Il Trattato di Versailles, siglato nel 1919 a Parigi, è uno dei trattati di pace che posero fine alla Grande Guerra. Lo scontro si concluse a favore delle potenze dell’Intesa, coadiuvate dall’ingresso in guerra, nel 1917, degli Stati Uniti d’America contro gli Imperi Centrali, i quali si arresero progressivamente: l’ultimo impero ad arrendersi fu quello tedesco, con la Rivoluzione di Novembre che vide l’abdicazione del Kaiser Guglielmo II.
Ricordiamo che la Prima guerra mondiale è stato uno dei momenti più bui dell’umanità, fino a quel momento: i morti in guerra tra militari e civili furono, si stima, tra i 16 ed i 17 milioni, un numero impressionante; circa 20 milioni, invece, i feriti ed i mutilati di guerra. A questi, bisogna tenere anche conto dei deceduti per l’influenza spagnola, che sicuramente non nasce a causa dell’evento bellico, ma la guerra ha senz’altro influito nel diffondere il virus e nel contrastarlo. Le situazioni politiche, economiche e sociali dei paesi coinvolti erano disastrose e, per riorganizzare l’Europa, fu indetta una conferenza di pace che ebbe luogo a Parigi, nel 1919. Tra queste conferenze, rientrava il Trattato di Versailles, che avrebbe dovuto, una volta e per sempre, porre fine a tutte le guerre dettando delle condizioni di pace.
Come detto, le potenze dell’Intesa avevano sconfitto gli Imperi Centrali, ma le conseguenze della guerra furono terribili, da tutti i punti di vista e per entrambe le fazioni: l’Italia, ad esempio era uscita vincitrice dalla guerra ma le condizioni sociali ed economiche in cui versava erano quasi comparabili a quelle di una nazione che la guerra l’aveva persa. Bisognava, quindi, riordinare l’assetto europeo e riflettere sull’accaduto, in modo che non si ripetesse più.
Le premesse
Nel 1918, l’allora presidente americano Wilson fissò i suoi 14 punti, tra i più rilevanti ricordiamo: un disarmo generale; la libertà di navigazione nei mari e negli oceani europei; la creazione di un organismo che avesse il compito, sempre e comunque, di rispettare questi punti per preservare la pace, chiamata Società delle Nazioni; una pace senza vincitori né vinti, cioè senza rivalse vendicative. Questo perché doveva essere l’ultima guerra, o «la guerra che porrà fine a tutte le guerre».
In realtà, il governo inglese e quello francese non erano molto concordi su quest’ultimo punto: per loro la Germania era l’unica responsabile dello scoppio della guerra, doveva essere punita ed anche pesantemente, una pace punitiva. Storicamente, sappiamo che sia il governo inglese che quello francese ebbero un’importante fetta di responsabilità nello scoppio dell’evento, così come quello tedesco. La Conferenza di Pace durò dal gennaio del 1919 al gennaio del 1920, e comprendeva una serie di trattati che avevano l’obiettivo di preservare, appunto, la pace: il Trattato di Versailles fu uno di questi.
Il trattato
Il Trattato di Versailles fu firmato da 44 stati il 28 giugno 1919, a Versailles, in Francia, ed è suddiviso in 16 parti e composto da 440 articoli. Al momento della stipula, diversi cambiamenti da un punto di vista geopolitico e strettamente ricollegabili alla Grande Guerra erano già accaduti: col crollo dell’Impero Zarista, la Russia diventò una Repubblica Socialista; l’Impero Tedesco fu dissolto e la Germania diventò una Repubblica Democratica; l’Impero Austro-Ungarico si smembrò per dar vita a diverse repubbliche; anche l’Impero Ottomano iniziò man man a dissolversi. Con la stipula del trattato, altri cambiamenti furono apportati, soprattutto alla grande responsabile della Guerra, la Germania. Il focus di questo articolo riguarda l’applicazione dei diversi punti del trattato di Versailles alla nazione sconfitta, che comprendevano sanzioni economiche, geopolitiche e militari.
Sanzioni economiche
Innanzitutto, lo sforzo dei governi europei per sostenere la guerra contro gli Imperi Centrali fu enorme: per i rifornimenti bellici, Francia, Regno Unito ed Italia avevano contratto pesanti debiti con gli Stati Uniti. La prima punizione applicata alla Germania, presente nel Trattato di Versailles, fu una riparazione in termini economici: la neonata Repubblica di Weimar dovette pagare 132 miliardi di marchi oro, valutabili in 6.600.000.000 di sterline. I paesi neocostituenti della Società delle Nazioni furono molto intransigenti nei confronti della nazione sconfitta e, per necessità, non fecero sconti. La situazione economica della Germania, alla fine della Grande Guerra, era ovviamente pessima poiché dovette fronteggiare un’inflazione che non aveva precedenti nella storia: il marco, la moneta tedesca, agli inizi degli anni 20′ aveva un valore di circa un milione di milionesimo rispetto al suo valore originario. Questo perché, ovviamente, a causa delle sanzioni fu stampata tantissima cartamoneta; cosa che portò, come detto, ad una svalutazione senza precedenti.
