La cosmologia degli aztechi

La cosmologia degli aztechi

In questo articolo prenderemo in considerazione la cosmologia degli aztechi.

“Siamo solo un sogno emergiamo da un sogno: è tutto come un sogno”.
Questo frammento di canto azteco sintetizza perfettamente tutta l’essenza delle civiltà precolombiane, dall’Alaska alla Terra del Fuoco.
Gli abitanti di queste terre sapevano benissimo che la realtà che ci circonda è solo l’ombra del mondo reale.
Un mondo in cui i confini tra uomo e natura tra soggetto e oggetto sono assolutamente indefiniti.
I termini più comuni per descrivere l’universo precolombiano in particolare quello delle culture; Maya e Azteca sono stupore e meraviglia.
Trattasi di un mondo fatato creato da persone dotate di una fantasia senza briglie.
Tale mondo è un palcoscenico dove nel corso del tempo si sono susseguite a ondate splendide civiltà sbucate dal nulla e lì sparite assorbite sostituite da altre.
In tali civiltà troviamo piramidi e città che riportano messaggi galatticamente codificati e che possiedono arcane e inquietanti conoscenze mistico-scientifico.
Nella cosmogonia azteca il mondo ha conosciuto quattro ere, quattro soli prima di quello attuale.
Ogni periodo era controllato da una divinità che aveva il compito di reggere il sole.
Dopo qualche tempo questo dio veniva sconfitto da un altro e cadeva sulla terra diventando l’artefice della sua distruzione attraverso un uso deviato della sua forza.
In ogni era l’uomo era condizionato dal potere di un elemento primario cosicché subiva una trasformazione.
Si trattava di un processo alchemico che permetteva il passaggio dal mondo della materia a quello dello spirito.
Secondo gli aztechi si susseguono così il periodo Terra, il periodo Vento, il periodo Pioggia e il periodo Acqua.
Ogni era si chiude con un fallimento cosi che la materia ritorna inerme.
Nemmeno gli dei con i loro poteri erano capaci di creare un ordine universale stabile.
Pertanto l’universo degli aztechi era un universo fragile sempre minacciato dall’imminente distruzione.
In tale universo gli uomini rivestivano un ruolo insignificante poiché il loro unico dovere era quello di combattere e di morire per gli dei e per la conservazione del mondo.
Per tale ragione gli aztechi nella loro religione davano grande importanza ai sacrifici umani.

Gli aztechi rappresentavano il mondo come una croce di Malta: l’oriente regione della luce e della fertilità in alto: il nord regione delle tenebre e dell’aridità a destra; l’occidente regione delle nebbie e dell’origine dell’uomo in basso; il sud regione del sole di mezzogiorno a sinistra.
Lo spazio veniva così suddiviso in diverse aree e messo in relazione con il tempo.
Il giorno o l’anno assumevano quindi le caratteristiche assegnate a ogni punto cardinale.
Tutta la cosmologia azteca era dominata dall’immagine delle quattro direzioni a cui si deve aggiungere una quinta il centro: tale concetto si trovava in tutte le manifestazioni religiose del popolo azteco.
Il geroglifico più familiare era una figura che pur con infinite varianti era formata sempre da quattro punti unificati da un centro.
Molto famosa tra i geroglifici aztechi era la cosiddetta Pietra del Sole.
Tale pietra è composta da otto cerchi concentrici che formano delle corone circolari.
Nel cerchio esterno che circonda il tutto due serpenti si congiungono e rappresentano il giorno e la notte.
Per gli aztechi giorno e notte erano solamente due aspetti di una stessa realtà.
I due serpenti in questione sono divisi in 13 segmenti (tredici cieli) che sono l’immagine dell’universo che contiene il tutto.
Sono lo yin e lo yang , il giorno e la notte che ci avvolgono.
Inoltre essi sono anche la via Lattea che contiene il nostro sistema solare.
Per gli aztechi la via Lattea rappresentava la più grande forza di espansione rispetto all’uomo prima di arrivare alla Totalità assoluta.
Quando venne incisa la Pietra del Sole nella quale gli aztechi registrarono la storia delle precedenti creazioni la terra si trovava nel quinto esperimento cosmico, il periodo del Quinto Sole.
In questo periodo Quetzalcóatl il Serpente Piumato, uno delle poche divinità azteche non truculente rinasceva sotto spoglie umane.
Il Serpente Piumato si costruiva una imbarcazione fatta da serpenti e partiva verso il luogo in cui nasceva il sole.
Secondo la religione azteca prima di andarsene il Serpente Piumato avvertì gli uomini che sarebbe ritornato tra gli aztechi in una data che corrispondeva al 1519 d.C.
Il 1519 esattamente l’anno in cui Cortes giunse nelle terre degli aztechi con una croce come insegna.
La storia ci racconta come andò a finire.
Vogliamo mettere in evidenza che una delle cause della caduta dell’impero degli aztechi in mano agli spagnoli è che gli aztechi pensarono che Cortes era il Serpente Piumato ritornato sulla terra con gli aztechi stessi.

Anche per tale ragione gli aztechi non si opposero in maniera determinata all’avanzata di Cortes nel loro regno.
Infatti la caduta dell’Impero azteco in mano agli spagnoli molto inferiori numericamente all’esercito azteco ha suscitato molte domande tra gli storici.
In particolare molte domande tra gli storici ha suscitato l’atteggiamento contradditorio ed incomprensibile dell’imperatore Montezuma che non seppe opporsi con decisione ed efficacia alla conquista spagnola del suo impero.
Forse si può spiegare in parte l’atteggiamento incerto e debole assunto da Montezuma nei riguardi di Cortes e degli spagnoli se teniamo presente che anche Montezuma e i suoi sacerdoti erano convinti che Cortes non era altro che il dio Quelzacoatl ritornato tra il suo popolo.
Tale convinzione venne rafforzata dal fatto che il serpente Piumato doveva tornare tra gli aztechi provenendo dal mare.
Anche Cortes raggiunse l’impero degli aztechi giungendo dal mare.
Detto ciò riteniamo concluso il nostro discorso sulla cosmologia degli aztechi.

Prof. Giovanni Pellegrino

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