ripete all’infinito ed è indicato con la metafora del cuore mangiato che lascia dietro il tema del tradimento. Levante canta:

Ed io rimango qui, io rimango qui che ho ancora il cuore in mano

prendetene e mangiatene tutti

sì, dai tutti, esageriamo

 

Fonte immagine: Pixabay

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