Una giovane donna che poggia sconsolata il capo su un vaso di basilico. Isabella e il vaso di basilico, un’affascinante opera che il pittore preraffaelita William Holman Hunt realizzò verso la fine degli anni ’60 del XIX secolo, sembrerebbe non avere assolutamente nulla di strano, eppure, una volta venuti a conoscenza della tragica storia di Isabella, non riuscirete più a guardarla con gli stessi occhi.
La storia di Isabella
Questo dipinto di Hunt fu ispirato da un’omonima poesia del famoso poeta inglese John Keats (1818), che presentava infatti lo stesso tema. Tuttavia, l’origine di questa storia è ben più antica e collegata a un’opera che noi tutti conosciamo (o dovremmo conoscere) molto bene: il Decameron (1353) di Boccaccio. Isabella, infatti, è la protagonista di una delle numerose novelle dell’antico testo medievale, più precisamente la quinta novella del quarto giorno.
Isabella (o Lisabetta) era una bellissima donna di Messina appartenente ad una famiglia di ricchi mercanti e, con il passare del tempo, s’innamorò di un giovane al servizio dei suoi tre fratelli, di nome Lorenzo. Tra i due sbocciò un’intensa storia d’amore; tuttavia, non essendo stati abbastanza cauti, vennero scoperti e così i fratelli di lei decisero di aspettare il momento propizio per uccidere Lorenzo e salvare così la reputazione di Isabella e della loro famiglia.
Camuffata la morte di Lorenzo come un lontano viaggio d’affari, cominciò per la povera Isabella un estenuante calvario tra l’ansia e la preoccupazione che potesse essere successo qualcosa all’amato, fino a quando l’anima dello sfortunato ragazzo non le venne in sogno. Egli le rivelò il luogo della sua sepoltura, pregandola di non aspettare più il suo ritorno. Distrutta dal dolore, ma determinata a scoprire la verità, Isabella riuscì a trovare il suo cadavere e a reciderne il capo, che portò a casa e pose in un grande vaso coprendolo con delle piante di basilico.
Isabella annaffiava il suo bel vaso ogni giorno, esclusivamente con acqua di rose, di fiori d’arancio o, semplicemente, le sue lacrime salate, e cominciò quindi a parlarci e scherzarci, a ridere e piangere dinanzi alla reliquia, proprio come tempo addietro aveva fatto con Lorenzo. Finché, ancora una volta, i suoi fratelli non le confiscarono il vaso insospettiti. A quel punto, la giovane, assolutamente affranta e senza più speranze, si ammalò, implorando e chiedendo del suo prezioso vaso fino all’ultimo dei suoi respiri.
Isabella e il vaso di basilico: analisi
L’interpretazione di Isabella da parte di Hunt risulta incredibilmente umana e cattura l’occhio anche se si è ignari della vicenda. La scena è intima: vediamo Isabella che, insonne, si alza dal letto e va ad abbracciare delicatamente, ma con fermezza, il vaso di basilico poggiato su un elaborato altare. I suoi capelli si intrecciano agli steli della pianta come a volersi riconnettere intimamente e ancora una volta con Lorenzo, la cui presenza e morte sono simboleggiate dai teschi che adornano il vaso.
L’attenzione per i particolari e l’uso dei colori — punti cardine di questa corrente pittorica — lasciano a bocca aperta: possiamo notare un grande realismo nelle vesti della giovane, leggiadre e semi-trasparenti mentre avvolgono la sua figura; nelle decorazioni, nei riflessi di luce sul vaso e nel tessuto su cui poggia, che sembra addirittura tangibile. Ancora, abbiamo il letto di Isabella sullo sfondo (visibile solo da uno squarcio, ma non per questo meno dettagliato) e, infine, i tratti del viso della donna, che assorta in un dolore silenzioso, ma incredibilmente genuino e concreto. Lei è lì, chiusa nel suo mondo e nei suoi pensieri, mentre cerca conforto in ciò che rimane del suo amore, mentre noi non possiamo far altro che osservarla impotenti.
A rendere ancora più struggente Isabella e il vaso di basilico c’è ancora un altro elemento: la fisionomia della giovane. Il suo volto, infatti, è un vero e proprio omaggio, quasi un addio del pittore a sua moglie, venuta a mancare nel 1866 a Firenze a causa di una febbre alta.

Altre versioni dell’episodio
Isabella e il vaso di basilico è stato fonte d’ispirazione per moltissimi artisti che si affacciavano al nuovo secolo (complice anche il poema di Keats). Esistono diverse opere preraffaelite che reinterpretano quest’episodio in tutta la sua tragicità e solennità. Ne sono chiari esempi quelli che seguono, avvolti quasi da un’aria mistica, oltre che malinconica. Specialmente nelle ultime due versioni, i sentimenti di Isabella si scontrano con i colori e l’apparente serenità della natura che la circonda, isolandola nel suo dolore ancora più che nella versione di Hunt, in cui invece è possibile trovare una certa corrispondenza tra la sua inquietudine e il disordine della sua stanza.
Inoltre, Isabella è la protagonista di un’altra opera, realizzata però prima di quella di Hunt e narrante un episodio diverso della storia (antecedente la morte di Lorenzo): Isabella di John Everett Millais (1848-49). In questo dipinto è possibile osservare un’infinità di elementi, tra cui, in primo piano, Lorenzo che porge un frutto all’amata, mentre i fratelli di lei osservano la scena con preoccupazione e possibilmente impazienza di attuare il proprio piano.

Fonte immagini: Wikimedia Commons