Per capire meglio di cosa stiamo parlando possiamo fare degli esempi concreti: nel 1923, 1 litro di latte costava all’incirca 360 miliardi di marchi; 1 uovo costava 320 miliardi di marchi; il taglio più alto di una banconota durante l’iperinflazione tedesca fu di cento milioni di miliardi di marchi; il marco valeva meno della carta utilizzata per stampare le banconote. Gli storici sono concordi nel dire che, soprattutto le sanzioni economiche, furono del tutto eccessive e spropositate. Anche le industrie subirono pesanti danni: dato che la Germania non era più una Nazione guerriera ed avrebbe dovuto rispettare i trattati di pace, armi, attrezzature per gli eserciti, veicoli militari e così via non furono più richiesti. Come conseguenza, l’industria metallurgica avrebbe dovuto occuparsi di altro, non di produzione di armamenti bellici. Dopo il 1923, la situazione cambiò grazie all’attuazione del Piano Dawes e del Piano Young che risollevarono l’economia tedesca.
Sanzioni geopolitiche
In seguito alla disfatta della Grande Guerra, la Repubblica di Weimar fu ampiamente ridotta in termini territoriali: molte zone, ad esempio, furono restituite alle nazioni che i tedeschi avevano invaso, durante la guerra o precedentemente. Sul versante occidentale, la Germania avrebbe dovuto restituire l’Alsazia e la Lorena alla Francia, due territori molto importanti per l’economia tedesca che erano stati conquistati nel 1870, nella Guerra Franco-Prussiana; la città di Eupen al Belgio, insieme ad altri comuni limitrofi; l’area dello Schleswig alla Danimarca; Danzica venne resa città libera; la Posnania e la Slesia alla Polonia. Oltre questo ridimensionamento geopolitico, la Germania perse anche il controllo su tutte le colonie africane che passarono ad inglesi e francesi.
Sanzioni militari
L’Impero Prussiano, già dal XIX secolo era uno stato guerriero, storicamente considerato bellico e sempre pronto a fare la guerra. Questa concezione non fece altro che rinforzarsi al termine della Prima guerra mondiale: la Germania era responsabile e aveva dichiarato guerra per prima, insieme all’Impero Austro-Ungarico, per cui, per evitare il crearsi di situazioni simili, tramite il Trattato di Versailles doveva essere tenuta a bada e controllata. Le punizioni militari inflitte alla Germania furono pesanti ed allo stesso tempo umilianti: da un lato si procedette a ridimensionare l’esercito tedesco, che non avrebbe dovuto superare le 100.000 unità; dall’altro la zona del Reno, una fascia di terra al confine con la Francia, avrebbe dovuto essere presidiata da soldati interalleati, inglesi e francesi. Come detto precedentemente, la neonata Repubblica di Weimar faticò molto a ripagare i debiti all’Intesa e, dopo aver constatato la quasi impossibilità di far fronte alle riparazioni, nel 1923, l’esercito francese e quello belga, per ritorsione, occupano la Ruhr, un importantissimo distretto carbonifero per l’economia tedesca.
Il Trattato di Versailles, la fine della Prima guerra o l’inizio della Seconda?
Persino coloro che in Germania avevano un orientamento politico e moderato, quindi non estremista, consideravano che l’onore tedesco e l’onore della propria nazione fossero stati profondamente infangati ed offesi a Versailles. Questa serie di umiliazioni non fecero altro che creare, soprattutto nei giovani tedeschi, un desiderio di rivalsa e di riscatto contro le imposizioni dettate dalle potenze occidentali: si posero, in altri termini, le basi per la salita al potere del Nazismo, che vedeva proprio in inglesi, francesi e membri della Repubblica di Weimar i primi nemici politici. Questi ultimi, in particolare, non furono in grado di fare l’interesse della Germania, accettando queste sanzioni spropositate senza opporsi in alcun modo.
Come possiamo comprendere, la fine della Grande Guerra coincide con lo scoppio della Seconda. Hitler salì al potere con l’intento di espandere il Lebensraum, lo spazio vitale, e restituire quello che il Trattato di Versailles aveva sottratto al popolo tedesco: la maggior parte delle mosse che il Führer della Germania mise in atto, dal 1933, erano legate alla volontà nazista di sovrastare le potenze occidentali per potersi vendicare delle umiliazioni subite. Espandere lo spazio vitale, unificando sotto un unico stato tutti coloro che avevano sangue tedesco, fu proprio l’evento che portò i nazisti ad invadere la Polonia, con la conseguente dichiarazione di guerra da parte di Regno Unito e Francia, dando il via alla Seconda guerra mondiale.
Fonte immagine in evidenza: Wikimedia Commons, i firmatari del Trattato di Versailles